Pubblichiamo in parallelo con Climalteranti la traduzione di di Massimiliano Rupalti.
Risposta a William Nordhaus di Roger Cohen, William Happer e Richard Lindzen
Sulla
New York Review of Books
del 22 marzo 2012, William Nordhaus esprime un’opinione sul perché
“sbagliano” gli scettici del riscaldamento globale in generale, e i
sedici scienziati ed ingegneri che hanno scritto due editoriali sul
Wall Street Journal (
1) in particolare. Siamo tre di quei sedici scienziati e rispondiamo qui al Professor Nordhaus.
Il saggio del Professor Nordhaus contiene sei punti. Il primo punto rigira il fatto ovvio che non c’è stato nessun
riscaldamento statisticamente significativo per circa quindici anni, in
un’affermazione che
non abbiamo fatto, cioè che non c’è stato
riscaldamento durante gli ultimi due secoli. Il Professor Nordhaus
continua a confondere questo con il
problema dell’ attribuzione: per esempio, determinare di cosa ha causato il riscaldamento. L’attribuzione è una materia distinta. Mentre ci sarebbe molto da ridire sulle registrazioni delle
temperature, è generalmente accettato il fatto che ci sia stato un
aumento della temperatura media globale simile a quella mostrata nel
primo grafico del Professor Nordhaus.
Il periodo precedente di due o tre
secoli era molto più freddo ed è conosciuto come la Piccola Era
Glaciale. Una registrazione più lunga avrebbe ovviamente mostrato
periodi ancora precedenti come ugualmente caldi se non più caldi di
quello presente.
L’osservazione che gli ultimi anni comprendono alcuni degli anni più
caldi mai registrati non implica affatto un riscaldamento futuro, così
come i massimi registrati dalla borsa non implicano un mercato futuro in costante crescita. Il fatto che il riscaldamento sia molto
rallentato implica, per lo meno, l’esistenza di altri processi
attualmente in competizione con l’aumento costante di gas serra.
Il secondo punto riguarda la nostra osservazione sugli attuali
modelli climatici che sembrano esagerare il riscaldamento dovuto alla CO
2.
Questo ha a che fare con problema cruciale della sensibilità
climatica, l’aumento della temperatura causato da un raddoppio della CO
2. Il Professor Nordhaus presenta due grafici del rapporto del 2007 dell’IPCC (
2)
che pretende di mostrare che, senza le emissioni antropogeniche, i
modelli simulano con successo le temperature medie fino a circa il 1970
ma non riescono a farlo da lì in poi. Questa è la base della
dichiarazione dell’IPCC secondo la quale è probabile che la maggior
parte del riscaldamento degli scorsi 50 anni sia dovuto alle emissioni
umane. Una procedura simile esige che il modello includa correttamente
tutte le altre fonti di variabilità. Tuttavia, viene riconosciuto che il
fallimento dei modelli nel prevedere lo iato nel riscaldamento durante
gli scorsi 15 anni indica che tale condizione non sia stata soddisfatta.
(
3) Inoltre c’è il fatto imbarazzante che i modelli
non riproducono il riscaldamento dal 1910 al 1940, che è quasi identico a
quello dal 1970 al 2000, ma è avvenuto prima che le emissioni umane
divenissero tali da essere considerate importanti.
Per quanto riguarda la sensibilità del clima, va notato che l’IPCC si riferiva a tutte le emissioni umane e non alla sola CO
2.
La ragione è che senza l’effetto raffreddante degli aerosol che si
formano con certe emissioni, i modelli sovrastimano significativamente
il riscaldamento da gas serra. Tuttavia, ogni modello aveva bisogno di
un valore diverso per annullare l’effetto degli aerosol (
4).
La mancata coerenza significa che gli aerosol erano un mero fattore di
aggiustamento per portare i modelli ad accordarsi alle registrazioni
storiche, pur mantenendo un’elevata sensibilità del clima. Pertanto,
l’affermazione che i modelli non possono rendere conto del riscaldamento
dopo il 1970 senza includere le emissioni umane, è priva di significato
scientifico.
Il terzo punto è la nostra affermazione secondo la quale la CO
2 non è un inquinante, forse basata su una definizione comune, da dizionario, di inquinante. L’
Oxford English Dictionary definisce
“agente inquinante; esp. una sostanza nociva o tossica che inquina l’ambiente”. Secondo il Professor Nordhaus, “contestare che la CO
2
sia un inquinante è un accorgimento retorico”. Ritiene invece
definitiva la decisione della Corte Suprema, sottoscritta da 5 giudici
su 4. In effetti, la maggioranza della Corte Suprema non ha stabilito che
la CO2 è un inquinante, ha semplicemente preso atto che la definizione
del Clean Air Act è così ampia che la CO2 rientra in quello statuto,
senza considerare i fatti in materia.
Il consenso di un economista (Richard Tol) viene poi assunto a
conferma dell’esistenza di esternalità specifiche associate alla CO
2.
Noi consideriamo tale riferimento come il vero “accorgimento retorico”
perché oscura i problemi scientifici-chiave: come sapere se questa
componente critico della biosfera terrestre causerà un riscaldamento
globale significativo e distruttivo.
Con un altro svolazzo retorico, il quarto punto del Professor
Nordhaus ci fa dire, travisandoci, che “i climatologi scettici vivono in
un regime di terrore, temendo per la propria sopravvivenza
professionale e personale”. Questa
reductio ad absurdum è
inappropriata, ma osserviamo che individui come il climatologo James
Hansen, il militante ambientalista Robert Kennedy Jr e l’opinionista
Paul Krugman hanno trattato chi critica l’allarme sul clima da
“traditori del pianeta”. Abbiamo osservato il sistematico licenziamento
di direttori di riviste che pubblicavano articoli peer-reviewed che
mettono in discussione l’allarme sul clima, così come le paure legittime
dei docenti fuori ruolo, la cui promozione dipende dalle loro
pubblicazioni e da finanziamenti. Osserviamo qui che direttori, quale
Donald Kennedy della prestigiose rivista
Science, si sono dichiarati contrari a pubblicare articoli i cui risultati sono in opposizione al dogma sul clima (
5). Le e-mail del Climategate (
6) descrivono specificamente queste tattiche e numerosi esempi sono stati dati da Richard Lindzen (2012) (
7).
Se nella scienza è normale difendere i paradigmi esistenti, l’attuale
situazione è chiaramente patologica nell’imporre la conformità. Non
possiamo parlare della situazione in economia, ma l’idea che le voci
dissidenti e le nuove teorie siano incoraggiate nella scienza del clima è
decisamente sciocca, anche se il Professor Nordhaus ha ragione nel
vedere un tale incoraggiamento come cruciale per una scienza sana.
Sfortunatamente, l’attuale situazione delle scienze del clima è ben
lungi dall’essere sana. Il Professor Nordhaus ci contribuisce quando
soccombe alla falsa analogia con il tabacco e richiamando i leader
politici a “essere molto attenti ad impedire ai mercanti di dubbio di
inquinare [sic] il processo scientifico” non è atipico nella situazione
attuale.
Il quinto punto del Professor Nordhaus è che nulla dimostra
l’influenza del denaro. Noi semplicemente osserviamo che dai primi anni
Novanta i finanziamenti per la scienza del clima sono aumentati di 15
volte e che la maggior parte di questi finanziamenti scomparirebbero in
assenza di allarme. L’allarmismo climatico alimenta un’industria da
cento milioni di dollari, che va ben al di là della mera ricerca.
Gli economisti normalmente sono sensibili alla struttura degli
incentivi, così è curioso che gli enormi incentivi per promuovere
l’allarmismo climatico non siano presi in considerazione dal Professor
Nordhaus. Non ci sono incentivi lontanamente comparabili da parte della
posizione contraria, quella delle industrie che, egli dichiara,
sarebbero danneggiate dalle politiche che sostiene.
Nel suo sesto punto, il Professor Nordhaus dice che non abbiamo
riportato in modo appropriato i suoi risultati, laddove diciamo che “il
miglior rapporto costi-benefici si raggiunge con altri 50 anni di
sviluppo economico non intralciato da un controllo dei gas serra”. Egli
obbietta che non questo rapporto, ma i benefici netti sono il metro di
misura adeguato: “Nozioni di base di economia aziendale e di
costi-benefici insegnano che quel rapporto non è il criterio corretto
per scegliere investimenti e interventi.”
Eppure i calcoli del rapporto costi-benefici sono evidenziati nelle tabelle di riepilogo 5-3 del suo libro
A Question of Balance (
8).
Infatti, questo rapporto è spesso usato come guida nel mondo degli
investimenti veri. Una ragione è che può essere relativamente
insensibile alla scelta del tasso di sconto e quindi può dare una
visione più robusta, mentre i benefici netti possono essere estremamente
sensibili a questa scelta (torneremo su questo punto più avanti).
Sia il rapporto costi-benefici sia i benefici netti hanno la loro
utilità. Ma il metro di misura utilizzato è importante. La differenza
fra la politica ottimale della
carbon tax del Professor
Nordhaus e un rinvio di 50 anni è economicamente o climaticamente
insignificante date le grandi incertezze sulla [1] futura crescita
economica (comprese le riduzioni nell’intensità delle emissioni di
carbonio); [2] la scienza fisica (per esempio la sensibilità climatica);
[3] i futuri impatti ambientali positivi e negativi (per esempio, la
“funzione del danno” economico); [4] la valutazione dei costi e dei
benefici economici a lungo termine (per esempio il tasso di sconto) e
[5] il processo politico internazionale (per esempio l’impatto di una
minor partecipazione).
Il Professor Nordhaus calcola in 0,94 mila miliardi di dollari la
differenza fra i benefici netti delle due posizioni, cioè il 4% soltanto
del massimo di 22,55 mila miliardi calcolati per il presunto danno
ambientale. I risultati sono dati da tre o quattro cifre significative.
Tuttavia non disponiamo neppure di una singola cifra significativa per
sapere quale sia il motore di tutto questo: la sensibilità climatica.
Questa differenza relativamente piccola, in effetti sia positiva che
negativa, dipende in modo cruciale da fattori tipo quelli elencati
sopra, in particolare dal valore della sensibilità climatica. Il
Professor Nordhaus sceglie 3,0° C per il raddoppio della CO
2 (
9), un valore che l’evidenza empirica suggerisce essere molto esagerato (
10).
Per illustrare il punto, nel caso di una sensibilità climatica di 1° C –
un valore suggerito da una serie di studi empirici – il modello DICE
del Professor Nordhaus calcola che i benefici netti della politica
ottimale scendono da circa 3 mila miliardi i di dollari a un
costo netto di
circa mille miliardi e il rapporto costi-benefici precipita da2,4 a
0,5. La politica del rinvio di 50 anni è dunque ampiamente preferibile.
Ci viene richiesto di prendere sul serio la differenza calcolata fra le due posizioni nonostante il risultato (
11)
del Professor Nordhaus secondo cui, rispetto a un rinvio, le misure
ottimali in definitiva fanno “risparmiare” appena uno 0,1 ° C di
riscaldamento globale. Per mettere il dato in prospettiva, 0,1° C è
all’incirca il 10% del riscaldamento osservato dal1850 in poi, ed è una
tipica fluttuazione tra un anno e l’altro. Il modello DICE prevede che
questa sottile differenza avvenga da50 a 200 anni nel futuro, quando i
modelli climatici non sono nemmeno riusciti a fare previsioni a 20 anni.
Inoltre, come delineato nei nostri editoriali, è riconosciuto che i
forti impatti ambientali negativi assunti in funzione di un danno
economico nel modello DICE sono estremamente incerti. Esistono benefici
potenziali netti da un aumento della CO
2 atmosferica, in particolare per una bassa sensibilità climatica (per esempio nella produzione agricola e di legname) (
12).
Non siamo i primi ad osservare che la politica ottimale della carbon
tax del Professor Nordhaus è difficilmente distinguibile da quella del
rinvio. Per esempio, in un saggio intitolato “La carbon tax di Nordhaus:
una scusa per non fare niente?” (
13) e uscito poco il
libro del Professor Nordhaus, l’economista Clive Hamilton ha scritto che
“per alcuni dei contrari a ogni azione, il sostegno a una carbon tax è
diventata la tattica di moda”. Sostenitori come il Dr. Hamilton e Sir
Nicholas Stern favoriscono un tasso di sconto di gran lunga al di sotto
di qualsiasi valore usuale in un’economia di mercato, perché altrimenti –
secondo Hamilton – “gli interessi delle future generazioni scompaiono
dall’analisi”. Insieme agli scenari dei danni climatici molto
esagerati, è necessario per giustificare aggressivi interventi a breve
termine come quelli proposti da Gore e Stern (
14). Dal
momento che i benefici netti calcolati per un orizzonte di duecento anni
sono estremamente sensibili alla scelta del tasso di sconto, il
dibattito sul tasso di sconto è molto più che tecnico.
Così, se si considera la natura e la grandezza delle incertezze per
la sensibilità climatica, la funzione del danno economico e il tasso di
sconto, è difficile capire perché il Professor Nordhaus difenda una
differenza tra i vari interventi tutto sommato minuscola rispetto a
tali incertezze.
Il punto più importante qui è che le incertezze nella scienza fisica
ed economica vanno prese in giusta considerazione. Come suggerito sopra,
un’incertezza-chiave nell’analisi economica può essere trattata
esaminando l’impatto economico di valori realistici per la sensibilità
climatica. Abbiamo visto che una sensibilità climatica probabilmente
piccola trasforma i valori di politica economica da ottimali a
fortemente negativi. Madre Natura continua a dirci che la sensibilità
del clima si trova probabilmente al di sotto della forbice considerata
dal Professor Nordhaus (
15). Ciò non sorprende perché
la scelte dei suoi valori più probabili e i suoi “spread” statistici
sono stati fortemente influenzati da una serie di modelli climatici
accomunati da parecchi problemi, che hanno esagerato il riscaldamento
passato. Queste considerazioni rendono l’opzione del Professor Nordhaus,
di ritardare gli interventi di 50 anni, la scelta più saggia.
Roger W. Cohen
Membro dell’American Physical Society
Non riceve finanziamenti e dichiara di non avere conflitto di interessi.
William Happer
Professore di Fisica all’Università di Princeton
La sua ricerca è finanziata dallo United States Air Force Office of Scientific Research.
Dichiara di non avere conflitto di interessi.
Richard Lindzen
Professore di Scienza Atmosferica, MIT.
Le sue ricerche sono state finanziate dalla NSF (Nationl Science
Foundation), dalla NASA e dal DOE (Department of Energy).
Al momento non percepisce alcun finanziamento e dichiara di non avere conflitto di
interessi.
1. Claude Allègre et al., “
No Need to Panic About Global Warming”,The Wall Street
Journal, 27 gennaio 2012; Claude Allègre et al., “
Concerned Scientists Reply on
Global Warming”, The Wall Street Journal online, 21 febbraio 2012.
2.
Climate Change 2007: The Physical Science Basis: Contribution of the Working
Group I to the Fourth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on
Climate Change, a cura di S. Solomon
et al., Cambridge University Press, 2007,
p. 687.
3. D.M. Smith, S. Cusack, A.W. Colman, C.K. Folland, G.R. Harris, J.M. Murphy,
“
Improved Surface Temperature Prediction for the Coming Decade from a
Global Climate Model”,
Science, vol. 317 (2007); N.S. Keenlyside, M. Latif, J.
Jungclaus, L. Kornblueh, and E. Roeckner, “
Advancing Decadal-Scale Climate
Prediction in the North Atlantic Sector”,
Nature, vol. 453 (2008).
4. J.T. Kiehl, “
Twentieth-Century Climate Model Response and Climate
Sensitivity”,
Geophysical Research Letters, vol. 34 (2007).
5. D. Kennedy, “Science, Policy, and the Media,”
Bulletin of the American Academy
of Arts & Sciences, vol. 61 (2008).
6. I documenti completi sul Climategate si possono facilmente trovare sul web. Un
breve riassunto è disponibile http://www.climateaudit.info/pdf/mcintyreheartland_
2010.pdf.
7. R.S. Lindzen, “
Climate Science: Is It Currently Designed to Answer Questions?”
Euresis Journal (in stampa).
8. William D. Nordhaus,
A Question of Balance: Weighing the Options on Global
Warming Policies,YaleUniversity Press, 2008.
9. Nordhaus,
id., p. 45.
10. Prove di una bassa sensibilità climatica possono essere trovate
nella letteratura scientifica e online. Sono i risultati da una varietà
di approcci empirici, compresi (1) analisi di serie temporali delle
temperature; (2) esame delle risposte ad eventi climatici transitori
delle radiazioni in uscita dalla Terra; (3) studi calorimetrici del
sistema oceano-atmosfera; (4) meccanismi secolari di cambiamento
climatico dovuti alla circolazione oceanico e a influenze astronomiche; e
(5) trasferimenti di calore radiante e convettivo negli oceani e
nell’atmosfera.
11. Nordhaus,
A Question of Balance, Table 5–8.
12.
The Impact of Climate Change on the United States Economy, a cura di Robert
Mendelsohn e James Neumann,CambridgeUniversityPress, 1999; Robert
Mendelsohn,
The Greening of Global Warming, AEI Press, 1999.
13. Clive Hamilton, “
Nordhaus’ Carbon Tax: An Excuse to Do Nothing?”, 4 Maggio
2009.
14. Nordhaus,
A Question of Balance, p. 18.
15. Nordhaus,
id., p.127.
Replica di William Nordhaus:
Nel
leggere la lettera di Roger Cohen, William Harper e Richard Lindzen
(CHL), ho avuto la sensazione di trovarmi in una rissa da bar. Difendono
l’articolo dei sedici scienziati sul
Wall Street Journal sparando a vista una raffica di lamentele su chiunque si muova, inclusi il direttore di
Science Donald
Kennedy, climatologi ai quali sono state rubate le email, l’opinionista
Paul Krugman, il biologo Paul Ehrlich, l’attivista Robert Kennedy Jr.,
l’economista Nicholas Stern e persino l’ex vice presidente Al Gore.
Una volta diradati i fumi però, guardi da dietro il tavolo e quello
che vedi può essere riassunto in un singolo punto centrale. Sostengono
che il riscaldamento globale è pieno di incertezze, ma i suoi pericoli
sono stati sistematicamente esagerati dai climatologi. In questa
replica, esaminerò gli elementi chiave. All’inizio CHL sono d’accordo sul fatto che da un secolo le
temperature globali sono davvero aumentate. Ecco superato almeno uno
degli ostacoli posti dagli scettici del
cambiamento climatico.
Nel loro articolo originale, affermavano che le temperature sono diminuite durante
l’ultimo decennio. A mia volta ho spiegato che, siccome gli andamenti
annuali nelle temperature sono molto volatili, i declini decennali
contengono poca informazione. Ecco un modo utile per capirlo: abbiamo
una lettura della temperatura media globale dal 1880 al 2011 (mostrata
nella figura del mio articolo).
Calcoliamo il cambiamento decennale della temperatura per ognuno dei 122
anni a disposizione. Di questi, 41 mostrano un declino. In altre
parole, se prendessimo un anno a caso, c’è una possibilità su tre che
sia negativo. In serie così volatili, gli andamenti a breve non danno
informazioni sulle tendenze a lungo termine (
a). Ultimo
commento sulla loro discussione: sa di trito, di gente che ripete
vecchi argomenti che non riflettono la scienza attuale. Nel cercare
prove del cambiamento climatico causato dall’uomo, gli scienziati non si
sono limitati alla temperatura media globale. Hanno trovato svariati
indicatori del riscaldamento provocato dagli esseri umani, compreso lo
scioglimento dei ghiacciai e delle calotte di ghiaccio, il contenuto di
calore degli oceani, gli schemi seguiti dalle piogge, l’umidità
atmosferica, il prosciugamento dei fiumi, il raffreddamento della
stratosfera e l’estensione del ghiaccio marino dell’Artico. Coloro che
guardano solo alla tendenza della temperatura globale sono come
investigatori che usano solo le deposizioni dei testimoni oculari e
ignorano prove basate sulle impronte digitali e sul DNA.
Nella risposta di CHL, il secondo punto riguarda i modelli climatici.
Quelli valutati dall’IPCC, ho fatto notare, mostrano che nel secolo
scorso, le tendenze delle temperature durante l’ultimo secolo non si
spiegano con le sole forzanti naturali (tipo eruzioni vulcaniche) .
L’IPCC ha indicato che l’aumento a lungo termine delle temperature
globali durante l’ultimo secolo si spiega solo se l’influenza della CO
2 e di altri fattori umani è introdotta nei modelli.
CHL non contestano il fatto che le simulazioni dei modelli siano in
grado di catturare le tendenze della temperatura globale. Piuttosto,
ritengono che i modelli sovrastimino la sensibilità del clima alle
concentrazioni atmosferiche di CO
2 (
b).
Questo punto viene studiato intensamente da oltre trent’anni. Diversi
modelli climatici mostrano diverse sensibilità climatiche e le
differenze fra loro non sono state risolte. Il valore potrebbe essere
più piccolo o più grande di quanto accettato comunemente, ma CHL non
hanno alcuna tesi o dato per dimostrare che hanno ragione e gli altri
hanno torto. Ritornerò sul problema delle incertezze nell’ultimo punto (
c).
I successivi tre punti sono polemici e di scarso significato
scientifico. A sorpresa, l’affermazione dei sedici scienziati “la CO
2 non è un inquinante” è difesa con un riferimento a un comune dizionario, non a una fonte scientifica (
d).
Ma alla fine CHL concordano: il vero problema è se questa “componente
causerà un riscaldamento globale significativo e distruttivo”. Ciò
riporta semplicemente il dibattito al tema centrale.
Li ho anche criticati per aver detto che gli scettici del cambiamento
climatico sono sottoposti a un regime di terrore, come i genetisti
sovietici nell’era Lysenko; essi respingono la mia critica come uno
“svolazzo retorico”. Se non intendevano paragonare la situazione dei
genetisti sovietici a quella degli scettici del clima occidentali,
perché hanno citato quell’esempio? La mossa somiglia a quella del
candidato alle elezioni che sorride bonario e dice “non chiamerei mai il
mio oppositore comunista”.
Come quinto punto, CHL difendono il loro argomento secondo cui la
scienza del clima è corrotta dalla necessità di esagerare il
riscaldamento per ottenere fondi di ricerca. Elaborano questo argomento
affermando che “Non ci sono incentivi lontanamente comparabili da parte
della posizione contraria, quella delle industrie che, egli dichiara,
sarebbero danneggiate dalle politiche che sostiene”.
Il paragone è grottesco. Per mettere qualche fatto sul tappeto,
confronterò due casi: quello della mia università e quella del
precedente datore di lavoro del Dr. Cohen, Exxon Mobil. All’Università
di Yale dove lavoro, nell’ultimo decennio i fondi federali per le
ricerche sul clima sono stati in media di 1,4 milioni all’anno, lo 0,5%
degli introiti totali del 2011.
Per contro, nel 2011 le vendite di Exxon Mobil per la quale il Dr. Cohen
ha lavorato come direttore della pianificazione e dei programmi
strategici, sono state pari a 467 miliardi. Exxon Mobil produce e vende
principalmente combustibili fossili, che emettono grandi quantità di CO
2. Una tassa sostanziale sulle emissioni di CO
2 ne aumenterebbe il prezzo e ridurrebbe le vendite di prodotti quali petrolio, gas e carbone.
Da diverse inchieste, risulta che Exxon Mobil abbia perseguito il
proprio interesse economico operando per minare la scienza climatica
ufficiale. In un rapporto della Union of Concerned Scientists, si legge
che “fra il 1995 e il 2005, haincanalato circa 16 milioni di dollari a
una rete di organizzazioni ideologiche e promozionali per fabbricare
incertezza” in merito al riscaldamento globale (
e). Per minare di soppiatto la scienza, ExxonMobil ha speso più di quanto l’università di Yale ha ricevuto per stabilirla.
Alla fine della loro risposta, CHL tornano all’economia del
cambiamento climatico e agli interventi pubblici. Dicono due cose
importanti: la differenza fra l’agire ora e il non fare niente per 50
anni è “insignificante sia economicamente che climaticamente” e le
questioni politiche sono dominate da grandi incertezze.
La differenza fra agire ora e aspettare 50 anni è davvero
“economicamente insignificante”? Data la rilevanza della domanda, ho
ricalcolato la cifra usando i modelli più recenti. Riportata ai prezzi
del 2012, la perdita è di 3,5 mila miliardi di dollari, il foglio di
calcolo è disponibile sul web per chi volesse verificare di persona (
f).
Se gli scettici del clima pensano davvero che sia una cifra
insignificante, non dovrebbero obiettare a spese molto inferiori per
cominciare da ora a rallentare il cambiamento climatico.
Il punto più importante però è che l’economia e gli interventi del
cambiamento climatico hanno grandi incertezze. CHL ne hanno menzionate
cinque: crescita economica, scienza fisica, impatti del cambiamento
climatico, politica e tasso di sconto. Gli economisti hanno fatto grandi
sforzi per includerle nei loro modelli. Tuttavia, altre incertezze si
sono rivelate molto più resistenti ai nostri tentativi. La prima
riguarda le minacce al “patrimonio culturale e naturale” (per citare le
parole della World Heritage Convention dell’UNESCO), di cui i grandi
ghiacciai, la biodiversità marina e terrestre, siti archeologici, città e
insediamenti storici.
L’innalzamento del livello dei mari, per esempio, rappresenta una grave
minaccia per Londra e Venezia e per diversi ecosistemi delle pianure
costiere (
g). Ecologisti ed economisti non sono stati
in grado di trovare modi affidabili di includere queste minacce nei
modelli economici. Una seconda incertezza, più pericolosa ancora,
riguarda i “tipping points” (punti di non ritorno) nel sistema terrestre
su scala globale, come il collasso delle calotte di ghiaccio in
Groenlandia e in Antartide, il cambiamento della circolazione oceanica, i
processi per i quali il riscaldamento innesca altro riscaldamento e
l’acidificazione degli oceani (
h).
La tesi di CHL è che le incertezze si risolveranno probabilmente a
favore dell’inazione piuttosto di una forte azione politica per
rallentare il cambiamento climatico e, in ogni caso, spiegano, date le
dimensioni delle incertezze gli interventi politici non hanno molta
importanza.
Le incertezze hanno buone probabilità di risolversi a favore
dell’inazione? Se sapessimo la risposta, non saremmo incerti,
ovviamente. Ma i modelli economici hanno tentato di riflettere lo stato
della conoscenza scientifica e le incertezze, così come si riflettono
nelle valutazioni migliore e non pregiudiziali. Su un aspetto trattato
abbastanza a lungo e sul quale è possibile dare un giudizio – l’impatto
sul clima dell’aumento delle concentrazioni di CO
2 – la scoperta interessante è che dopo un’analisi approfondita fatta nel 1979 le valutazioni sono cambiate di poco.
Le conclusioni di CHL hanno però il grave problema di ignorare i
pericoli delle incertezze del cambiamento climatico. Per illustrarli,
immaginiamo di giocare alla roulette al Casinò del clima. Ogni volta che
la roulette si ferma, risolviamo una delle incertezze. La scommessa
migliore, al momento, è che il raddoppio della CO
2
aumenterà le temperature di3°C; se la pallina finisce sul nero sarà
di2°C; sul rosso di4°C. Allo stesso modo, una pallina in una casella
nera porterà a danni minimi da una certa quantità di riscaldamento e
nella casella rossa a un riscaldamento molto più alto del previsto. Al
prossimo giro, una pallina sul nero produrrà una bassa e rallentata
crescita di emissioni di CO2, sul rosso una loro crescita rapida. E così
via.
Al Casinò del clima però, la pallina può anche fermarsi sullo zero o sul
doppio zero. Se si ferma sullo zero, perdiamo quantità significative di
specie, ecosistemi e luoghi di interesse culturale come Venezia. Se si
ferma sul doppio zero, vinciamo uno spostamento anticipato del sistema
climatico terrestre, come una rapida disintegrazione della calotta
glaciale in Antartide occidentale.
CHL ritengono che in realtà la pallina si fermerà sempre nella casella
nera. Possiamo sperarlo, ma su cinque giri di ruota le probabilità di un
tale risultato sono soltanto una su 50 (
i). E quando
le diverse incertezze interagiscono, la non linearità del sistema fisico
aumenta la probabilità di esiti più costosi. Poniamo, per esempio, che
le incertezze climatiche siano maggiori e gli impatti fossero molto più
dannosi del previsto. I danni sarebbero sproporzionatamente più grandi
rispetto a quelli della “migliore delle ipotesi”.
CHL capovolgono il senso dell’incertezza. Una politica sensata
pagherebbe un premio per evitare di giocare alla roulette al Casinò del
clima. Vale a dire che nei modelli economici, i costi del non far nulla
per 50 anni sono sottostimati perché non possono includere tutte le
incertezze, né quelle note come la sensibilità climatica, né quelle
dello zero e del doppio zero come i punti di non ritorno e le incertezze
tuttora ignote.
Gli argomenti dei sedici scienziati nel
Wall Street Journal,
nella loro risposta qui e altri attacchi contro la scienza e l’economia
del clima sono a volte gravi e a volte insensati. Ci viene detto che
non possiamo agire perché gli scienziati non sono sicuri al 100% del
riscaldamento globale che avverrà. Ma un bravo scienziato non è mai
sicuro al 100% di un fenomeno empirico. Il famoso fisico Richard Feynman
aveva colto la portata dell’incertezza scientifica:
Qualche anno fa ho avuto una conversazione sui dischi volanti con
un non addetto ai lavori… “Non penso che esistano,” ho detto io. “È
impossibile che esistano dischi volanti? Può dimostrare che è
impossibile?” ha chiesto il mio antagonista.
“No”, gli ho detto, “non posso provare che sia impossibile. È solo
molto improbabile”. Al che ha risposto, “Lei è poco scientifico. Se non
può provare che è impossibile, come può dire che è improbabile?”? Ma è
proprio così il modo scientifico. È scientifico dire soltanto cos’è più
probabile e cosa lo è di meno e non provare sempre il possibile e
l’impossibile (
j).
Questa storia ci ricorda come procede la scienza. È
possibile che il mondo non si scalderà negli anni a venire. È
possibile che gli impatti saranno piccoli. È
possibile che sarà inventata una tecnologia miracolosa per estrarre CO
2
dall’atmosfera a basso prezzo. Viste le prove che già abbiamo però,
sarebbe sciocco scommettere su questi risultati solo perché sono
possibili.
In fin dei conti questa rissa da bar è solo un divertente diversivo.
Scienziati, economisti e politici hanno problemi seri da risolvere,
oltre a schivare le distrazioni. Dobbiamo continuare a migliorare le
conoscenze scientifiche, particolarmente degli impatti del cambiamento
climatico; dobbiamo intervenire per aumentare il prezzo di mercato del
carbonio e fornire così incentivi alle famiglie per modificare i consumi
e passare a una dieta a basso tenore di carbonio; dobbiamo anche
aumentare i prezzi del carbonio per segnalare a imprese come Exxon Mobil
che il loro futuro sta nella ricerca, nello sviluppo e nella produzione
di carburanti a basso tenore di carbonio e dobbiamo escogitare un
meccanismo che unisca le nazioni in uno sforzo globale e non limitato
all’Europa nord-occidentale. Tutti questi sforzi devono iniziare adesso,
non fra 50 anni.
Note
a) Più in generale, si può considerare come segue. Poniamo che, sulla base dei dati storici, la temperatura abbia la tendenza ad aumentare in media
di0,006°Call’anno ed una variabilità casuale (deviazione standard per un
normale errore) di0,133°Call’anno. Statistiche elementari mostrano che
questo processo ha declini decennali delle temperature nel 44% degli
anni.
b) Più precisamente, CHL sostengono che le stime correnti della sensibilità climatica agli aumenti di CO
2
e altri gas serra siano esagerate. Il termine tecnico è “equilibrio
della sensibilità climatica”, che è l’equilibrio o la media del
riscaldamento della superficie a lungo termine a seguito di un raddoppio
della concentrazione della CO
2 atmosferica.
c) CHL sostengono inoltre che i dati immessi nei modelli di
simulazione del clima passato sono aggiustati a posteriori per produrre i
risultati, cioè che sono scelte determinate forzanti radiative per
adattare i modelli ai dati storici delle temperature. “Forzanti
radiative” è un termine tecnico che denota l’impatto dei vari gas e
fattori che condizionano il clima nel bilancio energetico della Terra.
Le forzanti sono misurate in watt per metro quadrato nella bassa
atmosfera, ma io le chiamo semplicemente “unità di riscaldamento”. CHL
indicano correttamente le grandi incertezze su questo punto.
La principale riguarda la forzante dovuta agli “aerosol”,
fondamentalmente delle particelle provenienti da impianti per la
produzione di energia, agricoltura e deforestazione. (Mi baso
sull’autorevole discussione nel IV Rapporto di valutazione dell’IPCC,
Climate
Change 2007: The Physical Science Basis: Contribution of Working Group I
to the Fourth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on
Climate Change, a cura di S. Solomon
et al., Cambridge University Press, 2007.)
Per dare un senso delle grandezze, l’IPCC stima che dal 1750 al 2005 il cambiamento nella forzante della sola CO
2
sia di 1,7 unità di riscaldamento, mentre il totale che include tutti
gli altri fattori è di circa 1,6 unità. Tuttavia è molto incerto
l’impatto delle altre forzanti, in particolare degli aerosol. L’IPCC
stima che la forbice di incertezza per il riscaldamento totale sia di
0,6 – 2,4 unità di riscaldamento (p. 4). L’intervallo percentuale di
confidenza (5, 95) riflette l’esperto giudizio degli autori secondo cui
ci sono almeno 9 possibilità su 10 che il numero reale stia entro questa
forbice.
L’incertezza è nota da anni e gli scienziati lavorano per ridurla, ma
costruire modelli non è semplice come misurare una curva. Un recente
confronto tra i modelli mostra chiaramente l’importanza degli aerosol
nella simulazione di climi storici. L’insieme dei modelli con soltanto
gli aerosol ottiene una riduzione della temperatura media globale di
circa 0,5°Cdurante l’ultimo secolo. Le simulazioni che includono tutte
le forzanti tranne gli aerosol ottengono una previsione in eccesso
all’incirca della stessa quantità (vedi Olivier Boucher et al., “Climate
Response to Aerosol Forcings in CMIP5”,
CLIVAR Exchanges, n.
56, vol. 16/2, maggio 2011). La risposta definitiva all’incertezza non è
di cestinare i modelli climatici ma di migliorare le misurazioni, in
particolare degli effetti degli aerosol.
d) Per esempio, un buon punto di partenza per rifletterci è un ottimo
manuale sull’inquinamento dell’aria che cita le seguenti definizioni
dell’Environmental Protection Agency: “Inquinamento dell’aria: presenza
in aria di sostanze contaminanti o inquinanti che interferiscono con la
salute o con il benessere umana o producono altri pericolosi effetti
ambientali.” Daniel A. Vallero,
Fundamentals of Air Pollution, quarta edizione, Academic Press, 2008, p. 3.
e) “
Smoke, Mirrors, and Hot Air”.
f) Per chi volesse vedere il programma Excel con il quale sono stati
fatti questi calcoli e verificarli o provarne altri, è disponibile
qui.
Scaricate il programma Excel, andate sul foglio “50yeardelay” e seguite
le istruzioni. Potrete verificare la cifra citata nel testo e fare
altri calcoli.
g) In Augustin Colette et al.,
Case Studies on Climate Change and World Heritage, UNESCO World Heritage Centre, Parigi, 2007.
h) Una fonte importante è Timothy M. Lenton
et al., “Tipping Elements in the Earth’s Climate System”,
Nature, vol. 105, n. 6
,12 febbraio 2008.
i) Più esattamente (16/38) 5 = 0.0238. Inoltre, su cinque giri di
ruota, c’è un 24% di possibilità che accada un evento catastrofico di
tipo zero o doppio zero. Queste probabilità sono solo esempi per
mostrare come interagiscono le incertezze multiple.
j) Richard Feynman,
The Character of Physical Law, MIT Press, 1970.
Traduzione di Massimiliano Rupalti; revisione di Sylvie Coyaud.