domenica 12 dicembre 2010

Il vertice di Cancun: in una buona causa non ci sono mai sconfitte


Se il Mahatma Gandhi fosse ancora con noi, sono sicuro che sarebbe fra i primi a combattere per l'umanità contro il cambiamento climatico. Molta della sua opera, in effetti, si legge ancora oggi come un invito alla sobrietà e a rispettare sia gli esseri umani sia tutto quanto fa parte della natura. In questo caso, mi pare che le sue parole "In una buona causa non ci sono mai sconfitte" si applicano al vertice di Cancun, recentemente concluso. I risultati non sono stati eccezionali, ma comunque sono qualcosa e in una buona causa non bisogna mai arrendersi. Qui di seguito, una riflessione di Luca Mercalli sull'argomento.



Ma i grandi vertici non servono



LUCA MERCALLI

Alla fine Cancún ha portato a casa un accordo definito «equilibrato». Tutti concordi sul fatto che contro il riscaldamento globale si debba agire, che si debbano stanziare fondi per i Paesi in via di sviluppo per la diffusione di energie rinnovabili e per la salvaguardia delle foreste. Ma la domanda è: i tempi della diplomazia sono compatibili con quelli della termodinamica?

Il sistema climatico, soggetto a implacabili leggi fisiche, è del tutto indifferente alle nostre difficoltà politiche ed economiche, e i segnali che giungono dall’ambiente sono giustamente inquietanti. La banchisa polare artica si sta riducendo al di là dei modelli più pessimisti elaborati negli scorsi anni e si ritiene che il ghiaccio marino estivo sarà pressoché scomparso verso il 2030. La concentrazione di CO2 in atmosfera è oggi di 390 parti per milione.
Mentre il valore ritenuto sicuro per evitare cambiamenti climatici inediti per la specie umana è di 350 parti per milione.

In questo contesto, anche con accordi più severi, si rischia comunque un aumento termico dell’ordine di tre gradi entro fine secolo, il che non sarà una passeggiata per la civiltà. Quindi, che fare?

Cancún e Copenhagen mostrano che l’epoca delle grandi conferenze mediatizzate e onnicomprensive è al tramonto. Troppa attesa concentrata in negoziati ora febbrili, ora stancamente trascinati, spesso bloccati su questioni formali. Meglio dunque un flusso continuo di intese multilaterali che risolvano via via le varie questioni che sorgono tra singoli Paesi o blocchi economici. Ma il vero obiettivo è la diffusione di una consapevolezza globale che porti a una corale condivisione dal basso dell’urgenza di agire, della necessità di mettere al servizio di questa enorme sfida tutti i saperi, tutte le risorse e tutta la creatività in grado di spingere la politica internazionale a fare molto di più di quanto oggi si possa immaginare.

Tocca ribaltare l’attuale criterio di delega assoluta alla politica per la soluzione dei problemi mentre nel frattempo si aspetta inerti.
Almeno nel mondo industrializzato ognuno ha la possibilità di assumersi fin da subito le proprie responsabilità: consumi sobri, efficienza energetica, pannelli solari, trasporti morigerati, riduzione dei rifiuti. Sono scelte che non hanno bisogno di aspettare né Cancún né Durban. E i migliori cervelli del mondo è ora che riflettano sull’evoluzione del modello economico e demografico imperante: la crescita infinita dei consumi e della popolazione non è infatti compatibile con la finitezza delle risorse terrestri e la stabilità del clima.

Invece che di crescita, vogliamo cominciare a parlare dell’economia in «stato stazionario»?
Cercate Herman Daly su Google





sabato 11 dicembre 2010

I fratelli Koch non demordono, ma sono in difficoltà

I fratelli Koch, padroni delle Koch Industries, sono i principali finanziatori della campagna propagandistica destinata a negare il cambiamento climatico e il ruolo dell'uomo nello stesso. Come mostra questa figura, tuttavia, sono al momento sotto attacco e, come si sa bene, in una campagna di questo genere, quando sei costretto a difendersi sei già sconfitto.

Si è sparsa rapidamente in rete la notizia che le "Koch Industries" avevano annunciato che non avrebbero più finanziato la campagna propagandistica contro la scienza del clima. Sarebbe stato un evento epocale se una delle lobby principali del petrolio e dei combustibili fossili, il "kochtopus" avesse gettato la spugna.

Ma era una bufala, abbastanza ovviamente. I fratelli Koch, proprietari della "Koch Industries" non demordono e - se lo facessero - non lo annuncerebbero in pubblico.

Ma questo comunicato è abbastanza significativo. Vuol dire che i fratelli Koch sono stati identificati come una delle forze principali dietro la campagna anti-scienza in corso. Questo è molto male per loro.

Si dice che il trucco principale del demonio è di far credere che non esiste. Lo stesso vale per la propaganda: funziona finchè il pubblico non si accorge di essere imbrogliato. Al momento in cui si rendono noti i trucchi e i mandanti, la propaganda perde efficacia; si sgonfia, svanisce.

Sembrerebbe che siamo arrivati a questo stadio nello scontro sul cambiamento climatico. Dopo l'aggressiva campagna propagandistica cominciata con il "climategate" dell'anno scorso, il fronte dell'anti-scienza sembra perdere smalto, fiato e coerenza.

Dopo il climategate, non sembra che stiano riuscendo a tirar fuori qualcosa di altrettanto efficace, a parte qualche tentativo di astroturfing per screditare gli ambientalisti con un video disgustoso, ma che si è rivelato di scarso impatto. Non li aiuta di certo il fatto che il 2010 stia risultando l'anno più caldo della storia.

Insomma, potrebbe darsi che stiamo vedendo l'inizio della sconfitta delle lobby dell'anti-scienza. Attenzione, sono ancora potenti e velenosi - bisogna starci molto attenti. Ma è una battaglia che possiamo vincere.

venerdì 10 dicembre 2010

Arrivano i nostri: i militari americani per il clima terrestre

 
Da Cancun, arriva questo interessante rapporto di Antonio Ciancullo. Mentre i civili tergiversano, chiaccherano, si mettono reciprocamente i bastoni fra le ruote, i militari americani sembrano aver capito come stanno le cose sul clima terrestre e si stanno preparando ad agire. Arrivano i nostri?

 
Quando c'è un'emergenza, è noto che soltanto i militari possono prendere in mano delle situazioni che le strutture civili non sono in grado di gestire. E se non è un'emergenza quella sul clima terrestre, che cosa lo è?

C'è ovviamente da vedere quanto di concreto verrà fuori dalle dichiarazioni dei militari americani a Cancun, ma io personalmente le vedo come molto promettenti. Da quello che ne posso dire io, i militari non sono il massimo in termini di creatività ma quando c'è un problema grave da risolvere, ci si mettono sopra con grande impegno - alle volte con una mano un po' "pesante", ma con efficacia.
 
Del resto, era quello che succedeva nei film con John Wayne, arrivano i nostri!

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CONFERENZA ONU SUL CLIMA

L'esercito americano
dichiara guerra alle emissioni

Alla Conferenza sul clima i militari degli Stati Uniti scelgono un linguaggio diretto per proteggere gli interessi nazionali. E annunciano che la missione sarà combattere i cambiamenti climatici per garantire la sicurezza e il benessere dei cittadini dal nostro inviato ANTONIO CIANCIULLO

 
CANCUN - Il nemico è il cambiamento climatico. Parola dell'esercito americano. Mentre la trattativa procede per piccoli e progressivi aggiustamenti (le aperture della Cina agli impegni vincolanti, i passi avanti dell'India, la lotta del Brasile contro la deforestazione) e la diplomazia procede per allusioni, i militari del Stati Uniti hanno scelto un linguaggio più diretto e aperto per proteggere gli interessi nazionali.

In un incontro con la stampa, svolto in parte attraverso un video collegamento con Washington, lo stato maggiore dell'esercito e della marina hanno annunciato una "guerra" contro le emissioni serra come misura necessaria a garantire la sicurezza e il benessere dei cittadini americani. L'ammiraglio David Titley è stato molto chiaro: "Non c'è da discutere di modelli e previsioni. Per misurare l'impatto del cambiamento climatico basta osservare quello è successo nella zona artica negli ultimi 30 anni, e in particolare nell'ultimo decennio. Prima c'era una superficie ghiacciata che aveva piccole oscillazioni a seconda delle stagioni. Adesso c'è un pack che cambia radicalmente dimensioni durante l'estate. Lo stretto di Bering acquisterà l'importanza strategica dello stretto di Malacca".

L'ammiraglio non si preoccupa solo delle mappe che andranno ridisegnate per dar conto di rischi e di opportunità di navigazione e di controllo dei mari. In palio, nella grande partita per il controllo del caos climatico, c'è un altro tema fondamentale: il cibo: "Il mutamento dei monsoni e il moltiplicarsi di fenomeni come uragani, siccità e alluvioni rappresentano una minaccia concreta alla sicurezza degli Stati Uniti. Non basta. Nel mondo un miliardo di persone prende dal mare le proteine di cui ha bisogno. E l'acidificazione degli oceani rappresenta un fenomeno preoccupante: il mare assorbe il 40 per cento dell'anidride carbonica emessa e il suo PH cambia. Il rischio è che l'acidità arrivi a un livello tale da renderlo invivibile per molte specie".

Un giudizio condiviso da Amanda Dory, deputy assistant per la strategia del Segretariato alla Difesa e da Jeff Marqusee, direttore dello Strategic Environmental Research Programme. Gli Stati Uniti hanno, nel mondo, 507 strutture di difesa e 300 mila edifici: una buona parte è a rischio nella prospettiva, giudicata attendibile, di un aumento del livello dei mari di un metro entro la fine del secolo. 
 
(09 dicembre 2010)

giovedì 9 dicembre 2010

Smascherare l'imbroglione: Ben Santer demolisce Pat Michaels



Mi dispiace che questo video sia soltanto in inglese, ma se ce la fate a seguire il dialogo ne vale veramente la pena. E' stupendo. 

Comunque, se non masticate abbastanza bene l'inglese, vi riassumo qualcosa di un dibattito dove si vede la differenza fra un vero esperto e un pataccaro.

Abbiamo qui Pat Michaels (il pataccaro) che dibatte con Ben Santer (l'esperto). Veramente Michaels ci fa una figura di xxxxx incredibile. Si scava, come si suol dire, la fossa con le sue stesse mani. Evidentemente, credeva di poter imbrogliare come sempre, ma non si rende conto di quale avversario ha di fronte.

Così il povero Michaels comincia con un conticino alla buona in cui somma le forzanti positive e le forzanti negative del clima e dice che - secondo lui - il risultato è che il riscaldamento globale è stato solo di 0.3 gradi e non 0.7 come dice l'IPCC. Allora, se l'IPCC ha sbagliato su questo punto, ne consegue che il riscaldamento globale è tutto un imbroglio.

"Eh, no, bello mio," gli fa notare Ben Santer. "Se vuoi fare questo conticino, non puoi imbrogliare lasciando fuori uno dei fattori. Ti sei dimenticato dell'effetto degli aerosol - che è negativo (raffreddamento) e che se lo sommi al totale dei dati ti da il valore che l'IPCC ha scritto nel suo rapporto" (mi fa impazzire come questi immondi pataccari credano di poterti raccontare che gli scienziati non sanno fare nemmeno le somme e le sottrazioni)

Vale la pena di vedere la faccia di Pat Michaels a questo punto. Avete presente il bambino colto con il barattolo della marmellata in mano? Si intorta a cercare di dire "si, beh, mah, però c'è da tener conto dell'incertezza e allora l'effetto degli aerosol non è ben noto....."

A questo punto, Ben Santer gira il coltello nella piaga: "Che bravo che sei, Pat! Ma non hai capito niente degli aerosol. E, soprattutto, se pensi che l'incertezza sia così importante, com'è che tu fai vedere dei dati, nel tuo conto, dove non si vede nessuna barra di errore: incertezza zero?"

E continua così..... come dicevo, è bellissimo!

Ne tiriamo fuori un insegnamento: Pat Michaels passa come uno dei più ferrati fra i negazionisti (è del Cato Institute). Però, non deve far paura a nessuno: guardate la debolezza dei suoi argomenti: è stupefacente. Se ti fai bene i tuoi compiti a casa, questi pataccari da quattro soldi li puoi sempre demolire.

Vedetevelo commentato da Greenman a questo link:

http://climateprogress.org/2010/12/08/video-ben-santer-pat-michaels/

mercoledì 8 dicembre 2010

La finestra di Overton nel dibattito sul clima

Lo spettro di opinioni dei professionisti nel dibattito climatico secondo Michael Tobis nel blog "only in it for the gold". La "Finestra di Overton" è definita dal rettangolo che copre la frazione di opinioni che viene riferita sui media. (link)

La scienza della propaganda non è meno sviluppata di quanto non lo siano le cosiddette "scienze esatte". La capacità di manipolare la pubblica opinione per mezzo dei media sfrutta magistralmente le umane debolezze con una serie di tecniche sofisticate ed efficaci. Una di queste tecniche è la manipolazione della cosiddetta "finestra di Overton", di cui ho parlato in un post precedente (link).

La finestra di Overton copre tutto quello che si può esprimere pubblicamente sui media in un certo campo. Al di fuori della "finestra" ci sono opinioni estreme e impresentabili, dalla giustificazione della pedofilia alla promozione del sacrificio umano. Spostare la finestra di Overton è una tattica ben nota di manipolazione dell'opinione pubblica. Come esempio, ho citato il caso di quel politico che voleva bruciare i bambini zingari. E' un'opinione estrema che può essere vista come un'azione mirata aspostare la finestra delle opinioni sugli zingari verso una certa direzione. Il fatto che ci sia chi sostiene che bisogna bruciare gli zingari rende moderata l'opinione che è opportuno "soltanto" chiuderli nei campi di concentramento.

Nel caso del clima, la finestra definisce un altro tipo di opinioni estreme; per esempio sostenere che sta per arrivare una nuova era glaciale rende accettabile un'opinione di attendismo sul problema climatico. che è poi quello che le lobby dei combustibili fossili vogliono. Vista la situazione, ragionare sulla finestra di Overton ci apre nuove prospettive sulla gestione del dibattito.

Michael Tobis ha elaborato alcune considerazioni su questa faccenda e ci mostra l'andamento delle opinioni "professionali," sovrapposte alla finestra di Overton. Ci sono due aree separate, una è quella delle fondazioni di destra ("right wing think tanks") e l'altra quella dei climatologi. Le due aree non si sovrappongono quasi per niente e i media ("popular press") tendono a riportare con peso uguale le due opinioni in una finestra di Overton approssimativamente quadrata.

Il risultato è che il pubblico rimane perplesso: la maggior parte delle persone non riescono a percepire la differenza fra la scienza vera e la parodia della stessa come ci viene presentata dai negazionisti politicizzati.Questo è quello che vogliono le lobby che stanno cercando di evitare che si faccia qualcosa per evitare i cambiamenti climatici

Queste considerazioni sono un'introduzione al tipo di cose che dovremmo considerare nel dibattito sul clima per combattere ad armi pari con i nostri avversari.  Per esempio, dal diagramma di Tobis si evince, a mio parere, che non dobbiamo fare l'errore tipico dell'IPCC, quello di sorvolare sulle ipotesi più disastrose per paura di passare da catastrofisti. Così facendo, spostiamo la finestra di Overton verso la direzione sbagliata.

Noi non siamo specialisti di propaganda, loro si - però stiamo imparando anche noi.


Michael Tobis è un climatologo texano; se guardate la sua foto nel suo blog sembra che sia venuto fuori da un film con John Wayne. Però è uno dei climatologi che si pone più spesso la domanda sulle tecniche di diffusione dell'informazione, sul significato del dibattito e sui metodi usati contro la scienza dai negazionisti. Il titolo stesso del suo blog "Only in it for the gold" (ovvero: "ci sono dentro soltanto per l'oro") allude all'accusa fatta spesso ai climatologi di essersi inventati il cambiamento climatico come un complotto mondiale per ricevere lauti contratti di ricerca. Un blog da seguire.


Il Blog "Only in It for the Gold"
Post di Ugo Bardi sulla finestra di Overton

domenica 5 dicembre 2010

La finestra sull'era glaciale: come estremizzare il dibattito sul clima

In questo post sostengo che certe posizioni estreme come quella che vorrebbe la Terra prossima a una nuova era glaciale sono una parte importante del dibattito sul cambiamento climatico. Estremizzare il dibattito con questo tipo di affermazioni è parte del concetto detto "Finestra di Overton." che definisce quello che è lecito e quello che non è lecito sostenere pubblicamente. Spostare la finestra di Overton per i propri scopi politici è una tecnica mediatica che deve essere capita per non esserne sopraffatti.



Una delle figure retoriche più comuni è quella di contraddire l'avversario nel dibattito sostenendo enfaticamente l'opposto esatto della sua tesi. Per esempio, uno potrebbe dire, "Berlusconi è un folle criminale" e un altro rispondere, "Ma no, è un genio e un grande uomo di stato!" Questi due estremi definiscono - più o meno - la "finestra" entro la quale è lecito discutere pubblicamente a proposito di Berlusconi. Non sarebbe lecito sostenere (perlomeno per ora) che Berlusconi andrebbe appeso per i piedi in qualche pubblica piazza e neppure che gli andrebbero dedicati dei templi e dei sacrifici propiziatori.

Anche nel commercio, vediamo qualcosa di simile: una trattativa inizia con un'offerta e una contro-offerta. Queste due offerte definiscono la "finestra" delle possibilità di accordo. Vedremmo tutti malissimo un venditore o un compratore che si rimangiano l'offerta iniziale chiedendo di più o offrendo di meno.

Questo fenomeno è stato notato da Josif Overton (1960-2003), uno che lavorava in un "think tank" conservatore americano. Si parla oggi di "finestra di Overton" per definire quell'insieme di opinioni che possono essere sostenute nel dibattito pubblico sui media. Fuori dalla finestra, invece, ci sono le opinioni estreme e inaccettabili. Fin qui, è un concetto del tutto ovvio; ma l'idea innovativa di Overton è stata quella che si può sfruttare la finestra per manipolare l'opinione pubblica, spostandola in una certa direzione. In questo modo, si possono mettere al centro quelle idee che si vogliono propugnare e spostare all'estremo opposto - o fuori - le idee degli avversari.

Funziona così: un politico che vuole portare avanti delle idee che potrebbero essere giudicate troppo estreme dagli elettori può far lanciare da qualche collega delle idee ancora più estreme. In questo modo, si ottiene l'effetto di far sembrare moderate opinioni che, altrimenti, sarebbero considerate inaccettabili. E' esattamente l'idea di un commerciante che alza volutamente il prezzo di certi oggetti per fare apparire poco costosi altri oggetti.

Per esempio, pensate a quel tizio che ha dichiarato che voleva bruciare i bambini zingari. E' un'opinione estrema e inaccettabile (perlomeno per ora). Ma è efficace per gli scopi che si propone; ovvero di far sembrare un moderato chi, invece, gli zingari li vuole "soltanto" chiudere nei campi di concentramento.

Un altro esempio è la persecuzione degli Ebrei nel ventesimo secolo. Ha avuto una forte spinta nella diffusione di idee estreme e assurde come quelle che si trovano nei "Protocolli degli anziani di Sion," dove si racconta che gli ebrei fanno sacrifici umani e si dedicano al cannibalismo. E' un falso clamoroso, ma c'è chi ci crede ancora oggi.

A questo punto credo che siete arrivati a capire che senso ha parlare di "era glaciale in arrivo" nel contesto del dibattito sul riscaldamento globale. E' un'espressione estrema, assurda quanto si vuole, ma c'è chi è abbastanza confuso da crederci. Più che altro, però, serve a spostare la finestra di Overton. A furia di raccontare che sta arrivando l'era glaciale, può sembrare che quelli che si limitano ad avere dei dubbi sul fatto che la Terra si sta riscaldando siano addirittura dei moderati.

Chi usa queste tecniche non è detto che lo faccia consapevolmente. Non so cosa passa nella testa di quelli che vogliono bruciare i bambini zingari, ma è probabile che quelli che parlano della nuova era glaciale imminente ci credano veramente. Ma - consapevoli o no - giocano il loro ruolo nel processo. Lo spostamento della finestra di Overton sul clima è un processo graduale che sta avendo un certo successo e che rischia di spostare la scienza del clima verso un estremo della finestra, e forse anche al di fuori, mettendo invece al centro una posizione apparentemente moderata di attendismo. Alla fine dei conti, si ottiene lo scopo voluto da qualcuno, ovvero manipolare l'opinione pubblica per far si che non si faccia nulla per ridurre le emissioni di gas serra.

Potremmo pensare di restituire al mittente queste tattiche? Ovvero, potremmo usare lo spostamento della finestra di Overton per portare avanti la la scienza del clima? Forse, ma probabilmente è meglio di no. Dovremmo metterci a raccontare bugie e esagerazioni e non è questo che vogliamo fare, nemmeno se lo sapessimo fare (e gli scienziati sono particolarmente inadatti a farlo). Queste tecniche propagandistiche sono forme di magia nera e mettersi a fare l'apprendista stregone è sempre una cosa rischiosa.

Bsogna comunque difendersi da chi queste tattiche le usa. La prima linea di difesa, come sempre, è capire cosa abbiamo di fronte. Se uno non ci sta attento, con lo spostamento della finestra di Overton rischia di vedersi slittare il terreno sotto i piedi e trovarsi letteralmente "fuori dalla finestra;" considerato un estremista pericoloso. Passo dopo passo, si rischia di trovarsi in una situazione tale che parlare di azioni contro il cambiamento climatico antropogenico potrebbe diventare come parlare contro la deportazione degli ebrei in Germania nel 1943.

Quindi bisogna evitare di farsi trascinare piano piano verso posizioni sempre più morbide per paura di passare da "catastrofista." In altre parole, non bisogna fare l'errore che ha fatto è sta continuando a fare l'IPCC, ovvero ignorare o sottovalutare la possibilità di scenari veramente catastrofici, tipo l'esplosione degli idrati di metano.

Questo non vuol dire esagerare, vuol dire semplicemente dire le cose come stanno, che sono già abbastanza catastrofiche così. Non vuol dire nemmeno essere pessimisti, ovvero dire che ormai è troppo tardi - non lo è. La strategia vincente, come appare dagli ultimi studi in proposito, è di dire la verità sulla gravità dei problemi ma offrire anche delle soluzioni. Si può fare e lo dobbiamo fare. 


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Nota. La destra politica italiana sembra usare con molta maestria lo spostamento della finestra di Overton per spiazzare gradualmente la sinistra, tirandogli letteralmente il tappeto da sotto i piedi e muovendo il centro sempre di più verso destra. Non so se questa tattica sia usata scientemente oppure no. In ogni caso, funziona molto bene.





giovedì 2 dicembre 2010

350!



In concomitanza con la visita di James Hansen in Italia, credo che sia interessante dare qualche informazione sulla campagna che lui sta portando avanti per ridurre la concentrazione di CO2 nell'atmosfera sotto le 350 parti per milione. Giorgio Nebbia spiega molto bene come stanno le cose in questo breve articolo (da "La Gazzetta del Mezzogiorno del 17 Agosto 2010)


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“Trecentocinquanta”


Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

Gli eventi di quest’estate confermano l’esistenza di mutamenti climatici dovuti al riscaldamento planetario. Devastanti alluvioni nell’Europa centrale; più a Oriente, una eccezionale siccità ha provocato incendi di boschi e di giacimenti di torba in Russia; ancora più a Oriente, alluvioni nell’Asia meridionale e in Cina. Piogge intense, alluvioni e siccità si sono già verificati nei decenni e secoli passati, ma mai su una scala così vasta e con così grande frequenza, proprio come le previsioni avevano indicato.

Il fenomeno del riscaldamento globale si può schematizzare come dovuto all’aumento della concentrazione dell’anidride carbonica nell’atmosfera; di conseguenza aumenta la frazione del calore solare che resta “intrappolata” dentro l’atmosfera, ciò che fa aumentare la temperatura media della superficie terrestre nel suo complesso. Ne derivano cambiamenti nella circolazione delle acque oceaniche e nell’intensità e localizzazione delle piogge sui continenti.

Bastano relativamente piccole variazioni per far aumentare le piogge in alcune zone della Terra o per rendere aride altre zone. Pochi numeri aiutano a comprendere tali fenomeni; per tutto l’Ottocento e per la prima parte del Novecento l’atmosfera conteneva circa 2200 miliardi di tonnellate di anidride carbonica, corrispondenti ad una concentrazione di circa 280 ppm (parti in volume di anidride carbonica per milione di parti dei gas totali dell’atmosfera).

In quei decenni l’industrializzazione era già cominciata in Europa e nel Nord America con crescente combustione di carbone e di legna e con la diffusione di numerose fabbriche; queste attività immettevano nell’atmosfera anidride carbonica che però veniva assorbita, più o meno nella stessa quantità generata ogni anno dalle attività umane, da parte della vegetazione, soprattutto delle grandi foreste, e da parte degli oceani nelle cui acque l’anidride carbonica è ben solubile. Foreste e oceani, insomma, erano capaci di depurare l’atmosfera dai gas immessi dalle attività umane.

La svolta si è avuta a partire dalla metà del Novecento con due fenomeni concomitanti: è aumentata la quantità dell’anidride carbonica immessa ogni anno nell’atmosfera in seguito alla combustione di crescenti quantità di carbone, petrolio e gas naturale e alla crescente produzione di cemento, che pure libera anidride carbonica dalla scomposizione delle pietre calcari, e, nello stesso tempo, è diminuita la superficie e la massa delle foreste e del verde, tagliati e bruciati, anche con incendi intenzionali, per recuperare spazio per pascoli e coltivazioni intensive, per ricavarne legname da costruzione e da carta, per nuovi spazi da edificare.

Mentre è relativamente costante la capacità degli oceani di “togliere” anidride carbonica dall’atmosfera (circa cinque miliardi di tonnellate all’anno), è andata aumentando (da 20 a 40 miliardi di tonnellate all’anno, dal 1950 al 2010), la quantità di anidride carbonica immessa nell’atmosfera dai combustibili fossili e dalle attività “economiche” di una popolazione in aumento e da un crescente livello di consumi, ed è diminuita, da circa otto a cinque miliardi di tonnellate all’anno, la quantità dell’anidride carbonica che la biomassa vegetale è stata capace di portare via dall’atmosfera.

Questo insieme di fenomeni ha fatto aumentare, in mezzo secolo, la quantità dell’anidride carbonica presente nell’atmosfera (da circa 2400 a 3000 miliardi di tonnellate) e la sua concentrazione da circa 320 a 390 ppm. Le conferenze internazionali che si succedono ogni anno (la prossima sarà in dicembre a Cancun, nel Messico) danno per scontato che tale concentrazione possa arrivare a 450 ppm nei prossimi decenni e poi aumentare ancora: un aumento di concentrazione, e di temperatura globale, insostenibile.

Uno dei movimenti ambientalisti che si sta diffondendo dagli Stati Uniti (il paese più ricco ma anche più attento alla fragilità della propria opulenza) indica in 350 ppm il livello di anidride carbonica a cui si deve tendere per attenuare le conseguenze catastrofiche dei mutamenti climatici. Per raggiungere tale obiettivo la quantità di anidride carbonica totale nell’atmosfera dovrebbe diminuire da 3000 a 2600 miliardi di tonnellate. Un obiettivo che richiederebbero almeno un secolo, durante il quale (1) dovrebbe gradualmente diminuire il consumo di combustibili fossili e di energia; (2) dovrebbe rallentare la distruzione dei boschi esistenti fermando incendi e diminuendo l’estrazione di legname commerciale e le superfici coltivate e dei pascoli e allevamenti da carne e rallentando le attività minerarie che oggi si estendono in terre finora occupate dalle foreste; (3) dovrebbe aumentare la biomassa vegetale, piantando alberi e verde in qualsiasi ritaglio utile della superficie terrestre.

Conosco bene le obiezioni; si avrebbe un rallentamento dei consumi e quindi “della civiltà”. Ma anche se continua il riscaldamento globale si va incontro a un rallentamento dell’economia e “della civiltà”, lento, quasi inavvertibile fino a quando le conseguenze non assumono carattere catastrofico come quest’estate. I danni dei mutamenti climatici, infatti, comportano, anche se non ce ne accorgiamo, distruzione di ricchezza monetaria; ne sono colpiti paesi ricchi (pensiamo alla Russia e alla Germania oggi) e paesi poveri e poverissimi come, oggi, il Pakistan e certe zone della Cina. Pensiamo invece alla ricchezza monetaria che sarebbe messa in moto dalla diffusione di processi produttivi che consumano meno energia, meno materiali, che usano meno legname, dai prodotti ottenibili dalle nuove foreste, e ai vantaggi che ne verrebbero sia ai paesi ricchi, sia, ancora di più, a quelli poveri.

Probabilmente la ricchezza complessiva aumenterebbe perché tanti paesi sarebbero alluvionati di meno e meno esposti alla siccità, e aumenterebbe la vegetazione dei continenti; forse la ricchezza sarebbe distribuita diversamente fra i vari paesi. Siamo sicuri di perderci in questa prospettiva ?