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giovedì 22 settembre 2022

Votiamo? Boh, ma perché no?


Sono anni che non guardo un notiziario in TV. Quanto ai giornali, mi può occasionalmente capitare di dare una sbirciata alla prima pagina mentre prendo un caffé al bar. Credo che questo metodo di tenermi in contatto (o meglio, fuori dal contatto) con quelle cose che chiamiamo "notizie" abbia un buon effetto sulla mia salute mentale. 

Tuttavia, fra sbirciatine e qualche accenno sul Web, mi pare di capire che ci sono due cose di cui si discute animatamente sui media in questo periodo. Una è la morte di un'anziana signora in Inghilterra. Un'altra è il rumore prodotto da un gran numero di persone di aspetto non rassicurante che vorrebbero che noi mettessimo una crocetta su un particolare quadratino in una scheda, questa settimana. 

Per l'anziana signora inglese, le mie condoglianze. Il suo nome mi suona conosciuto, anche se non l'ho mai sentita esprimere pubblicamente qualcosa che trovassi anche minimamente interessante. Per la crocetta, beh, conosco il meccanismo di questa strana cosa che si chiama "elezioni." L'ho imparato qualche anno fa, quando ho partecipato a un dibattito sull'energia nucleare, a quel tempo una delle priorità del governo Berlusconi appena eletto. 

La cosa che ho imparato in quel dibattito non riguardava l'energia nucleare, ma la democrazia. Il rappresentante del governo che partecipava ha detto subito all'inizio che lui non era lì per dibattere niente. Era lì, ci ha detto, solo per spiegare ai cittadini italiani i vantaggi che avrebbero ottenuto dalle nuove centrali. Era scritto nel loro programma elettorale che le avrebbero costruite e quindi l'idea di costruirle non era in discussione. 

Non era assolutamente vero. Nel programma di Forza Italia c'era solo la vaga promessa di "partecipare a progetti di ricerca internazionali sull'energia nucleare". Uomo bianco con accento milanese parlava con lingua biforcuta. Ma anche se qualcuno glie lo avesse fatto notare, sicuramente avrebbe ribattuto che la frase nel programma andava "interpretata" o qualcosa del genere. 

Questo era prima di Fukushima. Quando è successo, mi è quasi dispiaciuto per lui, poveraccio. 

In ogni caso, sembra che il fatto di mettere una crocetta su una certa casellina su un foglio di carta vuol dire dare il potere a certi tizi dalla faccia per niente rassicurante di fare assolutamente quello che gli pare con in nostri soldi e con le nostre vite, con l'unica condizione che, anni dopo, i cittadini potrebbero decidere di mettere la crocetta su un'altra casellina. 

E allora? Beh, allora tutta la faccenda delle elezioni è un esercizio poco utile che poi ci porterà ad avere questi tizi in grado di fare tutto quello che gli pare solo perché potranno dire di essere stati eletti dal popolo. Una volta, l'imperatore era considerato un Dio vivente, non mi sembra che ci fosse gran differenza. 

Per cui, ho il massimo rispetto per quelli che hanno deciso di astenersi. Personalmente, tuttavia, siccome ci sono delle persone intelligenti e in gamba -- e che considero miei amici -- che si presentano nella lista di ISP (Italia Sovrana e Popolare), metterò la mia crocetta sulla loro casella. Se un amico ti chiede un piacere, è il minimo che puoi fare. Per loro, lo faccio volentieri, anche se non so se gli auguro veramente di essere eletti. Personalmente preferirei una tortura con dei tratti di corda. 

E quindi andiamo avanti. Da qualche parte prima o poi arriveremo. 

UB




 

giovedì 24 marzo 2016

Elezioni e democrazia sono sinonimi?

Articolo già pubblicato su "Crisis? What Crisis?"
di Jacopo Simonetta

Per consolidata abitudine mentale, consideriamo che la democrazia consista nell'esercizio del voto, ma sempre meno gente va a votare e praticamente più nessuno si sente rappresentato da chi viene eletto.   Men che meno gli eletti si fidano di coloro che rappresentano.    Evidentemente qualcosa è andato molto storto e vorrei affrontare il tema in una prospettiva storica, sia pure in versione telegrafica per restare nei limiti di un post.

Un po' di storia

Di solito, si cita la Repubblica di Atene come diretto antenato delle democrazie moderne.    Non credo che sia corretto.   Organi di governo risalgono infatti al nostro passato paleolitico e probabilmente anche a quello pre-umano.   Tutti i mammiferi sociali hanno gerarchie precise ed i capi-branco sono quelli che mangiano per primi, scelgono il posto dove dormire, si accoppiano con i partner migliori; in molti casi sono gli unici che si riproducono.    Sono quindi quelli che lasciano la maggiore discendenza, ma non sono quelli che vivono più a lungo perché più di tutti si espongono al pericolo ed alla fatica quando il bisogno stringe ed il nemico incalza.   In pratica, i capi sono quasi sempre figli di capi, ma il loro ruolo deve essere costantemente accettato dagli altri, altrimenti si cambia.   Si chiama "legittimità".

Nelle piccole bande di cacciatori-raccoglitori il capo è (o meglio era) un uomo giovane e robusto, ma anche stimato per la sua intelligenza e la sua capacità di parlare in pubblico.   Ed è qui che nasce la politica: il capo deve essere uno bravo in battaglia e nella caccia, ma anche saggio e capace di relazionarsi con gli altri.   Società più numerose e hanno richiesto strutture sociali più complesse ed elaborati sistemi di selezione delle gerarchie, ma con la stessa costante che troviamo nei lupi: la legittimità.   Il che significa che delle persone si riconoscono il dovere di ubbidire ad altri, mentre questi si riconoscono la responsabilità dei gregari.   I criteri per stabilire la legittimità possono cambiare molto, ma comunque se cessano di funzionare la società si disintegra.
Per tornare ala repubblica ateniese, gli ingredienti con cui confezionare la dirigenza erano sostanzialmente 4: ereditarietà, partecipazione, sorteggio e voto.    Coloro che avevano i diritti politici erano solo i discendenti diretti di cittadini ateniesi residenti in città, maschi adulti liberi, proprietari di immobili, in regola con le tasse e che avessero completato l’addestramento militare.   In pratica circa il 10% della popolazione.

Costoro si conoscevano almeno di vista e passavano parecchio tempo a discutere fra di loro e non solo dei giochi olimpici.   Dunque era gente che partecipava quotidianamente alla vita politica della città, con un controllo sociale incrociato molto stretto e soggetta ad una fiera e frequente selezione.  Erano infatti loro a costituire la prima linea di battaglia nelle guerre che decidevano di fare.  Come erano loro che pagavano per intero le tasse che decidevano di imporre.
Tutti insieme costituivano l’Ekklesia, vale a dire l’assemblea che aveva sostanzialmente la funzione di votare le leggi proposte da altri cittadini, eleggere i comandanti militari ed un centinaio di funzionari, votare le dichiarazioni di guerra ed i trattati internazionali.    In questo gioco, evidentemente, contavano moltissimo il prestigio personale e familiare, la ricchezza e la capacità oratoria.   Si formavano quindi dei “partiti” che non si riferivano a differenti ideologie, bensì alle famiglie principali.   Proprio per limitare questo fenomeno, quasi tutti i magistrati ed i funzionari (circa un migliaio) erano designati per sorteggio e turnati rapidamente.   Su questo elemento vorrei attirare l’attenzione perché  forse fu l’invenzione chiave del funzionamento delle repubbliche urbane della Grecia classica e di moltissime altre forme di governo nella storia europea.
Facciamo un salto di un migliaio di anni diamo un occhiata molto superficiale al funzionamento delle istituzioni feudali.    Non propriamente un esempio di democrazia, eppure vi troviamo gli stessi ingredienti visti ad Atene, sia pure confezionati in diverso modo.
Tanto per cominciare, il monarca veniva eletto dall'assemblea dei nobili e dei vescovi, la quale poteva anche, in casi estremi, revocare la designazione.    Di solito il nuovo re era uno dei figli del precedente monarca, ma non necessariamente e, comunque, neppure l’Imperatore poteva diventare tale se non veniva designato da un parlamento cui doveva poi rendere conto delle decisioni principali, specialmente in materia di tasse, politica estera e guerra.   In epoca merovingia i nobili laici erano nominati dal re, mentre i vescovi erano eletti dalle assemblee cittadine (tutti gli adulti: uomini e donne).   Vi furono anche parecchi vescovi figli di vescovi.   Successivamente e gradualmente, i feudi divennero prevalentemente ereditari, mentre la nomina dei vescovi passò al papato e/o a re ed imperatori.
Un aspetto importante è che la guerra era un affare esclusivo per coloro che decidevano in proposito, il che ne limitava efficacemente il numero.   Viceversa, sugli affari quotidiani della gente comune la chiave di volta del sistema era il “costume”.   Vale a dire la tradizione, così come ricordata dagli anziani e dai "prudent’uomini" che erano dei notabili, ma mai dei nobili.   Perlopiù contadini ed artigiani particolarmente stimati.   Qualunque questione rilevante si discuteva in un tribunale che in città era presieduto da un funzionario del re o del vescovo, mentre in campagna dal signorotto locale.   Ma la decisione era presa da una giuria di persone scelte per sorteggio.
Dunque un sistema in cui la politica è appannaggio esclusivo di una classe che perlopiù gode di un diritto ereditario e vi partecipa attivamente come già i cittadini ateniesi, ma percentualmente meno numerosa.   Viceversa, l’amministrazione quotidiana era largamente sotto controllo di una tradizione in costante evoluzione, ma vincolante anche per le autorità.

Non tutti gli stati medievali erano monarchie.    Vi furono anche diverse repubbliche, due delle quali, Andorra e S. Marino, esistono ancora.   Defunta, ma molto più importante fu la Repubblica di Venezia. Anche questa retta su di una complicata combinazione di partecipazione, ereditarietà, elezioni e sorteggio.   Aveva una sua logica e, infatti, funzionò bene molto a lungo.  L’ereditarietà aveva la funzione di fornire persone preparate e conosciute, non ricattabili in quanto non potevano essere private del loro privilegi.   La partecipazione di un numero consistente di persone garantiva la più ampia visione possibile dei problemi.   L’elezione consentiva di selezionare le persone più stimate per i differenti ruoli.   Il sorteggio serviva, come sempre, a spezzare gli incuici, le camarille e le “lobby” che, allora come oggi, costantemente insidiavano il buon funzionamento degli organismi statali.

Nascita della democrazia moderna

Con un altro salto giungiamo nel XVIII secolo.   La Serenissima esiste ancora, ma profittando dell’utopia illuminista del “dispotismo illuminato” gli stati principali sono diventati delle monarchie assolute.    Con la parziale eccezione dell’Inghilterra che più degli altri aveva conservato la tradizione medioevale.   Eppure proprio in Inghilterra scoppiò la prima e più importante rivoluzione della storia moderna: la Rivoluzione Americana.   Una pietra miliare non solo perché ne nacque lo stato più potente della storia (per ora), ma anche perché ne nacque l’identificazione fra democrazia ed elezioni che oggi diamo per scontata.    Dei quattro ingredienti base degli ordinamenti precedenti: partecipazione, ereditarietà, elezione e sorteggio, la costituzione americana ne conservò uno solo: l’elezione. Il sorteggio rimase, ma solo per le giurie dei tribunali e con un ruolo molto ridotto rispetto al passato.   Tutte le cariche pubbliche, a partire dallo sceriffo, furono assegnate per elezione, tranne quelle che divennero appannaggio del governo, a sua volta nominato mediante votazione.
Una scelta fatta sostanzialmente per due ragioni.   La prima furono le distanze enormi e le difficoltà di comunicazione.   Gli ordinamenti europei erano relativi a comunità in cui le persone si conoscevano almeno di vista e, comunque, potevano comunicare fra loro.   Una cosa che in America era molto difficile, al netto di alcune città principali.   La seconda fu che i padri fondatori non avevano nessuna fiducia nella capacità di autogoverno delle plebe raccogliticcia che stava popolando il continente.   Ancor meno quando gli ordinamenti attuali presero forma definitiva, mentre masse crescenti di avventurieri e disgraziati sbarcavano a migliaia e dilagavano sul continente.   Un sistema esclusivamente elettorale, si pensò, avrebbe necessariamente favorito le poche persone capaci di raggiungere una certa notorietà in ambiti sufficientemente vasti.   Quindi persone presumibilmente capaci e motivate, sostenute da famiglie importanti o da gruppi consistenti di cittadini.
Fu proprio in questo periodo che il Visconte Alexis de Tocqueville visitò gli Stati Uniti per studiare questo strano fenomeno politico.  Il suo rapporto (La democrazia in America) è del massimo interesse perché, già allora, l’acume del francese aveva individuato il pericolo che, disse, avrebbe potuto portare al disastro un sistema siffatto.   Tocqueville lo chiamò “la dittatura della maggioranza”.   In un sistema esclusivamente elettivo, disse, il rischio maggiore era rappresentato dal fatto che si potesse catalizzare un blocco di opinione pubblica abbastanza coeso ed esteso da marginalizzare qualunque opposizione.    In una tale situazione, le libertà civili sarebbero venute meno e il rischio di decisioni dissennate alto.   Un pericolo che avrebbe dovuto essere contrastato dalla libertà di stampa, ma il nostro era abbastanza smaliziato da aver capito che l'alfabetizzazione di massa e la diffusione dei giornali potevano anche essere usati per costruire una tale dittatura.   Molto di più egli contava quindi sul più antico dei quattro elementi base: la partecipazione.  Cioè, ai suoi tempi, sulla rete ufficiosa di comitati locali ed associazioni mediante cui i cittadini si auto-organizzavano per far fronte alle difficoltà.    Questo tessuto non istituzionale, sosteneva, aveva infatti il compito di mantenere viva la coscienza collettiva ed alta la guardia contro le derive autoritarie ad ogni livello.
Circa un secolo più tardi la repubblica americana servì da esempio per la democratizzazione degli stati europei, con risultati finora tutto sommato positivi.   In effetti, è un fatto che le democrazie hanno assicurato ai loro cittadini una vita migliore e maggiori livelli di libertà rispetto agli altri paesi.   E, nel frattempo, hanno vinto sia contro le dittature di matrice nazi-fasciste, sia contro le oligarchie comuniste.    Ma  quando si è trattato di affrontare pericoli provenienti dalla propria struttura sociale ed economica , questi sistemi si sono dimostrati del tutto incapaci sia di prevenire, sia di reagire al pericolo.
Con una classe dirigente composta da professionisti dell’intrallazzo e della propaganda; ed una popolazione atomizzata in individui che lottano disperatamente per sé stessi, sognando un impossibile ritorno della prosperità,  non ci sono segni di luce in fondo al tunnel.
La dittatura della maggioranza alla fine si è verificata ed è quella che ha deciso che la crescita economica e demografica erano la strada maestra da seguire.   Adesso è facile scagliarsi contro l’esigua minoranza di coloro che, più spregiudicati e fortunati, continuano ad arricchirsi a scapito di tutti gli altri; ma la decisione di seguire questa strada è stata condivisa da tutti: ricchi e poveri, nord e sud.   Molto democraticamente.
La conseguenza di questo fiasco storico sono oggi le derive autoritarie e lo spionaggio di massa che ovunque stanno svuotando di significato gli ordinamenti democratici.   Se la storia davvero ci può insegnare qualcosa, abbiamo due strumenti per cercare di contrastare il fenomeno: sviluppare la democrazia di base ed il ripristino del sorteggio per l’assegnazione di molti ruoli.   Purtroppo, il tentativo di reintrodurre elementi di democrazia diretta si scontra con la capacità dei poteri elettivi e delle lobby economiche di manipolare e/o vanificare questi processi.

Il sorteggio non viene neppure preso in considerazione, mentre potrebbe essere proprio il grimaldello per spezzare i meccanismi perversi e ridare senso anche alle elezioni.  L'ereditarietà oggi suona anacronistica perché era basata su di una tradizione completamente perduta, ma nomine a vita di persone particolarmente capaci, lungi dall'essere poco democratiche, potrebbero mettere in circolazione persone non ricattabili e non interessate al prossimo turno elettorale.
Ovviamente, non esiste nessuna garanzia che una riforma radicale degli ordinamenti funzionerebbe.   Tanto più che dovrebbe essere fatta dalle stesse persone ed organizzazioni che sarebbe necessario scaricare.  Dunque non accadrà.   Ma intanto ci sono gruppi di persone che cercano di organizzarsi fra di loro.  A costoro vorrei semplicemente ricordare che, da quando esistono e finché sono esistite, la maggior parte delle forme di governo non autocratiche sono state basate su diverse combinazioni di quattro ingredienti: partecipazione, ereditarietà, votazione e sorteggio.    Era così nel paleolitico e credo che sarà così anche in futuro.



giovedì 28 maggio 2015

L'Università di fronte alla crisi delle risorse: un intervista con il candidato rettore dell'Ateneo di Firenze, Elisabetta Cerbai






Si svolgeranno a breve le elezioni per il nuovo rettore dell'università di Firenze. Chiunque sia eletto troverà una situazione difficile: l'università di Firenze, come tutte le università italiane, soffre della crisi sistemica forse più di tutto il resto del paese e si trova stretta in un'endemica mancanza di fondi, oltre a essere strangolata da una burocrazia totalmente senza senso. Dopo il post di qualche giorno fa, dove intervistavo il candidato Rettore, prof. Luigi Dei, adesso riporto le risposte alle mie domande ricevute all'altro candidato, la prof. Elisabetta Cerbai



Effetto Risorse: La tesi di fondo del blog "Effetto Risorse" è che siamo di fronte a una crisi sistemica correlata al graduale esaurimento delle risorse naturali non rinnovabili. Questa crisi si riflette su tutti i settori della società e, ovviamente, anche sull'università. Ci potrebbe per favore dare un suo parere su questa nostra interpretazione?

Elisabetta Cerbai: Caro Ugo, conosco e seguo da tempo il tuo blog da quando era denominato Effetto Cassandra. Spesso noi scienziati siamo visti come Cassandre che lanciano ingiustificati allarmismi. Però poi la realtà ci dà ragione perché le nostre argomentazioni sono basate su dati e non su opinioni.

La crisi sistemica correlata al graduale esaurimento di risorse non rinnovabili dimostra che la Scienza usata entro sistemi economici miopi spinge all’esaurimento incontrollato delle risorse e al degrado della biosfera.
La Scienza, nei suoi vari rami naturalistici, tecnologici, sociali, umanistici,
bio-medici, offre però anche soluzioni che, se usate in modo responsabile e solidale, ci possono portare fuori dalla crisi.

Occorre progettare sempre di più l’Ateneo e le sue strutture come Università sostenibile, anche per offrire alla Società soluzioni a lungo termine, che i brevi tempi della politica e dell’economia non riescono purtroppo a prospettare, e nemmeno a immaginare.

Per svolgere questo ruolo l’Università deve essere forte e autorevole, libera da condizionamenti connessi a interessi particolari e di breve termine, aperta al confronto internazionale sui grandi temi ambientali e di sviluppo.

ER Se siamo di fronte a una crisi sistemica, come può l'università del futuro preparare una risposta per mezzo delle sue funzioni principali: ricerca e formazione? Quali prospettive, secondo lei, per i giovani che escono dall'università e come può l'università prepararli meglio per quello che li aspetta?

EC L’Università di Firenze comprende nei suoi Dipartimenti una varietà di specializzazioni e competenze che, se opportunamente collegate, definiscono una grande tematica di ricerca, formazione e innovazione sul tema della sostenibilità ambientale, nei suoi vari aspetti: valutazione della crisi sistemica, delle sue cause e delle possibili soluzioni o difese. Questa tematica, insieme a poche altre di ricchezza e complessità comparabile, deve emergere nel prossimo futuro come una grande specializzazione che caratterizza il profilo nazionale e internazionale dell’Università degli Studi di Firenze.

La formazione di competenze trasversali attraverso didattica curriculare ed extra-curriculare ha già significative articolazioni entro la nostra Università. Così come ne abbiamo sul fronte dei rapporti con imprese ed istituzioni sul fronte della protezione ambientale e dell'innovazione, anche attraverso la creazione di spin-off universitari (es. carbon sink, pnat, ecc.)

ER Come pensa che si possa costruire una "Università sostenibile"?

EC. E’ certamente necessario orientare gli investimenti di manutenzione e rinnovo delle strutture edilizie, energetiche e della mobilità dentro e intorno all’Università nel segno della sostenibilità.

Università sostenibile significa recupero e riqualificazione in campo edilizio, zero consumo di suolo e impatto ambientale ridotto, in armonia con le politiche nazionali, regionali e comunali in materia.

Università sostenibile significa anche efficienza energetica degli edifici e gestione intelligente di illuminazione e riscaldamento, con un grande piano di micro-interventi per il miglioramento energetico e con competizione virtuosa fra le strutture di Ateneo sul risparmio energetico

Università sostenibile significa anche mobilitazione di tutte le risorse possibili per evitare sprechi e per sperimentare soluzioni innovative.

Università sostenibile significa anche raccolta differenziata integrale, rinegoziazione in tal senso degli appalti, coordinamento con Scuole, ONLUS e ONG per una riutilizzazione intelligente delle attrezzature informatiche dismesse.

Università sostenibile significa anche semplificazione burocratica, dematerializzazione effettiva, drastica riduzione del consumo di carta e di toner, forniture a chilometri zero con superamento della burocrazia e degli sprechi delle centrali uniche per gli approvvigionamenti.

Università sostenibile significa anche mobilità intelligente, incentivazione all’uso di mezzi pubblici e di biciclette, compensazione delle emissioni e gestione verde degli automezzi di servizio

L’Università deve saper mobilitare le proprie competenze interne in primo luogo entro le proprie strutture, come laboratorio e vetrina di quello che si può fare.

Nel mio programma, vi è un gruppo di linee strategiche chiamato “Smart Hub”. Come nelle città si parla della prospettiva di “Smart City” per l’erogazione di servizi intelligenti e personalizzati sulla base di un’integrazione di dati e servizi, per il supporto allo sviluppo di nuove professionalità, per la sostenibilità ambientale e sociale, così si deve pensare allo sviluppo di una prospettiva di Università “Smart Hub”.

Nella mia idea, che fortunatamente condivido con tanti colleghi, l’Università non è solo motore di progresso sociale, economico e tecnologico, è anche presidio di civilità: per noi oggi questo significa una sfida sul fronte della cultura, per affermare il ruolo della scienza come paladina della reazione alla crisi ambientale.

ER. Come vede, lei, il futuro della ricerca Italiana (e non solo italiana) in questo momento di crisi?
EC. La crisi sistemica ambientale di cui sopra è intimamente legata anche alla crisi economica, finanziaria e sociale del nostro Paese. Le cause sono infatti le stesse: l’incapacità di innovare e di trovare modelli di sviluppo adeguati al nuovo contesto geopolitico ed economico globale. Se si pensa che il rilancio dell’Economia italiana possa essere fondato ancora sul petrolio significa che siamo rimasti negli anni ’60.

La ripresa e la crescita economica e sociale dell’Italia devono basarsi su ricerca, sviluppo e cultura, con un bilanciamento intelligente di tradizione e innovazione.

Purtroppo in Italia gli investimenti pubblici e privati in ricerca non sono adeguati, né alle nostre passate tradizioni, né a quanto è necessario oggi alla Nazione. La crisi economica e finanziaria attuale non è solo crisi, è una transizione verso modelli economici e sociali differenti. La Ricerca, se adeguatamente sostenuta, non solo in termini di finanziamento ma anche in termini di miglioramento del contesto normativo ed organizzativo, può dare un grande contributo a una transizione verso modelli migliori e più sostenibili. Nella situazione attuale di restrizione delle risorse statali e di incertezza normativa, occorre continuare a lottare per preservare il patrimonio di conoscenze e lasciare leve e spiragli ai miglioramenti.


lunedì 26 maggio 2014

Proposte di politica europea per affrontare il Picco del Petrolio

Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR

Cari lettori,

I compagni di Véspera de Nada mi hanno passato l'ultima versione del loro documento di proposte al Parlamento Europeo che dovrà essere eletto il prossimo fine settimana. Data l'importanza del documento, credo che valga la pena diffonderlo su questo blog.

Saluti.
AMT


Proposte di politica europea per affrontare il Picco del Petrolio 
dirette a tutte le formazioni politiche che si presentano alle elezioni del 25/05/2014 al Parlamento Europeo

(Versione 1.1.2 del 07/05/2014)



“Lasciamo il petrolio prima che lui lasci noi”.

  • Fatih Birol, economista capo della IEA)


“[...] una cosa è sicura, un giorno finiremo il petrolio e per prepararci a quel giorno potremmo essere a corto di tempo”. 

  • Andris Piebalgs, commissario per l'energia della UE (2004-2009)



Introduzione
Presentiamo questo documento come base di riferimento per quei candidati alle elezioni europee del 2014 che vogliano offrire all'elettorato un programma realista e responsabile che tenga conto della situazione alla quale ci espone il Picco del Petrolio.

Il documento è stato preparato con gli apporti delle seguenti persone e collettivi:

  • José Ramom Flores, Miguel Anxo Abraira e Manuel Casal, della Associazione “Véspera de Nada” per una Galizia senza petrolio”. (Galizia)
  • Antonio Turiel, dell'Oil Crash Observatory (Catalogna).


Facciamo notare che la premura con la quale si sono dovute riunire queste proposte e le caratteristiche peculiari del processo legislativo ed esecutivo dell'Unione Europea, hanno fatto sì che non potessero essere misure molto dettagliate né è stato facile tagliarle tutte all'interno delle possibilità di azione dei/delle parlamentari europei che risultino eletti in questo turno elettorale.

In ogni caso non vogliamo perdere l'occasione di fare queste proposte, anche se fossero incomplete, poiché siamo consapevoli del fatto che molto probabilmente il Parlamento Europeo che si produrrà da queste elezioni dovrà far fronte nei prossimi 5 anni a conseguenze della decrescita energetica che saranno già di portata e gravità impossibili da ignorare (vedi per esempio gli ultimi rapporti compilati su http://www.vesperadenada.org/category/informes/ come riferimento delle date e conseguenze previste). Pertanto consideriamo necessario rendere pubbliche queste proposte e richiedere ai diversi partiti e coalizioni che le incorporino nei loro programmi elettorali e nella loro azione politica in Europa, nel caso ottengano una rappresentanza nel Parlamento della UE.

Infine consigliamo che le misure qui descritte vengano integrate con altre che sono già state enumerate in un precedente documento dal tutolo “Proposte di politica a livello locale galiziano per affrontare il Picco del Petrolio dirette a tutte le formazioni politiche che si presenteranno alle elezioni del 21/10/2012 al Parlamento della Galizia”, disponibile su http://www.vesperadenada.org/2012/09/14/programa-de-goberno-para-galiza-afrontar-o-teito-do-petroleo-propostas-de-vespera-de-nada/ e che, sebbene faccia riferimento ad un ambito molto più locale, sono state definite e classificate in modo più esaustivo.

Misure proposte


  • Studiare il problema del Picco del Petrolio e creare strutture speciali per affrontarlo:
  • Promuovere che nel Parlamento Europeo si facciano studi realistici sulla sicurezza energetica europea, dove si tenga conto non solo delle fonti degli idrocarburi che alimentano le nostre società, ma anche il flusso netto degli stessi che ci possiamo aspettare a breve e medio termine. Questi studi potranno partire da altri già realizzati da analisti di prestigio, come per esempio quello realizzato da Benoît Thevard, su incarico dell'europarlamentare Yves Cochet.
  • Creare una Agenzia Europea per la Transizione Energetica Postpetrolio e per la Resilienza, che coordini l'attivazione di tutte le misure qui richieste e ne studi altre che vengono messe in pratica in altri luoghi e livelli dell'amministrazione (governo, municipi, regioni, altri Stati, ecc.). Dotazione economica prioritaria di questo nuovo organismo. 
  • Creazione di un Comitato Permanente nel Parlamento Europeo con rappresentanti di tutti i gruppi politici per studiare questo tema e realizzare un tracciato delle politiche europee nel contesto della Decrescita Energetica, sullo stile di quelle esistenti nei parlamenti di alcuni paesi membri come il Regno Unito. Coordinamento di questo Comitato con quello della Difesa del Popolo Europeo nella misura in cui il non adeguamento delle norme e delle istituzioni europee al contesto di fine dell'Era del Petrolio possano presupporre una minaccia per i diritti dei cittadini e delle cittadine

    Riconoscere ufficialmente e divulgare il problema del Picco del Petrolio:
  • Dichiarazione del Parlamento Europeo che riconosce l'esistenza e la gravità del Picco del Petrolio, l'impossibilità di andare avanti con la crescita infinita in un pianeta finito e la minaccia che questa situazione presuppone per la continuità della civiltà industriale. La dichiarazione spingerebbe anche gli Stati membri a realizzare dichiarazioni analoghe dirette a propri cittadini. 
  • Diffondere il problema del Picco del Petrolio fra gli Stati membri per stimolare la massa in moto di misure strategiche negli ambiti più prossimi ai cittadini, così come l'elaborazione di Piani di Emergenza Energetica per far fronte alle prevedibili carenze di combustibile e di materie di prima necessità, in collaborazione con la IEA.

Politiche che presumano la fine della crescita economica:


  • Fare un'analisi rigorosa sui limiti della crescita e l'incompatibilità dell'attuale sistema finanziario, monetario ed economico in vista di questi limiti, derivati fondamentalmente dalla scarsità di risorse naturali e al costo eccessivo delle esternalità ambientali. Studiare le ripercussioni attuali e future per l'euro.
  • Tenere conto dello scenario di fine della crescita economica e di decrescita energetica irreversibili determinati dal Picco del Petrolio nel momento in cui si definiscono ed approvano i Bilanci della UE, che fra gli altri aspetti considerino una diminuzione degli introiti e dedichino spese importanti per promuovere e finanziare l'adattamento di tutta la società europea ad un nuovo mondo di petrolio scarso e caro. 
  • Attivare meccanismi di transizione di modo che la UE si adatti ad un mondo in decrescita forzata, prendendo misure che favoriscano la resilienza ed evitino costi finanziari inaccettabili in questo contesto di fine della crescita economica.

Politiche per la resilienza:


  • Appoggiare politiche tese ad una maggiore resilienza dei territori europei, proteggendo le iniziative locali che cerchino di aumentare le resilienza in ogni territorio (paese, regione o area).
  • Elaborare con la massima urgenza Piani di Attuazione per mitigare gli effetti del Picco del Petrolio sulla popolazione della UE e divulgare gli stessi con l'obbiettivo che si prendano misure non solo a livello di amministrazioni pubbliche ma anche a livello individuale. 
  • Dichiarazione del Parlamento Europeo che respinga lo sfruttamento degli idrocarburi mediante le tecniche conosciute come fracking, per il loro scarso o nullo rendimento energetico ed economico in rispetto ai suoi elevati rischi ambientali e sociali, appoggiata dai rapporti scientifici disponibili e dall'esperienza in altri paesi dove vengono praticate da un sufficiente lasso di tempo da rendere possibile un'analisi pratica di questi aspetti, oltre a coinvolgere la distruzione del mondo naturale, fonte di risorse rinnovabili imprescindibili per le necessità fondamentali delle popolazioni locali: acqua, suoli, biodiversità, biomassa... 
  • Attivare piani per la divulgazione del problema del Picco del Petrolio e dell'urto contro i limiti del pianeta a tutti i livelli educativi della UE.
  • Rifiutare l'Accordo Transatlantico con gli Stati Uniti.
  • Attivare misure per la protezione delle api ed altri insetti impollinatori come impulso vitale per gli ecosistemi e per la produzione di alimenti nella UE. Proibizione immediata in tutta la UE dei prodotti chimici che si dimostrino negativi per le popolazioni di questi insetti o di quelli sui quali ci siano sospetti fondati. 
  • Proibire l'obsolescenza programmata favorire la durevolezza e la riparabilità di qualsiasi tipo di prodotto industriale.
  • Proibire l'impiego di specie transgeniche in tutta la UE. Misure per la difesa della libera circolazione delle sementi tradizionali non certificate.
  • Dichiarare l'acqua bene di libero accesso e misure contro la sua privatizzazione.
  • Misure a favore della sovranità alimentare dei diversi paesi membri della UE basata sulla produzione agro-ecologica. Promozione della conversione degli sfruttamenti agricoli e di allevamento della UE dal modello industriale a un modello agro-ecologico non dipendente da input fossili. 
  • Promuovere le filiere corte e le strutture di produzione, distribuzione e conservazione locali di alimenti, così come quelle che siano meno dipendenti dai combustibili fossili.
  • Promuovere l'economia di prossimità e quella orientata alla soddisfazione delle necessità umane fondamentali col minor consumo energetico possibile. 
  • Subordinazione delle misure a favore dell'efficienza energetica ad un contesto generale di risparmio energetico e dei materiali.
  • Proibizione delle lampadine fluorescenti in tutta la UE e loro sostituzione gratuita con lampade LED e basate su altre tecnologie non inquinanti e di basso consumo, per il contenuto di mercurio delle prime. Revisione della proibizione delle lampade incandescenti analizzando il loro consumo energetico totale nel ciclo completo di vita utile, le possibilità tecniche di ampliare questa e il suo sfruttamento secondario come fonti di riscaldamento elettrico. 
  • Promuovere lo sfruttamento energetico sostenibile di energie rinnovabili a livello locale, favorendo in particolar modo i progetti cooperativi e comunitari.
  • Promuovere il district heating seguendo il modello esistente in Danimarca ed altri paesi della UE. 

Riforma legislativa profonda per adattarsi a un mondo con energia scarsa:


  • Rivedere tutte le direttive europee attualmente in vigore e quelle nuove che vengano proposte durante il nuovo periodo di sessioni del Parlamento Europeo, alla luce di uno scenario permanente caratterizzato dalla fine della crescita economica e dalla scarsità energetica.
  • Subordinare nelle normativa europea la produzione di agro-combustibili alla produzione di alimenti ed alla conservazione della fertilità naturale dei suoli e disincentivare la loro produzione basata su prodotti agricoli importati per il loro bilancio energetico negativo, per la distruzione degli ecosistemi che causano in altri paesi, per l'impatto negativo sulla sovranità alimentare dei paesi produttori e per la generazione di CO2 durante il trasporto. 
  • Riforma della PAC (Politica Agraria Comune) per dare priorità alla sovranità alimentare locale, alla produzione locale e su piccola scala e alla produzione ecologica. 
  • Eliminare gli aiuti europei a tutte le infrastrutture o progetti che dipendano dai combustibili fossili per il loro funzionamento: per esempio la costruzione di nuove strade o autostrade. 

Politica internazionale per evitare i conflitti per le risorse:

  • Sollecitare il governo della UE ad adottare il Protocollo di Uppsala: http://richardheinberg.com/odp e a promuovere la sua adozione a livello internazionale.
  • Dichiarazione a favore della risoluzione di qualsiasi conflitto internazionale provocato direttamente o indirettamente dalla competizione per le sempre più scarse risorse energetiche e materiali, per il suolo fertile, per l'acqua ed altro, per mezzo del dialogo e rinunciando all'impiego di mezzi bellici per contendersi queste risorse.



Siti per approfondire l'informazione (in spagnolo)
http://www.cenit-del-petroleo.info
http://crashoil.blogspot.com
http://www.vesperadenada.org
http://lacrisisenergetica.wordpress.com

Alcuni riferimenti sul Picco del Petrolio e la UE
http://www.vesperadenada.org/2011/05/12/a-directora-europea-de-transportes-advirte-de-que-a-ue-esta-a-cometer-un-erro-fatal-ao-non-reducir-a-sua-dependencia-do-petroleo/
http://www.vesperadenada.org/2010/11/12/a-union-europea-reconece-o-teito-do-petroleo/
http://www.vesperadenada.org/2009/05/16/o-comisario-de-enerxia-tamen-avisa-imos-cara-unha-nova-crise-do-petroleo/

Alcuni riferimenti bibliografici fondamentali per queste proposte
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E' fondamentale comprendere che se inevitabilmente l'economia (misurata col PIL) decrescerà in modo definitivo (forse con brevi periodi di ripresa compensati da periodi più lunghi di discesa più pronunciata), un sistema finanziario basato sull'interesse smette di essere funzionale, visto che quel tipo di interesse viene fissato dall'aspettativa di crescita, e se l'economia decresce nel medio-lungo termine, l'interesse dovrebbe essere negativo. Le misure di stimolo che si prendono abitualmente riflettono proprio questo quadro macro, ma a livello di istituzioni private che creano soldi a partire dal debito (le banche) viene mantenuta l'idea che bisogna prestare ad un certo interesse quando in realtà non ci sono grandi affari in vista e questo genera una crisi del credito - credit crunch – (le banche non prestano perché non si fidano). Questo genera 1) una massa di banche zombi; 2) un impoverimento della società che tenta di ripagare dei debiti che in realtà sono impagabili in un contesto di decrescita forzata irreversibile e 3) una perdita dell'opportunità di investire nelle opzioni che sono realmente futures, che non sono contemplate attualmente perché non redditizie nell'attuale schema di breve termine e che esclude le esternalità e i costi di sostituzione dell'energia fossile, ma che sono le uniche che ci possono avvicinare alla resilienza in futuro (da Politiche per la resilienza).