domenica 30 giugno 2013

Distopia III: La Tempesta

Da “The Oil Crash” Traduzione di MR



Di Antonio Turiel


[Nota: la storia seguente non è altro che una finzione letteraria. Gli eventi climatici descritti in essa sono solo una drammatizzazione che rappresenta uno scenario estremo del clima del nostro pianeta che non si basa su nessun modello numerico né su nessuna conoscenza attuale dei meccanismi che governano il tempo atmosferico ed il clima. La velocità alla quale avvengono alcuni cambiamenti nella storia è probabilmente troppo rapida allo scopo di perseguire questo effetto di drammatizzazione. In realtà, non abbiamo alcun modello numerico né dei processi che possano descrivere con precisione ciò che accadrà al clima del nostro pianeta una volta che si sciolga tutta la banchisa polare artica: siamo in una Terra Incognita. L'unica cosa sicura è che andiamo verso un pianeta diverso da quello che conosciamo]


L'estate del 2013 fu atipica in tutta Europa. Da giugno a settembre si alternarono settimane di pioggia e temperature molto fresche con settimane durante le quali il Sole picchiava con furia (gli esperti dissero che con le piogge intense l'aria era libera da aerosol e si sentiva di più l'effetto serra). Ma l'aria non giunse mai a scaldarsi troppo, perché non faceva mai più di 5 o 6 giorni per godersi la canicola che già tornava il cattivo tempo. I raccolti di cereali di quell'anno furono del 50% inferiori alla media dei dieci anni precedenti, non solo in Europa. Nel resto del mondo, malauguratamente soprattutto nelle zone cerealicole, la norma erano le temperature alte, la siccità e gli incendi forestali. Ci fu un incontro delle Nazioni Unite per discutere il grave problema della mancanza di alimenti, incontro che si concluse con rinnovate raccomandazioni di mangiare insetti, meduse, alghe e licheni. L'anno come se nulla fosse nel mondo occidentale, mentre i paesi poveri si stringevano di uno o due buchi la cinghia e la fame faceva scempio dei corpi e delle menti (e a volte dei palazzi).

Durante l'estate del 2014, successe qualcosa di insolito: la banchisa polare artica, vale a dire, il ghiaccio che galleggia sopra al Polo Nord, scomparve completamente. Sei anni prima del previsto, dissero alcuni esperti, mentre altri dissero che quello che era successo confermava i loro modelli. Le potenze occidentali dissero che la scomparsa del ghiaccio artico era una buona notizia, perché apriva nuove rotte marittime più efficaci (convenienti, ora che il prezzo del petrolio tornava a far notizia) e anche perché lasciava libero accesso ai ricchi giacimenti di minerali e di idrocarburi del fondale marino. In inverno si formò di nuovo la banchisa, anche se era molto più sottile e fragile. Gli autoproclamati “scettici del cambiamento climatico” dovettero ritirarsi un po' dalla scena pubblica, cercando argomenti per dimostrare che quanto era successo non aveva nulla a che vedere con il riscaldamento globale, mentre la preoccupazione per l'ambiente cresceva nei sondaggi e si situava già al secondo posto fra le preoccupazioni degli europei e dei nordamericani, 20 punti al di sotto della disoccupazione e di soli 2 punti al di sopra della crisi economica. Per i più, il 2014 fu una ripetizione del 2013. In Europa la gente non poteva andare al mare, mentre nel resto del mondo molta gente moriva nelle ondate di calore continue, con temperature record diffuse in tutto il Globo.

Gli anni seguenti furono denominati da alcuni “la Piccola era Glaciale”. Ci diceva questo viveva in Europa e nella Costa Orientale degli Stati Uniti, ovviamente, perché per l80% dell'Umanità, l'aumento delle temperature era sempre più palpabile. Nonostante questo, alcuni “scettici” cominciarono a preconizzare l'arrivo di una nuova glaciazione, fenomeno naturale ed inevitabile associato ai cicli astronomici, e la benedizione del fatto di aver aumentato la CO2 nell'atmosfera, che avrebbe evitato che la glaciazione fosse così cruenta. Studi scientifici mostrarono che la Corrente ad Anello Meridionale (la grande fascia di circolazione termoalina che percorre l'oceano) si era interrotta all'altezza dell'Atlantico del Nord e con essa parte dell'apporto di umidità extra che giungeva in Europa, per cui le estati successive non furono tanto piovose.

La Corrente a Getto artica era praticamente scomparsa e al Polo Nord si era stabilito un dipolo formato da una alta pressione e da una bassa al posto del ciclo abituale. Grazie a questo, dal Polo Nord fluiva aria fredda verso il Nord America e l'Europa, mentre attraeva aria calda dall'Asia Centrale.


Alla fine di quel periodo, le temperature si moderarono nell'Emisfero Nord e i raccolti migliorarono notevolmente, anche in Europa. Sembrava che il peggio fosse passato. Ma sì, il petrolio scarseggiava in maniera ormai evidente e le guerre di conquista si moltiplicavano in tutto il pianeta, mentre in Occidente si prendevano misure di razionamento efficaci. In quel periodo si stabilirono governi di taglio più o meno autoritario e si smise di misurare il PIL. In alcuni paesi si proibì anche di pubblicare stime di questo indicatore, ora vituperato. La media della disoccupazione in Europa e negli Stati Uniti giungeva al 20%, con paesi molto instabili come Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo e Spagna (gli infami PIIGS) che si aggiravano sul 40%.

Fu nel 2020 che si osservarono due fenomeno curiosi, ma non in estate, in inverno. Il primo fu che quell'inverno non si riformò la banchisa artica. Di fatto, non sarebbe mai più tornata a formarsi. Il secondo fu vedere che alcune zone del Sahara Occidentale cominciarono a fiorire, frutto delle piogge intense. I ricercatori scoprirono che la Corrente ad Anello Meridionale in realtà non si era interrotta, ora semplicemente fluiva più a Sud. Gli imprenditori di tutto il mondo videro in questa cosa una fantastica opportunità di investimento, data la vicinanza delle nuove zone fertili ai più grandi depositi di fosfati usati come fertilizzanti. Le notizie e gli annunci sui media dichiaravano che il nuovo giardino delle Esperidi avrebbe dato da mangiare a tutto il mondo (occidentale, ovvio). La cosa certa è che la temperatura e la piovosità in Europa e negli Stati Uniti cominciò a tornare a valori “normali” e i raccolti raggiungevano nuovi record in un campo che chiedeva sempre più mano d'opera (o meglio la gente scappava dalla città per potersi guadagnare il pane). Tornava la normalità, turbata solo dalla mancanza di petrolio ed uranio e, adesso, di gas naturale – i giacimenti di gas di scisto, l'ultima grande speranza, erano stati abbandonati perché non rendevano quattro anni prima. Gli “scettici” uscirono in massa dai loro nascondigli e cominciarono a dire che quello che era successo durante l'ultimo decennio era frutto della variabilità naturale, il clima in Occidente era il più stabile del mondo, che era il motivo per cui questo occupava il proprio posto egemonico. La cosa certa era che alcune zone di Asia, Africa, e Sud America cominciavano a spopolarsi per la durezza delle condizioni di vita, creando problemi migratori immensi ma ancora lontani dalla compiaciuta Europa e dagli egocentrici Stati Uniti.

Erano passati solo 10 anni da quella strana estate del 2013, quando si formò la Tempesta.

Gli scienziati la chiamarono “Tempesta Semi Permanente dell'Atlantico del Nord Subtropicale”. La gente della strada, la Tempesta, in breve, ma con la maiuscola. Fu nell'estate del 2023. L'uragano Hugo, l'ottavo della stagione, tornava a chiedere il suo tributo di morte a Cuba e in Florida e si ritirava verso l'Atlantico del Nord. Normalmente sarebbe andato a latitudini più alte, vicino alla Galizia o all'Irlanda e, nel percorso, passando sopra acque più fredde e perdendo pertanto la sua fonte di energia, si sarebbe trasformato in burrasca. Ma il flusso costante di aria polare generato dal nuovo dipolo artico permanente, sempre più caldo, gli impediva di salire più a nord, cosicché rimase stazionato intorno al 25° Nord, 45° Ovest, in mezzo all'Atlantico del Nord. E cominciò a crescere.

Dopo due settimane di stazionamento, gli scienziati erano perplessi di fronte allo strano comportamento di Hugo. Anziché indebolirsi diventava sempre più grande ed aveva già un raggio di 1.500 chilometri: non si era mai visto prima un uragano così. Ci fu un convegno dell'Organizzazione Meteorologica Internazionale a Parigi, al quale non poterono partecipare, significativamente, i delegati brasiliani: un braccio di Hugo fece cadere il loro aereo, che esplose sull'Atlantico senza sopravvissuti. Il convegno mise insieme i pezzi del puzzle di Hugo e alla fine si capì cosa stava succedendo. Ma anziché di sentire un “Eureka” di soddisfazione, si sentì il rumore di cento gole che inghiottivano saliva tutte insieme, quando il presidente del convegno annunciò alla stampa le conclusioni.

Risultò che Hugo era alimentato da varie fonti che, allo stesso tempo, lo tenevano ancorato all'Oceano. Da un lato, il flusso proveniente dal dipolo artico, sempre più caldo. Dall'altro , le onde di instabilità subtropicali che si propagavano da un Sahara interno sempre più caldo (e dove non vivevano più nemmeno i Tuareg). Hugo, inoltre, si era posizionato nel nuovo corridoio della Corrente ad Anello Meridionale, per cui aveva accesso al calore e all'umidità liberati da questa corrente oceanica, che non sarebbe più tornata a fluire verso il nuovo Giardino delle Esperidi (il quale fu abbandonato pochi anni più tardi). Per ultimo, la sua posizione tropicale gli dava sufficiente accelerazione di Coriolis per mantenersi come struttura coerente su grande scala. La conclusione era che Hugo non era più un Uragano, ma una Tempesta Semi-Permanente. La Tempesta.

I venti della Tempesta nelle sue zone più esterne erano quelli propri di un uragano di categoria 1; non era, quindi, il fenomeno più violento sulla faccia della Terra, che altrimenti non si sarebbe potuto sostenere in modo permanente. Tuttavia, la cosa spaventosa della tempesta era la sua dimensione: gli esperti calcolarono che sarebbe cresciuta fino ad occupare in pratica la totalità dell'Atlantico del Nord. Il suo carattere semi-permanente era dovuto al fatto che in alcuni inverni più freddi il dipolo artico si sarebbe indebolito e la Tempesta si sarebbe spostata verso Nord, dissipandosi nel giro di un paio di settimane, tipicamente fra gennaio e febbraio, per tornare a formarsi in aprile e maggio, con il primo uragano che si formasse e che passasse per il centro dell'Atlantico del Nord. L'unica cosa positiva della Tempesta era che mentre era in corso, non si potevano formare altri uragani nell'Atlantico del Nord. La lista di effetti negativi era, come si poté rilevare, quasi senza fine.

All'inizio del 2024, la Tempesta era talmente grande che la navigazione marittima ed aerea per l'Atlantico del Nord era semplicemente impossibile. L'unica via praticabile era attraverso la zona polare, ora sempre rapida, anche se i forti venti spingevano verso la tempesta e sei mesi all'anno, durante la notte polare, la navigazione si faceva al buoi e con un freddo intenso. Il commercio mondiale crollò, mentre le potenze occidentali cominciavano a riconoscere che le grandi ricchezze del suolo artico erano semplicemente irrecuperabili. Ci furono rivolte in Occidente e sorsero movimenti ecologisti che reclamavano l'azione diretta per recuperare un pianeta che, in realtà, non era già più quello in cui erano cresciuti e che non lo sarebbe stato mai più. La repressione fu forte e dopo un paio d'anni la situazione sociale si stabilizzò, anche se la fame era ormai la norma in tutto il mondo, compreso nel sempre più depauperato Occidente.

Il 2027 fu quello che si nominò prima “Anno del Terrore” e poi “Primo Anno del Terrore”. Quell'anno, la Tempesta semi-permanente fece onore al suo nome e si dissipò, ma lo fece infrangendosi contro le coste del Portogallo. La vita nelle zone costiere dell'Atlantico del Nord era già molto difficile per il continuo arrivo di fronti (bracci) della Tempesta, ma le piogge torrenziali e i venti da uragano dei bracci risultarono essere carezze al confronto allo sbarco di tutta la mole della Tempesta sulla Terra. La Tempesta entrò praticamente immutata distruggendo Lisbona e Madrid e cominciò a dare segni di debolezza solo attraversando i Pirenei. Quando giunse a colpire Berlino, lasciò la capitale tedesca un lascito di 2.000 vittime. In Francia le vittime si contavano a decine di migliaia; in Spagna a centinaia di migliaia. Del Portogallo non si è mai saputo: i sopravvissuti fuggirono terrorizzati verso l'interno, il più possibile lontano dal mare. Lisbona era scomparsa sotto il mare che se la inghiottì.

Gli esperti europei analizzarono la situazione e conclusero che ci si poteva attendere un tale “sbarco” in media ogni dieci anni. Gli esperti americani analizzarono la situazione e conclusero che la probabilità che questo sbarco avvenisse negli Stati Uniti era enormemente bassa, perché la circolazione globale avrebbe spinto la tempesta sempre ad Est, verso l'Europa. Nessuno si ricordò dei milioni di morti in tutto il mondo a causa della fame, delle guerre e delle epidemie di quello stesso anno.

A partire dal 2029 si produsse un fenomeno nuovo, un'altra sorpresa. Al confine nord occidentale della tempesta, cominciarono a crearsi tormente esplosive, molto veloci, con venti di categoria 4 o 5 ma con un raggio di 50-100 chilometri, molto inferiori a quello dell'uragano convenzionale (differivano anche nel meccanismo e nel luogo di formazione). Queste tormente si propagavano a grande velocità per la costa Est degli Stati Uniti, giungendo in un paio di giorni fino al Golfo del Messico, dove finalmente venivano riassorbite dalla tempesta. Il loro potenziale distruttivo non era tanto grande quanto quello dello sbarco della Tempesta, a causa della loro dimensione ridotta e della velocità con la quale si indebolivano arrivate a terra, ma nelle aree direttamente colpite la devastazione era mostruosa. Verso il 2030 si verificò si generavano tre o quattro ciclogenesi di questo tipo a stagione, anche se in quel momento la rete di osservazione meteorologica mondiale era molto deficitaria e la capacità di previsione praticamente nulla.

Il 2036 fu il Secondo Anno del terrore, anche se la vita in quel periodo era tanto miserabile in Europa che per molte persone la morte fu solo una consolazione. Nel 2037 si produsse la prima invasione africana dell'Europa; il continente, nel suo stato di massima debolezza, non fu in grado di opporsi all'invasione.

Il 2045 fu il Terzo Anno del Terrore, proprio 100 anni dopo la vittoria degli alleati nella Seconda Guerra Mondiale. Solo che stavolta la Tempesta se ne andò, contro ogni pronostico, diretta verso le pianure centrali degli Stati uniti. La devastazione fu talmente colossale che nessuno fu in grado di quantificarla.

Verso il 2050 le condizioni climatiche del mondo cominciarono a cambiare un'altra volta e la Tempesta cominciò ad indebolirsi, anche se nessuno aveva più la capacità di osservare e monitorare il fenomeno. Solo i vecchi del posto, i sopravvissuti più coriacei, poterono verificare che il Quarto e il Quinto Anno del Terrore non furono, nemmeno lontanamente, come i primi.

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- Papà, per favore, non continuare a leggermi questa storia.

- E' vero, piccolo mio. E' meglio che ci concentriamo sulle cose reali: dubito che una cosa così possa succedere in nessun pianeta.


Antonio Turiel
In qualche luogo fra Figueres e Barcellona, giugno 2013.