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sabato 1 luglio 2017

Marta Russo: come uccidere la verità


Questo è il libro di Vittorio Pezzuto che nessun editore italiano ha voluto pubblicare - se l'è dovuto pubblicare da solo. Bene, proprio per questo l'ho comprato e me lo sono anche letto, non proprio tutte le sue 660 pagine, ma quasi tutte. Ed è un bel libro, anche di ottima qualità editoriale, in barba agli editori professionali. Racconta in dettaglio la storia dell'assassinio di Marta Russo, nel 1997, e della condanna dei suoi presunti assassini, Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro. Sulla copertina, c'è scritto "di sicuro c'è solo che è morta", ma io aggiungerei un'altra cosa sicura: un'altra vittima di questo omicidio è stata la verità

Il libro di Pezzuto racconta una storia che ormai dovremmo già sapere bene, perché è già successa tante volte: per Enzo Tortora in Italia, per le "armi di distruzione di massa" in Iraq e per tanti altri casi. Ritroviamo lo stesso meccanismo con la storia di Marta Russo e della colpevolizzazione di Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro, condannati senza uno straccio di prova, in aperta contraddizione con i risultati dei test sulla famosa "particella di bario e antimonio" che avrebbe dovuto dimostrare che il colpo era partito dalla loro stanza. Entrambi sono stati linciati dai media sulla base della spasmodica necessità di trovare il "mostro" da condannare. E' di nuovo la storia di "Sbatti il mostro in prima pagina," il titolo di un film del 1972 di Marco Bellocchio. In epoche appena un tantino più remote, Scattone e Ferraro li avrebbero impiccati all'albero più vicino. Oggi, si sono limitati ad appiccicargli addosso per sempre l'etichetta di "assassini" e rendere impossibile per loro una vita normale.

E' colpa dei giornalisti? Forse, ma è anche vero che abbiamo disperatamente bisogno di mostri e quando li non ne troviamo di veri, ce li inventiamo. Non so se è una coincidenza, ma in questi giorni mi stavo anche rileggendo il libro "Delle cose nascoste fin dalla fondazione del mondo" di René Girard (1978). E' un libro dedicato alla tradizione del sacrificio nella storia umana, ovvero a come nei momenti di crisi la società reagisce cercando una vittima, un "capro espiatorio", sul quale scaricare le colpe di quello che sta accadendo. In certi periodi storici, bastava una capra. In altri, si usava un essere umano. E con tutta la nostra razionalità, la nostra tecnologia, il nostro Internet e tutto il resto, non sembra che ci siamo allontanati da quel livello. Siamo sempre alla ricerca di mostri da creare per poi ucciderli. Si tratta di vedere chi sarà il prossimo.



(h/t Luca Pardi)