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mercoledì 17 maggio 2023

Ha fatto bene la Germania a chiudere le centrali nucleari?







Dal "Fatto Quotidiano" 8 Maggio 2023

E così, ci siamo arrivati. Sia pure con quattro mesi di ritardo rispetto al previsto, la Germania ha chiuso le sue ultime tre centrali nucleari il mese scorso. La notizia ha generato critiche un po’ da tutte le parti. Un certo settore del movimento ambientalista (incluso Greta Thunberg) ha sostenuto che le centrali non dovevano essere spente perché questo causerà un aumento della produzione di carbone e si è parlato con orrore della necessità di “aprire nuove miniere di lignite”. I nuclearisti, sia italiani che tedeschi, hanno lanciato urla di orrore, parlando di errore strategico irrimediabile.

In realtà, la chiusura delle centrali non era una decisione affrettata. Era inevitabile. Erano antiquate e obsolete e tenerle in funzione avrebbe richiesto pesanti costi di manutenzione; era meglio mettere quei soldi in nuovi impianti rinnovabili che rendono di più per la stessa spesa. Per non parlare dei problemi di sicurezza inerenti a tenere in vita centrali progettate negli anni 1970. C’era poi anche un problema strategico non da poco. La Germania non produce uranio sul suo territorio, e neppure ha impianti di arricchimento dell’uranio. Sembra (ma i dati non sono chiari) che finora la Germania abbia importato uranio arricchito principalmente dalla Russia e, chiaramente, non era il caso di trovarsi di nuovo a rischio di ricatto come con il gas naturale, anche quello importato dalla Russia.

In ogni caso, le ultime tre centrali producevano solo il 6% dei consumi della Germania e la loro chiusura viene compensata dall’efficientamento dei consumi e da nuovi impianti rinnovabili. Le emissioni di gas serra in Germania sono in discesa continua dal 1990, e non c’è nessuna evidenza di una ripresa della produzione di carbone.

Così, quello che stiamo vedendo non è altro che è il risultato di un programma di transizione verso l’energia rinnovabile, detto “EnergieWende” in tedesco. E’ un idea che è in giro dagli anni 1990, ma che sta diventando una realtà, non più soltanto uno slogan. Il piano è di dimezzare (come minimo) le emissioni di gas serra in Germania entro il 2030, per poi portarle a zero entro il 2050. I tedeschi hanno i loro difetti, come tutti, ma non sono noti per non saper pianificare le cose a lunga scadenza. Visto lo sviluppo rapido, addirittura esplosivo, delle rinnovabili negli ultimi anni, l’obbiettivo di emissioni zero entro il 2050 è non solo raggiungibile, ma addirittura conservativo.

Paesi come la Svizzera, il Belgio, la Spagna e la Svezia, stanno seguendo l’esempio della Germania e hanno pianificato la chiusura delle loro centrali nei prossimi anni. Rimane la Francia, il paese più “nuclearizzato” d’Europa, ma anche loro stanno cercando di ridurre la loro dipendenza da un parco di reattori obsoleti. Altri paesi europei stanno producendo nuovi reattori o considerando la possibilità di costruirli; ma nel complesso il ciclo dell’energia nucleare in Europa Occidentale si avvia verso la sua conclusione entro un paio di decenni.

Per quanto riguarda l’Italia, le prospettive dell’energia nucleare non sono buone. L’Italia non ha risorse minerali di uranio e ha abbandonato la tecnologia nucleare da un pezzo. Se volessimo ripartire, come alcuni propongono, dovremmo ricominciare da zero, importando materiali, conoscenza, e combustibile dall’estero a dei costi insostenibili. E i risultati non arriverebbero prima di un decennio, come minimo.

L’International Atomic Energy Agency, parla di 7-10 anni necessari per costruire nuovi impianti in paesi che hanno ancora una filiera di produzione, ma almeno 15-20 anni per quelli che non ce l’hanno, come l’Italia. Senza poi nessuna garanzia che quando gli impianti saranno in grado di produrre qualcuno ci darebbe il combustibile necessario per farli funzionare. Insomma, un certo ciclo è finito, mettiamoci il cuore in pace.

Possiamo pensare a nuove tecnologie nucleari che cambierebbero le carte in tavola? Forse sì, ma bisogna parlare di cose serie, non di annunci mirabolanti sui media senza prove che dietro ci sia qualcosa di funzionante. E quindi, vista la situazione, teniamo i piedi per terra e andiamo avanti con la transizione energetica più adatta per il “paese del sole”. Forza con le rinnovabili.

lunedì 8 maggio 2023

Elly Schlein Spiegata agli Americani

Post tradotto dal mio blog in Inglese "The Seneca Effect" 

 

Più di una volta, l'Italia è stata un laboratorio politico che ha influenzato il resto del mondo. Basta pensare a Mussolini e, più di recente, a come un governo guidato da un oscuro burocrate di nome Giuseppe Conte abbia avviato la tendenza dei lockdown a livello nazionale, adottati poi ovunque nel mondo. L'Italia può essere un paese arretrato, ma è un torbido pool memetico che produce microbi memetici. Sopra, vediamo  la signora Elly Schlein, recentemente eletta segretaria del "Partito Democratico" italiano (PD) come mostrata in una recente intervista nell'edizione italiana di Vogue. Penso che sentiremo parlare molto di questa signora in futuro.


Quando Elly Schlein è stata eletta segretaria del Partito Democratico (PD) in Italia, due mesi fa, ho pensato che fosse solo un tentativo disperato di rilanciare un partito che non aveva più niente da dire in politica. Ma  mi sbagliavo. Elly Schlein non è il risultato delle convulsioni di un'organizzazione allo sbando. È una grande innovazione nelle pubbliche relazioni, progettata per rivoluzionare il panorama politico italiano e forse mondiale. 

Fino a non molto tempo fa, i politici tendevano a proiettare l'immagine dell'uomo forte, il "padre della patria" le cui decisioni erano sempre sagge. È un passato che se n'è andato, forse per sempre. Le leve del potere politico si sono spostate verso le oscure lobby che controllano i governi, mentre il compito dei politici è ora principalmente quello di mantenere una parvenza di partecipazione popolare al processo di governo. Insomma, tutta immagine e niente sostanza. 

La signora Schlein è parte di questa evoluzione. È la punta di un'innovativa campagna di pubbliche relazioni lanciata dal PD e dai suoi sponsor, e sta usando la stessa strategia che Silvio Berlusconi, ex premier italiano, ha usato per decenni: non importa quante persone ti odiano: ciò che conta  è quante persone ti votano. 

Così, Berlusconi ha preso di mira le fasce meno colte della popolazione italiana con un'immagine personale di un uomo ricco che poteva fare quello che voleva. Se sei povero, è una figura che potresti sognare di imitare. Molte persone odiavano Berlusconi per la sua immagine, ma lui ha costantemente vinto le elezioni nel corso di una carriera politica decennale. 

Elly Schlein sta facendo qualcosa di simile. Non sta cercando di apparire ai suoi potenziali elettori come "una di noi", ma, piuttosto, "quello che ognuna di noi vorrebbe essere", almeno per il target a cui si rivolge; quella dei giovani occidentali di sinistra. Quindi, proietta la sua immagine di giovane, indipendente, bisessuale, globalista, femminista e, soprattutto, una  donna di successo  che può gestire se stessa e le sue preferenze sessuali come vuole. Tra l'altro, non ha avuto remore a rivelare che si avvale di un " armocromista" una sorta di assistente a 300 Euro/ora per curare gli abbinamenti cromatici degli abiti che indossa. Insomma, l'immagine perfetta del "radical chic", oggi meglio conosciuto con il nome di "woke". E il fatto il fatto che non assomigli a una modella mostra che il suo successo è il risultato delle sue capacità, non del suo aspetto. 

La strategia di PR di Elly Schlein ha avuto molto successo, almeno fino ad ora. Un gran numero di persone "di sinistra" si sono precipitate alla tastiera per  criticarla su tutti i social media per aver tradito la classe operaia  a causa della sua intervista con Vogue, dei suoi vestiti alla moda e della sua assistente armocromista. Sorprendentemente, nessuno di loro si è accorto che stavano facendo esattamente ciò che i responsabili delle pubbliche relazioni di Schlein volevano che facessero. Volevano che attirasse l'attenzione dei media; ed evitare di ripetere l'errore che avevano commesso con lo scialbo ex-segretario, Enrico Letta. Queste brave persone di sinistra insistono a fare lo stesso errore che avevano fatto con Berlusconi: più lo attaccavano, più lo rendevano popolare. Di nuovo, non importa quante persone ti odiano; ciò che conta è quante persone votano per te. 

Certo, la politica non è solo una questione di immagine fisica; devi avere opinioni, programmi e piattaforme. In questo campo Schlein sembra aver compreso il punto critico della politica moderna. Puoi essere criticato per quello che hai detto ma non per quello che non hai detto. Quindi, l'abilità di un politico moderno è saper parlare molto senza dire nulla. Schlein sembra aver padroneggiato questa abilità, almeno da quello che possiamo leggere nella sua recente intervista con  Vogue Magazine . estratti in inglese ). Fa tutto parte dell'immagine: è così che funziona la politica al giorno d'oggi. 

Quindi, penso che stiamo assistendo alla nascita di una nuova tendenza. Si noti come l'immagine di Schlein sia simile a quella dell'ex primo ministro neozelandese, Jacinda Arden. 


Poiché i politici sono un prodotto, l'industria che li produce (l'industria delle pubbliche relazioni) tende a imitare e riproporre prodotti di successo. In un post precedente  ho notato come il leader ucraino Volodymyr Zelensky abbia adottato un dress code molto simile a quello del leader della destra italiana Matteo Salvini. A proposito di Schlein e Arden, si noti come entrambe le donne abbiano volti relativamente allungati, una caratteristica spesso associata a un  aspetto "maschile"Queste donne tendono a produrre un'immagine di indipendenza, fiducia in se stessi e assertività. Al momento, non esiste un esatto equivalente nel panorama politico statunitense, sebbene Alexandra Ocasio-Cortez abbia alcuni elementi di somiglianza con loro. Forse il politico statunitense che assomiglia di più a Schlein è Barack Obama, almeno nel senso di essere un altro esperto nel parlare molto senza dire niente.   

La mia impressione è che a partire dall'Italia, questo tipo di figure politiche femminili fortemente promosse per mezzo di pubbliche relazioni possa presto diffondersi in tutto il mondo occidentale. Non che qualcosa cambierà; avremo solo "persone di facciata" piuttosto che "uomini di facciata" al vertice. E continuiamo a marciare verso il futuro, qualunque esso sia.

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Come ulteriore nota, ecco l'avversaria di Schlein in Italia, Giorgia Meloni, leader della destra. 


È una politica più tradizionale: una classica posizione "populista". È aggressiva e schietta, ma nel complesso proietta un'immagine più "femminile" rispetto a Schlein, e sarebbe difficile immaginarla impiegare un'armocromista personale. La mia impressione è che uno degli scopi della creazione dell'immagine di Elly Schlein fosse quello di preparare un'arma memetica anti-Meloni. Secondo me, se arriva il momento critico, Schlein potrebbe distruggere facilmente la Meloni facendola sembrare una venditrice di frutta in un mercato di provincia. Ma questo lo vedremo.


venerdì 24 marzo 2023

Crollo della Popolazione in Italia?




Con una lentezza degna di un bradipo insonnolito, l'ISTAT pubblica i dati per la mortalità in Italia per il 2022. E sono dati piuttosto preoccupanti. Siamo arrivati a 713.000 decessi. Ovvero, sono tre anni che superiamo i 700.000 decessi, una cosa mai vista prima nei dati storici. 

Sappiamo tutti che con il graduale invecchiamento della popolazione, ci dovevamo aspettare un altrettanto graduale aumento della mortalità che dovrebbe toccare gli 800.000 decessi al culmine dell'ondata demografica, verso il 2050. Ma gli ultimi tre anni hanno visto un sorprendente balzo in alto del numero dei morti. Le previsioni delle Nazioni Unite (che vedete sul grafico di Our World in Data) davano 629.000 decessi per il 2022, ma abbiamo un eccesso di mortalità di oltre 80.000 unità. In sostanza, non siamo ancora rientrati nella curva, anzi ce ne stiamo allontanando rispetto all'anno scorso, dove l'eccesso di mortalità era sotto i 60.000 decessi.
La cosa è sorprendente in particolare considerando che la mortalità annuale tende a oscillare per un "effetto memoria" di quello che è successo negli anni precedenti. Se in un certo anno c'erano stati parecchi morti per qualche ragione, un'ondata influenzale, per esempio, l'anno dopo la mortalità tendeva a diminuire perché l'anno precedente si era portato via le persone più fragili e vulnerabili. Invece, qui abbiamo un aumento di mortalità consistente che dura da tre anni.
Non è una tendenza soltanto Italiana. Il "gradino di mortalità" si vede anche nei dati globali e in quelli di altri paesi, anche se in alcuni è più debole. Per esempio, per la Svezia, nota sulla stampa italiana come il paese degli sterminatori di vecchi, è molto più basso.
A cosa è dovuto questo gradino di mortalità? Come al solito, la risposta varia a seconda delle opinioni politiche di chi la da, per cui io non mi azzardo a dire niente. Mi limito a notare che, comunque la si voglia vedere, rappresenta un fallimento notevole della gestione della pandemia da parte del sistema sanitario.

Immagine da "Mortality Watch.

sabato 14 gennaio 2023

Qualcosa sta andando storto nella testa della gente. Sarà colpa della farina di insetti?


Non so cosa ne pensate voi, ma qui c'è qualcosa che decisamente non va. State a sentire Maurizio Gasparri che, in un discorso al senato, tira fuori che la guerra di Crimea fu nel 1861-63 (invece fu dal 1853 al 1856), che l'Italia allora non c'era (ma nel 1861, l'Italia c'era!!), e che fu combattuta dal "Regno di Piemonte" (che si chiamava, invece, "Regno di Sardegna"). Gasparri si è poi scusato parlando di un "lapsus". Certo, alle volte uno si può sbagliare, ma che un senatore della repubblica in un discorso ufficiale dica che lo stato italiano non esisteva proprio nell'anno in cui fu creato, il 1861, è leggermente preoccupante.  

Da quello che si vede nel filmato, sembra che Gasparri parlasse "a braccio", anche se aveva in mano delle note o degli appunti. Quindi, non possiamo dare la colpa a quelli che gli hanno scritto il discorso.  Gasparri ha 66 anni, non abbastanza per pensare a un inizio di demenza senile. Che cosa allora? Sarà per caso la farina di grillo (*) che ha strani effetti sulla mente umana?

E non è solo il caso di Gasparri. Leggetevi un post recente sul blog di Nicola Porro, dove Franco Battaglia si ingegna a demolire da solo un secolo di lavoro da parte di migliaia di climatologi esperti. E lo fa buttando giù qualche equazione a modo suo, sbagliando tutto (**). Fra l'altro, dimenticandosi di un esponente alla quarta potenza della temperatura che ha corretto soltanto quando un lettore glie lo ha fatto notare. E pensare che l'equazione corretta del clima l'aveva sviluppata per primo Svante Arrhenius, nel 1896, che era un chimico fisico proprio come Battaglia. Adesso, Arrhenius si starà rigirando nella tomba a pensare a cosa ha combinato un suo discendente intellettuale. Non sarà mica che anche Battaglia ha mangiato un po' di biscotti alla farina di grillo? 

Per non parlare della serie incredibile di fesserie che i televirologi e i politici ci hanno raccontato durante la pandemia. Vi ricordate di quella che diceva "distanti oggi per riabbracciarci domani"? Lo diceva Giuseppe Conte. Ci avevano detto che i lockdown dovevano durare al massimo due settimane. O quella dell'anno scorso di Enrico Letta che ci diceva che "in qualche giorno le sanzioni economiche porteranno al collasso l'economia russa"?

Non sappiamo le ragioni, ma mi sembra che la quantità di gente che parla a vanvera stia aumentando in modo preoccupante -- forse addirittura esponenziale, come si diceva del Covic. Basta solo leggere i commenti all'articolo di Franco Battaglia per rendersene conto. E la tendenza era cominciata anche prima che venisse di moda la farina di grilli. Qualunque cosa stia succedendo, speriamo bene, perché qui mi sa che stia andando sempre peggio. 


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(*) Per quelli che non sanno cos'è la farina di grillo, è una roba che va molto di moda adesso come additivo proteico agli alimentari, e c'è chi dice che ha effetti deleteri sulla salute mentale. 

(**) So che qualcuno di voi si domanda cosa ha sbagliato esattamente Franco Battaglia nel suo articoletto. Diciamo che è un tale guazzabuglio di cose sbagliate e strampalate che non sai dove cominciare a metterci le mani. Ma proviamoci, solo per divertimento. L'errore principale è quando lui tira fuori un'equazione che attribuisce all'IPCC e la scrive come ΔG = 5.67ΔT + 342Δa. Non si sa dove l'abbia tirata fuori (ah... il fastidio di linkare alle proprie sorgenti di informazione, che barba!), ma se guardate dove la faccenda viene descritta, troverete che l'equazione corretta è ΔG = 3.22ΔT. (Δa si può prendere come uguale a zero in prima approssimazione). Dato che un raddoppio della concentrazione di CO2 porta a una forzante di 3.7 W/m2, ne consegue un aumento di temperatura di circa 1.2 C. Questa stima però non tiene conto dell'effetto del vapore acqueo, un gas serra anche quello, per cui il coefficiente di ΔT è più piccolo (o, se preferite, la forzante climatica è più grande). Il risultato è un aumento di temperatura stimato di circa 3 gradi, che va abbastanza d'accordo con i risultati dei modelli climatici dettagliati e con i dati sperimentali. Ma siccome Battaglia non ha capito il ruolo del vapore acqueo, i conti non gli tornano e lui attribuisce la discrepanza all'effetto dell'albedo, che però è tutta un'altra cosa. Alla fine, Battaglia sostiene che "sembra che all’Ipcc abbiano seri problemi con la fisica elementare!" Ma non è l'IPCC che ha questi problemi, è proprio lui, Franco Battaglia, che ce li ha. Per non parlare di molte altre cose nell'articolo che non stanno né in cielo nè in terra, ma lasciamo perdere e godiamoci qualche biscottino di farina di grillo per rilassarci. 



giovedì 22 settembre 2022

Votiamo? Boh, ma perché no?


Sono anni che non guardo un notiziario in TV. Quanto ai giornali, mi può occasionalmente capitare di dare una sbirciata alla prima pagina mentre prendo un caffé al bar. Credo che questo metodo di tenermi in contatto (o meglio, fuori dal contatto) con quelle cose che chiamiamo "notizie" abbia un buon effetto sulla mia salute mentale. 

Tuttavia, fra sbirciatine e qualche accenno sul Web, mi pare di capire che ci sono due cose di cui si discute animatamente sui media in questo periodo. Una è la morte di un'anziana signora in Inghilterra. Un'altra è il rumore prodotto da un gran numero di persone di aspetto non rassicurante che vorrebbero che noi mettessimo una crocetta su un particolare quadratino in una scheda, questa settimana. 

Per l'anziana signora inglese, le mie condoglianze. Il suo nome mi suona conosciuto, anche se non l'ho mai sentita esprimere pubblicamente qualcosa che trovassi anche minimamente interessante. Per la crocetta, beh, conosco il meccanismo di questa strana cosa che si chiama "elezioni." L'ho imparato qualche anno fa, quando ho partecipato a un dibattito sull'energia nucleare, a quel tempo una delle priorità del governo Berlusconi appena eletto. 

La cosa che ho imparato in quel dibattito non riguardava l'energia nucleare, ma la democrazia. Il rappresentante del governo che partecipava ha detto subito all'inizio che lui non era lì per dibattere niente. Era lì, ci ha detto, solo per spiegare ai cittadini italiani i vantaggi che avrebbero ottenuto dalle nuove centrali. Era scritto nel loro programma elettorale che le avrebbero costruite e quindi l'idea di costruirle non era in discussione. 

Non era assolutamente vero. Nel programma di Forza Italia c'era solo la vaga promessa di "partecipare a progetti di ricerca internazionali sull'energia nucleare". Uomo bianco con accento milanese parlava con lingua biforcuta. Ma anche se qualcuno glie lo avesse fatto notare, sicuramente avrebbe ribattuto che la frase nel programma andava "interpretata" o qualcosa del genere. 

Questo era prima di Fukushima. Quando è successo, mi è quasi dispiaciuto per lui, poveraccio. 

In ogni caso, sembra che il fatto di mettere una crocetta su una certa casellina su un foglio di carta vuol dire dare il potere a certi tizi dalla faccia per niente rassicurante di fare assolutamente quello che gli pare con in nostri soldi e con le nostre vite, con l'unica condizione che, anni dopo, i cittadini potrebbero decidere di mettere la crocetta su un'altra casellina. 

E allora? Beh, allora tutta la faccenda delle elezioni è un esercizio poco utile che poi ci porterà ad avere questi tizi in grado di fare tutto quello che gli pare solo perché potranno dire di essere stati eletti dal popolo. Una volta, l'imperatore era considerato un Dio vivente, non mi sembra che ci fosse gran differenza. 

Per cui, ho il massimo rispetto per quelli che hanno deciso di astenersi. Personalmente, tuttavia, siccome ci sono delle persone intelligenti e in gamba -- e che considero miei amici -- che si presentano nella lista di ISP (Italia Sovrana e Popolare), metterò la mia crocetta sulla loro casella. Se un amico ti chiede un piacere, è il minimo che puoi fare. Per loro, lo faccio volentieri, anche se non so se gli auguro veramente di essere eletti. Personalmente preferirei una tortura con dei tratti di corda. 

E quindi andiamo avanti. Da qualche parte prima o poi arriveremo. 

UB




 

domenica 21 novembre 2021

Il grande fallimento dei modelli predittivi: il virus continua a fare quello che gli pare



In questi giorni, ho tradotto un articolo del medico svedese Sebastian Rushworth per l "Unconditional Blog." Rushworth fa del suo meglio per interpretare la situazione relativa al Covid-19 sulla base dei dati disponibili, esaminando come sono andate le cose in diversi paesi. 

Quello che fa impressione di tutta la vicenda è come il virus abbia sempre fatto a modo suo, infischiandosene alla grande dei vari provvedimenti più o meno draconiani presi dai governi. Rushworth stesso usa il termine "sorprendente" proprio nel titolo. 

Così, tutta la vicenda è iniziata con il fallimento dei modelli predittivi dei consulenti del governo inglese, quelli del famigerato "Imperial College," sui quali provvedimenti come il lockdown del 2020 erano basati. Modelli evolutissimi (o così definiti dai loro creatori) che hanno sballato completamente le previsioni parlando di almeno mezzo milione di morti nel primo ciclo epidemico nella sola Gran Bretagna. Per aggiungere beffa al danno, il rappresentante principale del gruppo di scienziati che lavorava con questi modelli, Neil Ferguson, si è poi fatto beccare a ricevere la sua amichetta a casa sua in barba al lockdown rigoroso che lui stesso aveva caldeggiato. Il grande modellista non aveva modellizzato bene il suo stesso comportamento, evidentemente.

In questo articolo, noterete come Rushworth non è che non usi i modelli. Li usa, ma nel modo giusto. Ovvero, non nel modo "predittivo" ma nel modo "interpretativo." Vale a dire che esamina l'andamento dell'epidemia sulla base alcuni semplici fatti, il principale dei quali è che tutte le epidemie seguono dei cicli a forma di campana, il che è un risultato che viene dai modelli, ma che non va preso come una profezia. Però, è una guida.

Insomma, di questa vicenda ci insegna che l'unico modo di affrontare un futuro difficile è di essere flessibili, di tener conto dei modelli, ma anche di essere sempre pronti a cambiare idea. Il che non è proprio il modo in cui si è svolto il dibattito sul covid, ma lasciamo perdere. Leggetevi l'articolo di Rushworth perché è veramente ben fatto e interessante.




ATTUALITÀ, SOCIETÀ

La sorprendente quarta ondata

Novembre 20, 2021


Covid: Arriverà la quarta ondata? Forse no, ma ancora non lo possiamo dire con certezza. Le considerazioni di Sebastian Rushworth


Nella questione Covid-19, la voce di Sebastian Rushworth, medico svedese, è sempre un punto di riferimento. Qui, Rushworth analizza le ragioni per la “quarta ondata” del virus, quella che è arrivata nell’Europa dell’Est circa un mese fa e che adesso è in declino, ma che si sta diffondendo in Germania e altri paesi. Colpirà anche l’Italia?

Rushworth fra alcune considerazioni molto interessanti in termini di vaccinazioni e di ondate virali. Nota che la quarta ondata è arrivata principalmente in paesi che avevano in qualche modo scampato la prima ondata (quella di Marzo 2020) e che quindi non avevano raggiunto ancora l’immunità di gregge. La Svezia, invece, aveva subito una prima ondata abbastanza importante, per cui adesso sembrerebbe essere immune alla quarta.

Altri paesi, invece, potrebbero essere temporaneamente protetti dalla quarta ondata dalle vaccinazioni, il cui effetto però svanisce dopo alcuni mesi. Questo spiega come Israele, i cui cittadini sono stati fra i primi al mondo a vaccinarsi, stia venendo colpito adesso da una quarta ondata.

E l’Italia? Noi abbiamo avuto una pesante seconda ondata, per cui adesso potremmo essere protetti per immunità naturale. Se questo è il caso, non avremo una quarta ondata. Ma non si può escludere un effetto protettivo dei vaccini. In questo caso, potremmo essere sull’orlo di una quarta ondata che potrebbe manifestarsi nelle prossime settimane con l’esaurirsi dell’immunità vaccinale. Come sempre, il futuro è difficile da prevedere, ma ci si può perlomeno ragionare sopra.

E’ una storia complicata, ma per certi versi affascinante. Mi è parso il caso di tradurre questo pezzo di Rushworth che considero esemplare per equilibrio e ragionevolezza. Vedete voi cosa ne pensate.


COVID-19: la sorprendente quarta ondata


Dr. Sebastian Rushworth, 202 Novembre 2021 (articolo originale)


Sono stato sorpreso, all’inizio, quando molti paesi fortemente vaccinati sono stati colpiti da una nuova ondata di covid-19 all’inizio dell’autunno. Sono rimasto sorpreso, cioè, fino a quando ho iniziato a vedere studi che mostravano che la protezione offerta dai vaccini è molto meno impressionante di quanto si pensasse inizialmente, e scende a livelli bassi dopo pochi mesi.

Alla luce di questo fattore, ho confrontato i tassi di mortalità da covid tra diversi paesi, per cercare di capire esattamente cosa sta succedendo. I tassi di mortalità sono di gran lunga preferibili ai tassi di infezione, perché sono molto meno variabili nel tempo. I tassi di positività sono variati enormemente nel corso della pandemia, poiché la quantità di test effettuati è cambiata, la definizione di ciò che costituisce un caso è cambiata, e i test stessi sono cambiati. Il numero di casi è quindi impossibile da usare come strumento per capire come la pandemia si è evoluta nel tempo. Anche se i diversi paesi definiscono i decessi per malattia in modo diverso, essi tendono ad essere abbastanza coerenti internamente nel tempo. I dati sulla mortalità sono quindi molto più affidabili di quelli dei casi di caso, e quindi molto più utili per capire come si sta evolvendo la pandemia.

Quindi, ecco la Svezia, il paese in cui vivo e che quindi conosco meglio:




Quello che vediamo inizialmente è una grande ondata nella primavera del 2020 dovuta alla variante iniziale, quella di Wuhan, poi un calo fino a praticamente zero morti a causa dell’inizio dell’estate. Ormai dovrebbe essere chiaro a tutti che il covid-19 è un virus altamente stagionale, che, come altri virus invernali, scompare in gran parte dalla tarda primavera all’inizio dell’autunno.
Vediamo poi nei dati svedesi una ricomparsa della variante di Wuhan nell’autunno del 2020, che inizia a declinare dopo pochi mesi quando viene raggiunta una sufficiente immunità della popolazione (cioè di “gregge”). Questo declino viene però fermato e contrastato da un aumento ancora più rapido dei decessi, che è dovuto all’arrivo della variante alfa britannica sulle coste svedesi.

Come può la variante alfa causare un’altra ondata se l’immunità della popolazione è già stata raggiunta, si potrebbe chiedere?

Perché la soglia dell’immunità della popolazione dipende dall’infettività e dalla trasmissibilità del virus. Più una variante è trasmissibile, più alta diventa la soglia dell’immunità della popolazione. Così, la soglia per l’immunità della popolazione contro la variante Wuhan è stata raggiunta nel dicembre 2020, ma quando è arrivata la variante alfa, la soglia è salita a un livello più alto, ed è iniziata una nuova ondata di diffusione pandemica.

Torniamo a quello che vediamo nel grafico: succede quindi che la variante alfa brucia rapidamente attraverso la popolazione e una sufficiente immunità della popolazione viene raggiunta contro la nuova variante entro la metà di gennaio 2021. Ancora una volta diventa difficile per il virus trovare nuovi ospiti, a quel punto il tasso di infezioni scende a un livello stagionale più basso ed endemico, che rimane fino all’arrivo della nuova stagione estiva.

Per coloro che vorrebbero attribuire il calo delle morti da covid a febbraio ai vaccini, vorrei far notare che solo una piccola percentuale della popolazione svedese era vaccinata a questo punto, quindi i vaccini non possono aver causato il calo.

Dopo l’estate, i livelli cominciano a salire di nuovo a un livello stagionale leggermente più alto, ma rimangono al livello basso che ci si aspetta per un virus che è ormai diventato endemico. Anche se la variante delta, altamente contagiosa, arriva in Svezia in tarda primavera e in autunno è totalmente dominante, non è in grado di creare una nuova ondata, a causa degli alti livelli di immunità preesistenti.

Vediamo situazioni molto simili per altri luoghi che, come la Svezia, sono stati colpiti duramente nella primavera del 2020. Qui c’è New York:

Ed ecco la Lombardia, in Italia (che per qualche motivo purtroppo non mostra i primi mesi del 2020):

Qui si vedono chiaramente le prime due ondate causate dalla variante Wuhan, poi la terza ondata causata dalla variante alfa, e poi niente, nonostante l’arrivo della variante delta. L’incapacità della variante delta di creare una nuova ondata in questi luoghi, in Italia e a New York, potrebbe essere spiegata in due modi – o non è sufficientemente più trasmissibile della variante alfa per generare una nuova ondata in luoghi che hanno già l’immunità della popolazione generata dalla variante alfa, o i vaccini stanno facendo il loro lavoro, per ora.

Passiamo all’India, per quello che ci insegna sulla variante delta:

All’inizio del 2021, la variante Delta nasce in India e si diffonde rapidamente nella popolazione. Il test degli anticorpi della popolazione rivela che circa il 50% della popolazione indiana viene infettato nel corso di pochi mesi, con la proporzione della popolazione con anticorpi che sale rapidamente dal 20% al 70%, a quel punto l’immunità della popolazione è sufficiente a far scendere la diffusione del virus a bassi livelli endemici. Si noti che i vaccini chiaramente non hanno avuto alcun ruolo in questo caso, poiché, proprio come in Svezia, solo una piccola percentuale della popolazione è stata vaccinata nel momento in cui il tasso di mortalità è sceso a livelli bassi.

Ora guardiamo alcuni paesi che hanno subito una quarta ondata durante l’autunno, e cerchiamo di capire perché. Ecco Israele:

Israele è stato in grado di evitare una forte diffusione del covid durante la primavera del 2020. Durante l’autunno viene colpito prima dalla variante originale di Wuhan e poi, proprio quando l’immunità della popolazione a quella variante raggiunge livelli in cui la diffusione comincia a diminuire, il paese viene colpito dalla variante alfa, con un picco di morti a fine gennaio 2021. A quel punto il 20% della popolazione è già completamente vaccinata, quindi qui il vaccino potrebbe effettivamente aver giocato un ruolo nel far scendere il tasso di mortalità. Questo potrebbe spiegare perché il tasso di mortalità in seguito scende molto rapidamente, invece di rimanere ad un livello più endemico fino a maggio, come in Svezia (che è stata molto più lenta nelle vaccinazioni).

Le morti da covid rimangono basse per tutta l’estate, come ci aspetteremmo. Poi arriviamo all’autunno 2021, e alla sorprendente quarta ondata. O non così sorprendente se si guardano i dati che ora mostrano abbastanza chiaramente che l’efficacia del vaccino scende rapidamente, anche quando si tratta di prevenire la malattia grave (il che è particolarmente vero per gli anziani fragili, che sono dopo tutto l’unico segmento della popolazione a grave rischio di covid-19).

Quindi, Israele viene colpito da una quarta ondata, come molti altri posti. Perché i luoghi discussi all’inizio di questo articolo, Svezia, Lombardia e New York, non stanno attualmente sperimentando la quarta ondata?

Per come la vedo io, ci sono due possibilità. La prima è che questi luoghi hanno sviluppato così tanta immunità naturale, grazie al fatto che hanno sperimentato un paio di mesi extra di pesante diffusione del covid-19 durante la primavera del 2020, che il covid è ormai finito in quei luoghi e non ci sono più grandi ondate in arrivo. Israele ha alti tassi di vaccinazione, ma all’inizio dell’autunno 2021 aveva sperimentato meno mesi di diffusione pandemica, e quindi aveva una percentuale inferiore della popolazione che aveva sviluppato l’immunità naturale da un’infezione precedente. È stato ormai stabilito abbastanza bene che l’immunità conferita dall’infezione è molto più durevole di quella conferita dalla vaccinazione, quindi questa è un’ipotesi ragionevole, ora che sappiamo che l’immunità generata dai vaccini è così fugace.

Può essere istruttivo, qui, guardare all’Europa dell’Est. I paesi dell’Europa orientale sono stati particolarmente colpiti quest’autunno. Qui c’è la Bulgaria:


Ed ecco la Slovacchia:

Notate qualcosa di speciale in questi posti?

Penso che due cose siano importanti a cui prestare attenzione. Primo, entrambi i luoghi sono stati quasi completamente risparmiati nella primavera del 2020. In secondo luogo, entrambi i luoghi avevano ancora un alto grado di diffusione virale quando l’inizio dell’estate ha fatto cadere le infezioni. Non hanno quindi mai raggiunto l’immunità della popolazione alle varianti più infettive, e quindi è sensato che abbiano visto una ricomparsa nell’autunno del 2021.

Quindi, la prima possibile spiegazione che ho menzionato per il motivo per cui alcuni luoghi non stanno sperimentando una quarta ondata è che quei luoghi ora hanno una sufficiente immunità naturale della popolazione, che li sta proteggendo. La seconda opzione è che questi luoghi stiano attualmente godendo di una protezione temporanea, data dal fatto che hanno vaccinato le loro popolazioni più tardi rispetto a luoghi come Israele. Se questo è il caso, allora si dirigeranno verso la quarta ondata in un altro mese o due.

I dati della Germania suggeriscono che la prima alternativa è più probabile che sia vera. Ecco come appare la curva per la Germania. Attualmente sembra dirigersi verso una quarta ondata.


Notate che la Germania, come Israele, è stata a malapena toccata da covid-19 durante la primavera del 2020. Invece ha avuto una grande ondata durante l’inverno del 2020/2021, causata dalla variante di Wuhan. Poi c’è stato un piccolo picco causato dalla variante alfa, che è cresciuta fino a diventare il ceppo dominante in Germania in aprile. La variante alfa è stata comunque impedita dal causare una nuova grande ondata dall’arrivo della stagione più calda. Durante questo periodo, la Germania ha vaccinato in massa la sua popolazione, con la maggior parte delle vaccinazioni tra marzo e giugno. Questo è molto simile alla Svezia, che ha anche vaccinato la maggior parte della sua popolazione tra marzo e giugno.

Allora perché la Germania sta vivendo una recrudescenza ora, e la Svezia no?

Chiaramente, non può essere dovuto al fatto che la Germania sia stata vaccinata prima e abbia perso l’immunità prima, dato che entrambi i paesi hanno vaccinato le loro popolazioni nello stesso periodo. Per questo motivo sono incline a favorire la prima ipotesi, che la Svezia abbia costruito una maggiore immunità della popolazione, per la semplice ragione che il covid ha iniziato a diffondersi massicciamente in Svezia nella primavera del 2020, ma non ha iniziato a diffondersi ampiamente in Germania fino all’autunno del 2020. Quindi, anche se l’effetto dei vaccini è già scemato in entrambi i paesi, la Svezia è protetta dalla sua diffusa immunità naturale della popolazione, mentre la Germania no. Se questo è il caso, allora la Svezia non dovrebbe vedere un’altra grande ondata. Tra un mese o due sapremo qual è la verità della questione.



sabato 10 luglio 2021

Il fotovoltaico: un’occasione che il Paese non dovrebbe assolutamente perdere

 Dal Blog di Ugo Bardi sul Fatto Quotidiano, 24 Giugno 2021

Affitto di impianto fotovoltaico.

Immaginatevi un conto in banca che vi rende il 100% di interessi. Ovvero, dopo che ci avete depositato 1000 euro, a fine anno ve ne da altri mille, e così via ogni anno. Lo vorreste un conto in banca così!

Ovviamente, non esiste un conto in banca che renda così tanto, ma esistono delle tecnologie che rendono a livelli del genere, sia pure non in termini monetari ma energetici. C’è un articolo pubblicato questo mese da Fthenakis e Leccisi che fa il punto della situazione e trova una resa veramente eccellente della tecnologia fotovoltaica dovuta ai miglioramenti tecnologici degli ultimi 5-7 anni. In pratica, per una buona insolazione, come potremmo avere nell’Europa del sud, un impianto fotovoltaico restituisce l’energia necessaria per costruirlo in un anno, circa! Siamo ormai ai livelli del petrolio ai tempi d’oro, quando era abbondante e costava poco, e forse neanche il petrolio faceva così bene.

Eolico-fotovoltaico, cosa prevede il Recovery italiano? “Il piano snellisce la burocrazia, ma non indica la strategia per centrare gli obiettivi” – Schede tecniche

Quello di Fthenakis e Leccisi non è il solo articolo che arriva a questa conclusione, tutti gli studi recenti sull’argomento arrivano a conclusioni simili. Gli ultimi dati sui costi ve li potete leggere, per esempio, su un articolo recentissimo su “EDP Science”. In sostanza, l’energia elettrica prodotta per via fotovoltaica è spesso la meno cara in assoluto, la crescita delle installazioni continua a eccedere le previsioni, e si parla ormai di “rivoluzione fotovoltaica.” Siamo di fronte alla possibilità reale di eliminare i combustibili fossili una volta per tutte dal sistema energetico globale.

Ora, lo so che siete già con le dita sulla tastiera a scrivere nei commenti “ma la variabilità?” “Ma io i pannelli non li voglio vedere di fronte a casa mia!” “e lo smaltimento?” e cose del genere. Lo so. Queste cose le sanno tutti. Però, ragionateci anche un po’ sopra.

Abbiamo una tecnologia che costa meno delle altre, che è particolarmente adatta all’Italia, “il Paese del Sole,” e che ci permette di produrre energia in casa nostra senza doverla importare a caro prezzo. Abbiamo anche l’ulteriore vantaggio di avere montagne che possiamo usare per lo stoccaggio dell’energia in forma di bacini idroelettrici. Ci sono molti altri modi per gestire la variabilità: non è un problema irrisolvibile. Poi, per lo smaltimento dovremo investirci sopra, certo. Ma tenete conto che gli impianti fotovoltaici non usano materiali rari o inquinanti. Si possono riciclare senza grandi problemi e sicuramente lo faremo nel futuro. Al momento, è un problema marginale.


Insomma, il fotovoltaico è un’occasione che non dovremmo assolutamente perdere per rilanciare il “sistema paese” in Italia. E, in effetti, le cose stanno andando benino. In Italia siamo arrivati al 10% di produzione di energia elettrica da fotovoltaico ed è un bel risultato dal quale si può partire per decarbonizzare per davvero il sistema energetico. Sembra che a livello nazionale certe cose siano state capite. Lo potete leggere nel Pniec, Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima, che prevede un ruolo fondamentale per le tecnologie rinnovabili, e in particolare per il fotovoltaico.

Rimane però una resistenza di retroguardia formata da una coalizione piuttosto male assortita che include le aziende petrolifere, i nuclearisti ad oltranza, i miracolisti della fusione fredda, quelli che stanno ancora pagando le cambiali per la macchina diesel e, in generale, tutta una sezione del movimento ambientalista che rifiuta ogni cambiamento in nome di una decrescita che secondo loro dovrebbe essere “felice.”

A ognuno le sue opinioni ma, in pratica, a questo punto la sola cosa che può bloccare la rivoluzione fotovoltaica è la burocrazia, forse l’unica entità veramente “inesauribile” nell’universo. Anche su questo, il governo sembra intenzionato a fare qualcosa per snellire le procedure e rendere più rapidi i processi di installazione. Non sarà facile, ma con un po’ di pazienza ci arriveremo.


martedì 25 febbraio 2020

Coronavirus: Il Ritorno degli Untori

 

Questo post è una traduzione di un testo in inglese pubblicato su "Cassandra's Legacy" -- è scritto per dei lettori non-Italiani, ma mi è sembrato comunque interessante tradurlo e presentarlo qui.



Alessandro Manzoni (1785-1873) fu uno dei più grandi scrittori italiani della storia, noto anche al di fuori dell'Italia per il suo romanzo "I Promessi Sposi". Manzoni è vissuto molto prima dell'esistenza dei social media e, ai suoi tempi, anche i giornali erano qualcosa di nuovo. Ma era un ottimo osservatore della società e oserei dire che potrebbe essere visto come uno dei primi creatori della scienza che oggi chiamiamo "memetica", la scienza della diffusione delle idee ("meme") .

Nei Promessi Sposi e nel successivo saggio storico "Storia della colonna infame", Manzoni racconta la storia della peste bubbonica di Milano del 1629-1631. Colpendo una società già indebolita da una carestia precedente e dal disastro della guerra dei 30 anni, la peste uccise quasi il 50% della popolazione. Coloro che l'hanno vissuta sono stati preda di un'illusione che li ha portati a pensare che la peste fosse causata dalle azioni dei malvagi definiti "untori", una parola ben nota in italiano ma difficile da tradurre in inglese. Letteralmente, significa "ingrassatori" e si riferisce a persone che diffonderebbero sostanze velenose su persone e cose al fine di diffondere l'infezione - il termine potrebbe anche essere tradotto come "spargitori di peste". Si diceva che gli untori si impegnavano nell'infettare la gente perché posseduti dal diavolo, forse per guadagni politici o economici, o semplicemente perché erano malvagi.

Il romanzo e il saggio di Manzoni forniscono un resoconto straordinario di come il meme degli untori si era diffusa tra i cittadini di Milano al punto che diverse persone innocenti furono linciate per strada. Altri furono accusati, torturati e costretti a confessare i loro presunti crimini. Quindi furono processati in tribunali che non fecero di più che dar voce alla pazzia della folla. Molti furono giustiziati e, in un caso, fu eretta una colonna di pietra ("La colonna dell'infamia") per commemorare l'esecuzione di due di loro.

In questa storia, possiamo immediatamente riconoscere il nostro mondo: l'esistenza dei malvagi untori è un classico esempio di fake news. La reazione aggressiva del pubblico è qualcosa che vediamo ogni giorno sui nostri social media dove, per fortuna, le persone non sono linciate per davvero (finora). Un tocco particolarmente interessante di Manzoni è il personaggio immaginario di Don Ferrante, un mediocre intellettuale mediocre che trova un momento di popolarità quando inizia a dichiarare che la peste non esiste o che, in ogni caso, non è contagiosa, anzi è il risultato di una strana congiunzione astrale. Riconosciamo in questo personaggio alcuni dei nostri moderni "scettici" che sostengono più o meno la stessa cosa sui cambiamenti climatici. Alla fine, anche Don Ferrante si ammala di peste, ma fino all'ultimo momento continua a negare che esista. Muore maledicendo le stelle!

Alcune cose sono senza tempo e non dipendono dall'esistenza di Internet o persino dei media stampati. Ma oggi sicuramente il Web può diffondere odio e notizie false a una velocità incredibile. In Italia, l'epidemia di COVID-19 è arrivata solo qualche giorno fa e i social media stanno già esplodendo in un'ondata di odio contro gli untori odierni, che si suppone siano i Verdi, il Governo, i Comunisti, gli Immigrati, gli Africani e in in generale i "do-gooders" (in italiano, "buonisti") che non hanno fatto nulla per evitare la diffusione della pandemia quando era ancora possibile fermarla.

Nel complesso, il coronavirus è una minaccia che non può essere nemmeno lontanamente paragonata alla peste bubbonica, ma la reazione generale più o meno la stessa: la folla vuole il sangue. Lo affermano chiaramente nei loro commenti (solo un esempio che ho letto ieri: "Sono una madre, se i miei figli si infettano, voi comunisti morirete per primi). Curiosamente, queste sono spesso le stesse persone che accusano gli scienziati del clima di essere "allarmisti".


All'inizio, i leader della destra italiana sembravano intenzionati a usare il coronavirus come strumento per far cadere l'attuale governo di centro-sinistra. Ma sembra che ora si siano tirati un po' indietro, lasciando ai loro seguaci di basso livello il compito di soffiare sul fuoco della polemica. Quindi, vediamo un certo grado di razionalità ancora presente: sperabilmentenon vedremo gente linciata per strada accusata di essere untori (ma abbiamo visto attacchi fisici a persone di aspetto cinese - fortunatamente senza vittime, finora).

La situazione si sta evolvendo rapidamente e vedremo cosa succederà nei prossimi giorni. Una cosa che è già chiara, comunque, è che l'attuale sistema politico, polarizzato com'è, rende impossibile affrontare le emergenze senza esagerare la minaccia o, al contrario, negarla. In tutti i casi, una delle due parti è tentata di cavalcare il problema per guadagnare trazione nel gioco politico. È un disastro che non porta da nessuna parte. Lo stiamo vedendo bene per i cambiamenti climatici e non solo in Italia: con questo sistema decisionale, non possiamo controllare nulla. Possiamo solo sperare in bene (un concetto espresso in italiano come "lo stellone" ).


Nota: Manzoni non era uno scrittore prolifico. Oltre alle poesie, ci ha lasciato un romanzo, due tragedie e un lungo saggio. Tutti meritano assolutamente una lettura. In particolare, se avete tempo, leggete l' "Adelchi". La storia di questo principe longobardo è scritta in uno stile che per noi è un po 'insolito, ma è una storia potente, veramente epica e umana allo stesso tempo. Prefigura il nostro fascino moderno per il Medioevo. Maggiori informazioni su questo argomento sul mio blog "Chimere"

sabato 1 giugno 2019

Ma i Giapponesi sono più intelligenti degli Italiani?

Giapponesi molto intelligenti


In questi giorni, mi è capitato davanti un qualcosa abbastanza allucinante, Un rapporto OCSE di cui vi passo qualche dato qui di seguito.


Allora, quello che vedete sono i punteggi ottenuti ai test da italiani e da giapponesi a seconda dei vari livelli scolastici; "secondary" sta per "scuole medie", mentre "tertiary" significa "università"

Vedete come i giapponesi con un titolo di studio liceale hanno un livello medio di alfabetizzazione leggermente superiore di quello dei laureati italiani. Questo mi spiega, fra le tante cose, la ragione di certe esperienze allucinanti che ho avuto con i miei studenti. In ogni caso, è solo uno dei dettagli del rapporto OCSE, dove l'Italia ne esce con le ossa rotte non solo in confronto con il Giappone. Ovviamente, questo non vuol dire che gli Italiani siano più stupidi dei Giapponesi o di altri, però l'intelligenza deve essere accoppiata con un certo grado di cultura e di competenza, altrimenti serve a poco.


In sostanza, niente di nuovo: la scuola italiana è un disastro e lo sappiamo tutti. Non credo che ci siano colpe particolari in questa vicenda, è solamente la combinazione di un certo numero di fattori che si auto-rinforzano. Un paese economicamente debole, strangolato dalla burocrazia e governato da una classe di parassiti ignoranti si trova in difficoltà in una situazione di competizione internazionale sempre più dura.

Ne consegue che l'economia va male e i nostri studenti non trovano che studiare sia un buon investimento del loro tempo. Come dico spesso, prendersi una Laurea oggi vuol dire cinque anni di sofferenze in cambio di una vita di disoccupazione. I migliori se ne vanno a lavorare all'estero, lasciando qui i meno bravi che diventano politici o insegnanti. La scuola ne risente in termini di qualità, quelli che cercano di far qualcosa per migliorare si trovano di fronte a un muro di burocrazia che impedisce di fare qualsiasi cosa.

Ma, consoliamoci, in qualsiasi cosa si può sempre peggiorare. Dopo che qualcuno ha parlato di ritornare al grembiulino per le elementari, qualcuno potrebbe proporre seriamente di tornare al Minculpop. Oppure, potrebbe piovere.












domenica 3 settembre 2017

Il Paese dei Polli Bagnati


Non so se vi è mai capitato di vedere un pollaio quando comincia a piovere. Di solito, i polli non sono furbi abbastanza da capire che possono ripararsi da qualche parte e se ne stanno sotto l'acqua, un po' perplessi, al massimo arruffando le penne.

Questa cosa dei polli bagnati mi è venuta in mente pensando a come la storia dell'Uragano Harvey è stata percepita in Italia. Sapete che Harvey ha avuto un grosso impatto negli Stati Uniti, non solo per i danni che ha fatto, ma per come ha stimolato il dibattito sul cambiamento climatico.

Tutto il "mainstream" negli USA si è perlomeno domandato se c'era un legame fra il disastro e il riscaldamento globale, spesso concludendo che, si, questo legame esiste. Questo ha fatto imbestialire lo zoccolo duro dei negatori della scienza del clima che hanno risposto nel solito modo, senza rendersi conto che più si dibatte sul clima, più la verità viene fuori e questo non è bene per loro.

Qui da noi, invece, l'uragano Harvey è stato un flop clamoroso. Forse è soltanto una mia impressione, ma, a parte il minimo dovuto, non si è visto nessun dibattito sui media nazionali sul come è perché l'uragano è stato rinforzato dal riscaldamento globale. Che la storia di Harvey non interessasse a nessuno, l'ho visto più che altro da un post che ho pubblicato sul "Fatto Quotidiano". Non vi so dire quanta gente lo abbia visto, ma l'interesse si vede dal numero di commenti e qui ce ne sono stati meno di 40, ben pochi rispetto alla media dei miei post. Per esempio, il mio post sulla falsa petizione sul clima di Zichichi ne aveva avuti più di 700.

E qui mi sono venuti in mente i polli bagnati. Ancora, è una mia impressione, ma forse sarete d'accordo che qui in Italia il dibattito sugli argomenti seri è quasi completamente svanito dai media, sia da quelli "social" come da quelli "mainstream". Così, il dibattito (se così lo vogliamo chiamare) è tutto una serie di insulti: alla Boldrini, agli immigrati, ai musulmani, ai furbetti, alla Merkel, all'Euro, ai vaccini, e così via. Il resto, semplicemente non esiste. Gli Italiani sembrano veramente dei polli sotto la pioggia che non sanno dove ripararsi; anzi, dei polli che non si rendono nemmeno conto che sta piovendo.

E, in particolare, non esiste il problema del cambiamento climatico. Quest'estate, quando c'erano 42 gradi a Firenze, ho provato a domandare a qualcuno se non gli sembrava che ci fosse qualcosa che non andava. La risposta è stata normalmente qualcosa tipo, "perché? Non siamo in Estate?" E avanti come se niente fosse.

Speriamo almeno che piova un po' dopo questa terribile estate.




mercoledì 23 dicembre 2015

Italia 2015: l'impennata nel tasso di mortalità mostra che la crescita economica non è la soluzione a tutti i problemi.



Ha destato un certo interesse sulla stampa un articolo di Giancarlo Blangiardo apparso su "Neodemos" il 22 Dicembre 2015. intitolato, "68 mila morti in più nel 2015." Molti hanno trovato la cosa sorprendente e lo stesso Blangiardo specula che possa essere dovuto al degrado delle strutture sanitarie dovuto alla carenza di risorse.

L'articolo di Blangiardo è basato sui dati riportati nella figura qui sopra (presa dall'articolo stesso). Come si vede, i dati sono ancora incerti ma, nel complesso, la tendenza è abbastanza chiara.

In particolare, il picco delle morti a Luglio, potrebbe essere correlato all'ondata di calore di questa estate, molto più calda di quella dell'anno precedente. Che le ondate di calore abbiano un effetto negativo sulla salute, specialmente degli anziani, è ben noto, e su questo non ci sarebbe niente di sorprendente. Lo stesso Blangiardo nota come l'aumentata mortalità sia associata alla fascia più anziana della popolazione

Ma come si inserisce questo risultato nelle tendenze un po' più a lungo termine? Ho trovato questi dati da "Index Mundi," a loro volta basati sul "factbook" della CIA.
 

La prima cosa che si nota in questo grafico è il crollo del tasso di mortalità nel 2011. Non c'è stato nessun evento particolare che lo possa giustificare, per cui credo che sia soltanto un artifatto dovuto al censimento del 2011 che ha causato un aggiustamento dei dati. In pratica, il tasso di mortalità è stato in continuo aumento dal 2000 al 2012, di circa l' 1% -2% all'anno.  Questo è in gran parte un risultato naturale dell'invecchiamento della popolazione.

Ne consegue che l'aumento di circa l'11% nella mortalità nel 2015, riportato da Blangiardo, è effettivamente un'impennata sorprendente; messo sul grafico, il dato va quasi fuori scala. E' un risultato che va preso con cautela, essendo i dati ancora provvisori. Ma certamente è una cosa preoccupante che va ben oltre a un semplice effetto del graduale invecchiamento della popolazione.

Ci sono vari fattori che potrebbero essere in gioco ma, sicuramente, l'impoverimento della popolazione italiana e uno di essi, con il correlato degrado delle strutture sanitarie. Poi, la calura estiva, e forse anche l'inquinamento in crescita, hanno messo qualcosa in più. E, come ultimo fattore, anche l'invecchiamento generale della popolazione. Il risultato è quello che vediamo. E probabile che non sarà l'ultimo di questi picchi di mortalità.

Insomma, situazione difficile in Italia e, a questo punto, la retorica del governo sul "meglio che sta arrivando" rischia di fare ulteriori danni. Questo per non parlare dello slogan di qualche anno fa "viva l'Italia viva" che, visto in luce degli ultimi dati sulla mortalità, suona decisamente male.

Tutto il cosiddetto "meglio" che arriva dovrebbe essere il risultato della crescita economica; cercata a tutti i costi senza troppo preoccuparsi dell'effetto sul clima e sull'inquinamento. Quest'anno, qualche risultato in termini di crescita (forse) si è visto, ma se è stato ottenuto a spese della salute dei cittadini, non ne valeva certamente la pena



mercoledì 15 luglio 2015

Viva l'Italia! Il “paese del sole” può raggiungere il milione di impianti fotovoltaici?

DaResource Crisis”. Traduzione di MR

Di Ugo Bardi


Nonostante l'inarrestabile disastro economico, nonostante la disoccupazione, la burocrazia, la tassazione eccessiva, il malgoverno, la corruzione, la mafia e tutto il resto, gli italiani stanno reagendo almeno in un settore: nelle energie rinnovabili, specialmente nel fotovoltaico.

Potete vedere le tendenze in Italia nell'immagine qui sotto (da assoelettrica). Notate come il numero di impianti stia crescendo più rapidamente della potenza installata, indice della tendenza verso i piccoli impianti.

giovedì 25 giugno 2015

Il discorso di Matteo Renzi: un monito forte sulla necessità di agire contro il cambiamento climatico...... o forse no?


Tradotto e adattato da "Resource Crisis"


Qualche giorno fa, Matteo Renzi  è intervenuto in un incontro dedicato alla situazione del clima. Il suo discorso in questa occasione potrebbe essere preso come un invito ad agire contro il cambiamento climatico ma, in realtà, è un buon esempio di come un astuto politico riesce sempre a dire tante cose, senza però dire niente. E' uno stile di politica che non è tipico soltanto della situazione italiana, ma ormai universale.

Così, mi sono preso la libertà di riprendere le frasi principali del discorso di Renzi, come riportate da "La Repubblica" e espanderle con il loro vero significato (Grassetto: le parole di Renzi)



"Io non credo alla cultura della negatività e del pessimismo: sono ottimista, ma occorre assumersi della responsabilità e il tempo delle scelte è oggi" - Comincio con una bella banalità, ma non pensate che sia la sola!

"...Dire che per noi il clima è una priorità, è restituire un senso di identità al nostro paese" Il che è, ovviamente, un'altra bella banalità, ma ha uno scopo. Notate che ho detto "una" priorità e non ho detto quali sono le altre priorità. Così, come vi potete immaginare, ci saranno sempre delle priorità più prioritarie del clima (e ora vi dirò quali sono).

"Oggi, il nostro nemico è il carbone", e questo lo posso dire dato che in Italia non usiamo molto carbone; così posso prenderlo come lo spauracchio del momento senza offendere le lobby dei combustibili fossili che mi finanziano. Inoltre, mi da la scusa di dire che altri combustibili fossili sono puliti in confronto.


"Fra 40-50 anni avremo bisogno di andare ben oltre la lotta a questo combustibile" Notate che sto dicendo che tutta la lotta al cambiamento climatico si riduce alla lotta a un combustibile che in in Italia praticamente non si usa - non è una bella cosa?  Questo vuol dire che non c'è bisogno di fare niente contro il cambiamento climatico per i prossimi 40-50 anni. E questo la dice lunga su come la penso in proposito.

"Dobbiamo essere capaci di dire le cose come stanno, cioè che le rinnovabili da sole non bastano"  La solennità con la quale dico questa cosa banale non vuol dire che capisco qualcosa di energia rinnovabile. Vuol dire solo che rappresento un'altra lobby. 

"Da qui a domani mattina non finiscono né il petrolio né il gas" E questa è un'altra bella banalità ma è per farvi capire esplicitamente, nel caso siate veramente molto tonti, quali sono le mie priorità. Non siete contenti?





giovedì 2 aprile 2015

10 buone ragioni per non trivellare

Un interessante articolo di Giuliano Garavini che si fa tutte le domande giuste. Dal blog dell'associazione "Paolo Sylos Labini"



Un articolo di Giuliano Garavini

Il decreto legge chiamato “sblocca Italia”, tra le altre cose, è anche un decreto “sblocca trivelle”.  Le decine di migliaia di cittadini che vi sono opposti in tutta Italia sono stati definiti con disprezzo “comitatini”.

Ecco dieci buone ragioni per interrompere da subito esplorazioni e trivellazioni sia in Adriatico che sulla terraferma.

1. Oggi l’offerta mondiale di petrolio è maggiore della domanda. Il prezzo del Brent si aggira sui 55 dollari al barile, meno della metà della sua quotazione a giugno del 2014. In queste circostanze lasciare il petrolio sottoterra è il modo migliore per valorizzarlo. Estrarlo è invece il modo migliore per sperperare una ricchezza non rinnovabile che in futuro varrà di più.

2. Non solo non si dovrebbe procedere a nuove trivellazioni, ma lo Stato dovrebbe imporre ai pozzi in funzione di ridurre la produzione. Se c’è troppo petrolio e i prezzi calano in modo abnorme, bisogna produrne di meno in previsione di tempi migliori. Si può fare e si deve fare: la regolazione statale della produzione l’hanno inventata e imposta per primi negli anni ’30 quel paradiso dei petrolieri che sono gli Stati Uniti, attribuendo il potere di controllo ad un’istituzione chiamata Texas Railroad Commission.

3. Le royalty pagate in Italia sulla produzione di greggio sono oltraggiosamente basse: tra il 7 e il 10 per cento per il petrolio su terra e il 4 per cento per quello in mare. A questo si aggiunge lo scandalo che le prime 20mila tonnellate di petrolio prodotto su terraferma e 50mila prodotte in mare sono del tutto esenti royalties! Le royalties non hanno nulla a che vedere con le tasse (quelle che le società pagano sui loro profitti). Esse rappresentano il corrispettivo che gli operatori (società petrolifere) pagano al proprietario del terreno per sfruttare una risorsa naturale esauribile. In tutto il mondo (tranne negli Stati Uniti) il proprietario del terreno è lo Stato. l voler seguire l’esempio della Germania le royalty pagate in Bassa Sassonia sono oggi del 37 per cento! La prima cosa da fare è raddoppiare le royalties al 20 per cento. Ogni punto di royalty meno del 20 per cento è un furto ai danni dei cittadini italiani. La produzione del tutto esente da royalty è un furto con scasso.

4. Gli italiani non traggono alcun beneficio diretto dal consumare petrolio prodotto sul territorio nazionale. Al consumatore italiano non cambia nulla, una volta che fa il pieno dal benzinaio, che il petrolio venga dalla Basilicata o dal Golfo Persico. Tanto vale comprarlo nei Paesi dove esso può essere prodotto con minori danni per l’ambiente e a costi molto più bassi. Quelli che parlarono di “sicurezza energetica” in relazione al gas e al petrolio prodotto in Italia sono comici involontari. L’Italia potrebbe garantirsi la “sicurezza energetica” solo in due modi: smettendo di utilizzare del tutto le energie fossili o tornando a colonizzare la Libia.

5. Secondo gli studi di Nomisma, gli unici effettuati (Prodi è tra i grandi sponsor delle trivellazioni), lo Stato incasserebbe da un raddoppio della produzione di idrocarburi circa 1,2 miliardi di euro l’anno per i prossimi dieci anni. Ma lo studio era del 2014, prima del tracollo dei prezzi del petrolio! Oggi queste stime andrebbero per lo meno dimezzate a 600 milioni di euro l’anno. Dunque si tratterebbe di un introito, certo interessante in tempo di vacche magre, ma assolutamente irrisorio se comparato alla liquidazione delle riserve italiane: un patrimonio per le generazioni future cui finora abbiamo lasciato in eredità solo un bel cumulo di debito pubblico.

6. Nessuno ci ruba il nostro petrolio. Questo lo dicono i gran maestri delle trivellazioni con in testa (scusate il gioco di parole) Chicco Testa. Testa e sodali affermano che in Adriatico, se non lo fanno gli italiani, saranno i Croati ad estrarre il nostro gas e il nostro petrolio ciucciandocelo via da sotto il naso. Cito il Presente di Federpetroli Marsiglia che di idrocarburi dovrebbe intendersene: “Un giacimento è molto vasto, formato da vari pozzi. Sono stupidaggini di persone non competenti quando si legge che la Croazia ci ruberà il nostro petrolio. Non perdiamo idrocarburo”.

7. Argomento ricorrente dei trivellatori è che gas e petrolio italiani ridurrebbero la bolletta energetica degli italiani. A parte che questo sarebbe vero solo se a produrre idrocarbuti fosse unicamente l’ENI (cosa che non è). Bisogna poi capire quanti dei soldi intascati dall’ENI restino effettivamente nel nostro Paese reinvestiti per creare occupazione e nella ricerca, quanti finiscano nella casse di società controllate di ENI, magari in Olanda, o peggio vengano utilizzati per pagare tangenti in Algeria o in Nigeria.

8. Il patrimonio paesaggistico, storico e artistico dell’Italia è, oltre che un bene comune da preservare, anche una fonte di reddito indiscutibilmente superiore a qualsiasi possibile incasso dalle vendita di idrocarburi. Visitando una piattaforma ENI in Adriatico posso testimoniare che l’azienda presta la massima attenzione alla sicurezza e che il personale tecnico della società è degno della massima fiducia. Ma si riuscisse pure a scongiurare ogni possibile fuoriuscita di gas o di olio, si riuscisse a mitigare l’impatto sull’ambiente marino delle trivellazioni, come si fa a non tenere in considerazione l’impatto di centinaia di piattaforme in mezzo al piccolo mare Adriatico? E cosa resterà di questo cimitero di ferro arrugginito una volta terminato il proprio lavoro di suzione? Difficile non ritenere questo scenario una terribile pubblicità negativa per il turismo.

9. L’Italia è un Paese densamente popolato, a forte rischio idrogeologico, soggetto a terremoti. Ogni volta che la terra si scuote riprendono i dibattiti scientifici sul ruolo delle estrazioni di petrolio e di gas e delle “reiniezioni” nei pozzi nello stimolare i terremoti. Ancora una volta: perché non comprare petrolio da Paesi che sono semidesertici e che dai proventi della vendita degli idrocarburi, pagati il loro giusto prezzo, possono ricavare le risorse che servono sia per sostentare al meglio la propria popolazione che per approfittare della manifattura e delle competenze italiane? Anche in Paesi come l’Algeria, che dipendono in tutto dagli introiti degli idrocarburi, vi sono vivaci e coraggiosissime proteste contro il fracking in pieno deserto. Non dovremo dare l’esempio anche noi prendendoci cura del nostro territorio?

10. La vera fonte energetica del futuro, prima ancora delle rinnovabili, è il “risparmio energetico”. Questa è una frontiera che ha praterie davanti a sé e nella quale dovrebbero investire le imprese energetiche italiane, diversificando opportunamente la propria attività. A me, per esempio, fa piacere vedere ENI associata al car-sharing. Solo dal risparmio energetico può nascere un vero beneficio per la bolletta energetica dell’Italia, accoppiata ad miglioramento della qualità della vita dei cittadini. Il binomio perfetto. Occorre permettere alle società energetiche di guadagnare sul risparmio energetico, sulle nuove tecnologie e sull’efficienza delle infrastrutture. Regalare loro petrolio va nella direzione opposta.