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lunedì 14 marzo 2016

Emergenza Clima: un articolo di Hansen e Sato




Sembra proprio che siamo arrivati a una seria emergenza climatica, con le temperature di Febbraio che hanno schiantato tutti i record precedenti. Non sappiamo cosa potrebbe succedere nel prossimo futuro, ma sicuramente niente di buono. Nell'articolo che segue, Hansen e Sato fanno il punto sulla situazione. (Immagine: temperature di Febbraio da think progress)




Cambiamenti climatici regionali e responsabilità nazionali


di James Hansen e Makiko Sato [a]
(Earth Institute | Columbia University)

Traduzione di Stefano Ceccarelli

da: Climate Science, Awareness and Solutions

Il riscaldamento globale di circa 0,6°C rispetto ai decenni passati ora “blocca i dadi del clima”. La Fig. 1 aggiorna l’analisi delle curve a campana del nostro studio del 2012 [1] per le terre dell’emisfero settentrionale, che mostravano come estati estremamente calde ora si verificano significativamente più spesso di quanto avvenisse 50 anni fa. Il nostro nuovo studio [2] mostra che ci sono forti variazioni regionali nello scostamento di queste curve a campana, e che gli effetti più marcati avvengono nelle nazioni meno responsabili del cambiamento climatico.

Negli USA lo scostamento della curva a campana è di solo una deviazione standard (una misura della tipica fluttuazione annuale delle temperature medie stagionali) in estate e meno di metà deviazione standard in inverno (Fig. 2). Misurato in unità di °C, il riscaldamento è simile in estate e in inverno negli USA ma l’implicazione pratica della Fig. 2 è che le persone negli USA dovrebbero avvertire che le estati stanno diventando più calde, ma è meno probabile che notino la variazione in inverno. Estati più fresche della media delle estati del periodo 1951-1980 ancora si verificano, ma solo il 19% circa delle volte. Il calore estremo estivo, definito come almeno 3 deviazioni standard più caldo della media 1951-1980, che non avveniva quasi mai 50 anni fa, oggi si verifica con frequenza di circa il 7%.

Il riscaldamento in Europa (si veda l’articolo) è poco più accentuato che negli USA. In Cina (Fig. 2) il riscaldamento è ora quasi 1½ deviazioni standard in estate e una deviazione standard in inverno, vale a dire un cambiamento climatico che dovrebbe essere evidente per persone abbastanza anziane da ricordare il clima di 50 anni fa. In India, gli scostamenti della curva a campana (vedi articolo) sono leggermente più ampi che in Cina.

Nell’area mediterranea e in Medio Oriente lo scostamento della curva a campana in estate è di quasi 2½ deviazioni standard (Fig. 2). Ogni estate è oggi più calda della media climatica del periodo 1951-1980, e il periodo con clima estivo è oggi considerevolmente più lungo. Poiché le estati sono già molto calde in queste regioni, il cambiamento ha influenza sulla vivibilità e sulla produttività, come diremo più avanti. Gli scostamenti della curva a campana nei tropici, compresa l’Africa centrale (vedi articolo) e il Sudest asiatico (Fig. 2), aree anch’esse già molto calde, sono di circa 2 deviazioni standard ed avvengono tutto l’anno.


Fig. 1. Frequenza delle anomalie della temperatura locale (relative alla media 1951-80) in funzione della deviazione standard locale (asse orizzontale) per le terre dell’emisfero boreale. La fila in alto si riferisce all’estate (da giugno ad agosto) e la fila in basso all’inverno (da dicembre a febbraio). Maggiori dettagli nei nostri lavori del 2012 e 2016.


Fig. 2. Frequenza delle anomalie della temperatura locale (relative alla media 1951-80) in funzione della deviazione standard locale (asse orizzontale) per le terre delle aree mostrate sulla mappa. L’area sottesa da ciascuna curva è unitaria. I numeri sulle mappe rappresentano la percentuale del globo coperta dalla regione considerata. Gli scostamenti (shift) si riferiscono alla linea tratteggiata adattata ai dati 2005-2015 e sono relativi al periodo base.

I tropici e il Medio Oriente in estate sono a rischio di diventare praticamente inabitabili per la fine del secolo se le emissioni di combustibili fossili continueranno secondo lo scenario business as usual (BAU), poiché la temperatura di bulbo umido potrà avvicinarsi al livello nel quale il corpo umano non è più in grado di raffreddarsi all’aria aperta neanche in presenza di adeguata ventilazione [3]. Anche un riscaldamento più contenuto rende la vita più difficile in queste regioni e riduce la produttività, in quanto le temperature si avvicinano al limite della tolleranza umana e il lavoro agricolo e in edilizia sono principalmente attività che si svolgono all’esterno. I paesi delle latitudini intermedie hanno una temperatura media quasi ottimale per la produttività del lavoro, mentre i paesi più caldi quali l’Indonesia, l’India e la Nigeria si collocano su un pendio ripido con una produttività che declina rapidamente all’aumentare della temperatura (vedi fig. 2 di Burke et al. [4], 2015).

Il riscaldamento e gli effetti climatici non sono uniformi all’interno delle regioni prese in considerazione. Negli USA, p.es., il riscaldamento è maggiore nel sudovest, consistente con l’atteso riscaldamento amplificato delle regioni subtropicali secche [5]. Similmente, il riscaldamento estivo è amplificato nelle regioni mediterranee e in Medio Oriente, dove come minimo esso intensifica le condizioni siccitose come quelle occorse in Siria in anni recenti, quando non ne è la principale causa [6].

L’aumento delle temperature sembra avere un effetto significativo sulla violenza interpersonale e sui conflitti umani, come indicato da un insieme di evidenze empiriche in un’area di studio scientifico in rapida espansione. Da una rassegna di 60 studi quantitativi [7] che coprono tutte le maggiori regioni del mondo, è emerso che la violenza interpersonale aumenta del 4% e i conflitti fra gruppi del 14% per ogni deviazione standard di aumento della temperatura. Tali risultati non costituiscono leggi naturali, ma forniscono un’utile stima empirica degli impatti del cambiamento di temperatura.

La salute umana è colpita dall’aumento delle temperature attraverso l’impatto di ondate di calore, siccità, incendi, alluvioni e tempeste, e indirettamente dalla rottura degli equilibri ecologici indotta dal cambiamento climatico, comprese le alterazioni del quadro epidemico (vedi il Capitolo 11 di IPCC, 2014, e riferimenti ivi citati). Le malattie trasmissibili, che implicano solitamente infezioni trasmesse da zanzare o zecche, possono diffondersi alle latitudini più alte e a maggiori altitudini man mano che il riscaldamento globale aumenta.

E’ possibile attribuire responsabilità nazionali del riscaldamento globale poiché la CO2 prodotta dai combustibili fossili è la principale causa del riscaldamento a lungo termine. La deforestazione e le attività agricole contribuiscono all’aumento di CO2, ma il ripristino del carbonio nei suoli e nella biosfera è possibile mediante pratiche agricole e forestali migliorate, che sono infatti richieste se si vuole stabilizzare il clima. Al contrario, il carbonio dei combustibili fossili non sarà rimosso dal sistema climatico per millenni [8]. Altri gas in tracce contribuiscono al cambiamento climatico, ma la CO2 è la causa dell’80% dell’aumento della forzante climatica dei gas a effetto serra degli ultimi due decenni [9] e molto del rimanente 20% è correlato all’estrazione e all’uso di combustibili fossili.

Il cambiamento climatico è accuratamente proporzionale alle emissioni cumulate di CO2 (Fig. 3a). Gli USA e l’Europa sono ciascuna responsabili per più di un quarto delle emissioni cumulate, la Cina per il 10% e l’India per il 3%. La disparità fra le emissioni dei paesi sviluppati e in via di sviluppo è anche maggiore se vengono contabilizzate le emissioni basate sui consumi [10]. Anche senza voler considerare le emissioni basate sui consumi, le emissioni pro capite di USA ed Europa sono almeno un ordine di grandezza più elevate di quelle della maggior parte dei paesi in via di sviluppo.

Emerge così una impressionante incongruità fra la localizzazione dei più forti cambiamenti climatici e le responsabilità dovute alle emissioni da fonti fossili. Gli scostamenti maggiori della curva a campana si riscontrano nelle foreste tropicali, nel Sudest asiatico, Sahara e Sahel, dove le emissioni da combustibili fossili sono molto ridotte. Il cambiamento climatico è anche più marcato nel Medio Oriente, dove le emissioni sono alte e in rapida crescita, con diverse nazioni che hanno raggiunto emissioni pro capite più alte degli Stati Uniti (vedi articolo).

Fig. 3. Emissioni cumulate di CO2 da combustibili fossili per fonte nazionale (a) e pro capite (b). I risultati per altre singole nazioni sono disponibili in: www.columbia.edu/~mhs119/CO2Emissions/.


Discussione. Noi concludiamo che proseguire con le emissioni da combustibili fossili secondo lo scenario BAU comincerà a rendere le basse latitudini inabitabili. Se accompagnate da un aumento di alcuni metri del livello del mare, le risultanti migrazioni forzate e la crisi economica potranno essere devastanti.

Anche un riscaldamento globale contenuto come 2°C, talvolta ritenuto un limite sicuro, può avere grandi effetti. Gli scostamenti della curva a campana mostrati per il periodo 2005-2015 sono la conseguenza di un riscaldamento di circa 0,6°C rispetto al periodo 1951-1980. Così, un riscaldamento di 2°C rispetto al periodo preindustriale (pari a 1,7°C rispetto al 1951-1980) darà luogo a scostamenti della curva a campana e impatti sul clima circa tre volte più grandi di quelli già verificatisi. Ci si attende che un riscaldamento globale di 2°C causerà un aumento del livello del mare di alcuni metri [12], portando a concludere che il potenziale aumento del livello del mare durante questo secolo è pericoloso.

Il messaggio complessivo che la scienza del clima consegna alla società, ai decisori politici e all’opinione pubblica è questo: abbiamo un’emergenza globale. Le emissioni di CO2 da fonti fossili devono essere ridotte il più rapidamente possibile. Noi riteniamo che i contributi volontari delle singole nazioni, che costituiscono l’approccio della 21ma Conferenza delle Parti [13], non possono condurre a una rapida riduzione delle emissioni da combustibili fossili fintanto che alle fonti fossili sarà permesso di essere l’energia più a buon mercato. Sarà necessario includere una componente tariffaria sul carbonio che consenta di incorporare nel suo prezzo le esternalità negative dei combustibili fossili. L’introduzione di dazi doganali su prodotti provenienti da paesi privi di una tassa sul carbonio condurrebbe la maggior parte delle nazioni ad adottare una simile tassa.

Alla luce della disparità fra le emissioni dei paesi sviluppati e quelle dei paesi in via di sviluppo, c’è un obbligo riconosciuto di assistenza da parte dei paesi sviluppati. I paesi in via di sviluppo hanno dalla loro una forte leva per ottenere una tale assistenza, perché la loro cooperazione per migliorate pratiche agricole e forestali è necessaria per trattenere più carbonio nei suoli e nella biosfera e per limitare le emissioni dei gas serra in tracce. E’ inoltre necessaria la cooperazione internazionale per generare più energia decarbonizzata a costi accessibili, perché altrimenti lo sviluppo economico in molte nazioni continuerà ad essere basato sulle fonti fossili a dispetto dell’inquinamento e degli impatti sul clima.

Riferimenti:
[a] Questa Comunicazione riassume un articolo con questo titolo (Hansen e Sato, 2016); è anche disponibile un Video abstract.
[1] Hansen, J., Sato, M. and Ruedy, R.: Perception of climate change, Proc. Natl. Acad. Sci. 109, 14726-14734, 2012.
[2] Hansen J. and Sato M.: Regional climate change and national responsibilities, Environ. Res. Lett. (in press).
[3] Sherwood, S.C. and Huber, M.: An adaptability limit to climate change due to heat stress, Proc. Natl. Acad. Sci. 107, 9552-9555, 2010.
[4] Burke, M, Hsiang, S.M. and Miguel, E.: Global non-linear effect of temperature on economic production, Nature 527, 235-239, 2015.
[5] Cook, K.H. and Vizy, E.K.: Detection and analysis of an amplified warming of the Sahara, J. Clim. 28, 6560-6580, 2015.
[6] Kelley, C.P., Mohtadi, S., Cane, M.A., Seager, R. and Kushnir, Y.: Climate change in the Fertile Crescent and implications of the recent Syrian drought, Proc. Natl. Acad. Sci. USA 112, 3241-3246, 2015.
[7] Hsiang, S.M., Burke, M. and Miguel, E.: Quantifying the influence of climate on human conflict, Science 341, doi:10.1126/science.1235367
[8] Archer, D.: Fate of fossil fuel CO2 in geologic time, J. Geophys. Res. 110, C09S05, 2005.
[9] Hansen, J., Kharecha, P. and Sato, M.: Climate forcing growth rates: doubling down on our Faustian bargain, Environ. Res. Lett. 8, 011006, 2013.
[10] Peters, G.P.: From production-based to consumption-based national emissions inventories, Ecolog. Econ. 65, 13-23, 2008.
[11] Hansen, J., et al.: Ice melt, sea level rise and superstorms: Evidence form paleoclimate data, climate modeling and modern observations that 2°C global warming is dangerous, arXiv:1602.01393
[12] Dutton, A., Carlson, A.E., Long, A.J., Milne, G.A., Clark, P.U., DeConto, R., Horton, B.P., Rahmstorf, S., and Raymo, M.E.: Sea-level rise due to polar ice-sheet mass loss during past warm periods, Science, 349, doi:10.1126/science.aaa4019, 2015
[13] Davenport, C.: Nations Approve Landmark Climate Accord in Paris, New York Times, 12 December, 2015.

lunedì 17 agosto 2015

Un nuovo studio dice che anche 2°C di riscaldamento sono 'altamente pericolosi'

Da “Inside Climate News”. Traduzione di MR (via Michael Mann). 

James Hansen e 16 altri mirano a fare pressione sui colloqui di Parigi in direzione di forti risultati con un nuovo saggio pubblicato prima del peer-review. 

James Hansen, ex capo dell'Istituto Goddard per gli Studi Spaziali della NASA
e conosciuto come il “padre del riscaldamento globale”, parla ad una
manifestazione per il cambiamento climatico a Washington D.C..
Hansen, insieme ad altri 16 scienziati, pubblicherà un saggio questa settimana
che afferma che la minaccia del riscaldamento globale
è di gran lunga maggiore di quanto chiunque abbia sospettato.
Foto: Focus the Nation, flickr
Quando i leader mondiali si incontreranno a Parigi il prossimo dicembre per accordarsi su un nuovo trattato internazionale sul cambiamento climatico, il loro obbiettivo sarà quello di mantenere il riscaldamento atmosferico al di sotto dei 2°C, il punto dopo il quale il cambiamento climatico catastrofico sarà pressoché inevitabile, come dicono gli scienziati. Ma un nuovo studio pubblicato questa settimana da una squadra di 17 importanti scienziati del clima internazionali avverte che anche 2°C di riscaldamento sono “altamente pericolosi” e potrebbero causare un aumento del livello del mare “di almeno diversi metri” in questo secolo, rendendo gran parte delle città costiere del mondo inabitabili. “Il costo sociale ed economico della perdita di funzionalità delle città costiere è praticamente incalcolabile”, scrivono gli autori. “Non è difficile immaginare che i conflitti che emergono dalle migrazioni forzate e dal collasso economico potrebbero rendere ingovernabile il pianeta, minacciando il tessuto della civiltà”.

giovedì 12 marzo 2015

Due gradi di riscaldamento sono più vicini di quanto si potrebbe pensare

DaArctic News”. Traduzione di MR (h/t Michael Mann)

Di David Spratt

Ci sono voluti cento anni di emissioni di gas serra antropogeniche per alzare la temperatura globale di circa un grado Celsius(1°C), quindi un altro grado è ancora lontano. Giusto? E sembra esserci stata una “pausa” del riscaldamento negli ultimi due decenni, quindi per arrivare a 2°C ci vorrà un bel po' e potremmo avere più tempo di quanto pensassimo. Sì?

Sbagliati entrambi i conti.

giovedì 2 dicembre 2010

350!



In concomitanza con la visita di James Hansen in Italia, credo che sia interessante dare qualche informazione sulla campagna che lui sta portando avanti per ridurre la concentrazione di CO2 nell'atmosfera sotto le 350 parti per milione. Giorgio Nebbia spiega molto bene come stanno le cose in questo breve articolo (da "La Gazzetta del Mezzogiorno del 17 Agosto 2010)


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“Trecentocinquanta”


Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

Gli eventi di quest’estate confermano l’esistenza di mutamenti climatici dovuti al riscaldamento planetario. Devastanti alluvioni nell’Europa centrale; più a Oriente, una eccezionale siccità ha provocato incendi di boschi e di giacimenti di torba in Russia; ancora più a Oriente, alluvioni nell’Asia meridionale e in Cina. Piogge intense, alluvioni e siccità si sono già verificati nei decenni e secoli passati, ma mai su una scala così vasta e con così grande frequenza, proprio come le previsioni avevano indicato.

Il fenomeno del riscaldamento globale si può schematizzare come dovuto all’aumento della concentrazione dell’anidride carbonica nell’atmosfera; di conseguenza aumenta la frazione del calore solare che resta “intrappolata” dentro l’atmosfera, ciò che fa aumentare la temperatura media della superficie terrestre nel suo complesso. Ne derivano cambiamenti nella circolazione delle acque oceaniche e nell’intensità e localizzazione delle piogge sui continenti.

Bastano relativamente piccole variazioni per far aumentare le piogge in alcune zone della Terra o per rendere aride altre zone. Pochi numeri aiutano a comprendere tali fenomeni; per tutto l’Ottocento e per la prima parte del Novecento l’atmosfera conteneva circa 2200 miliardi di tonnellate di anidride carbonica, corrispondenti ad una concentrazione di circa 280 ppm (parti in volume di anidride carbonica per milione di parti dei gas totali dell’atmosfera).

In quei decenni l’industrializzazione era già cominciata in Europa e nel Nord America con crescente combustione di carbone e di legna e con la diffusione di numerose fabbriche; queste attività immettevano nell’atmosfera anidride carbonica che però veniva assorbita, più o meno nella stessa quantità generata ogni anno dalle attività umane, da parte della vegetazione, soprattutto delle grandi foreste, e da parte degli oceani nelle cui acque l’anidride carbonica è ben solubile. Foreste e oceani, insomma, erano capaci di depurare l’atmosfera dai gas immessi dalle attività umane.

La svolta si è avuta a partire dalla metà del Novecento con due fenomeni concomitanti: è aumentata la quantità dell’anidride carbonica immessa ogni anno nell’atmosfera in seguito alla combustione di crescenti quantità di carbone, petrolio e gas naturale e alla crescente produzione di cemento, che pure libera anidride carbonica dalla scomposizione delle pietre calcari, e, nello stesso tempo, è diminuita la superficie e la massa delle foreste e del verde, tagliati e bruciati, anche con incendi intenzionali, per recuperare spazio per pascoli e coltivazioni intensive, per ricavarne legname da costruzione e da carta, per nuovi spazi da edificare.

Mentre è relativamente costante la capacità degli oceani di “togliere” anidride carbonica dall’atmosfera (circa cinque miliardi di tonnellate all’anno), è andata aumentando (da 20 a 40 miliardi di tonnellate all’anno, dal 1950 al 2010), la quantità di anidride carbonica immessa nell’atmosfera dai combustibili fossili e dalle attività “economiche” di una popolazione in aumento e da un crescente livello di consumi, ed è diminuita, da circa otto a cinque miliardi di tonnellate all’anno, la quantità dell’anidride carbonica che la biomassa vegetale è stata capace di portare via dall’atmosfera.

Questo insieme di fenomeni ha fatto aumentare, in mezzo secolo, la quantità dell’anidride carbonica presente nell’atmosfera (da circa 2400 a 3000 miliardi di tonnellate) e la sua concentrazione da circa 320 a 390 ppm. Le conferenze internazionali che si succedono ogni anno (la prossima sarà in dicembre a Cancun, nel Messico) danno per scontato che tale concentrazione possa arrivare a 450 ppm nei prossimi decenni e poi aumentare ancora: un aumento di concentrazione, e di temperatura globale, insostenibile.

Uno dei movimenti ambientalisti che si sta diffondendo dagli Stati Uniti (il paese più ricco ma anche più attento alla fragilità della propria opulenza) indica in 350 ppm il livello di anidride carbonica a cui si deve tendere per attenuare le conseguenze catastrofiche dei mutamenti climatici. Per raggiungere tale obiettivo la quantità di anidride carbonica totale nell’atmosfera dovrebbe diminuire da 3000 a 2600 miliardi di tonnellate. Un obiettivo che richiederebbero almeno un secolo, durante il quale (1) dovrebbe gradualmente diminuire il consumo di combustibili fossili e di energia; (2) dovrebbe rallentare la distruzione dei boschi esistenti fermando incendi e diminuendo l’estrazione di legname commerciale e le superfici coltivate e dei pascoli e allevamenti da carne e rallentando le attività minerarie che oggi si estendono in terre finora occupate dalle foreste; (3) dovrebbe aumentare la biomassa vegetale, piantando alberi e verde in qualsiasi ritaglio utile della superficie terrestre.

Conosco bene le obiezioni; si avrebbe un rallentamento dei consumi e quindi “della civiltà”. Ma anche se continua il riscaldamento globale si va incontro a un rallentamento dell’economia e “della civiltà”, lento, quasi inavvertibile fino a quando le conseguenze non assumono carattere catastrofico come quest’estate. I danni dei mutamenti climatici, infatti, comportano, anche se non ce ne accorgiamo, distruzione di ricchezza monetaria; ne sono colpiti paesi ricchi (pensiamo alla Russia e alla Germania oggi) e paesi poveri e poverissimi come, oggi, il Pakistan e certe zone della Cina. Pensiamo invece alla ricchezza monetaria che sarebbe messa in moto dalla diffusione di processi produttivi che consumano meno energia, meno materiali, che usano meno legname, dai prodotti ottenibili dalle nuove foreste, e ai vantaggi che ne verrebbero sia ai paesi ricchi, sia, ancora di più, a quelli poveri.

Probabilmente la ricchezza complessiva aumenterebbe perché tanti paesi sarebbero alluvionati di meno e meno esposti alla siccità, e aumenterebbe la vegetazione dei continenti; forse la ricchezza sarebbe distribuita diversamente fra i vari paesi. Siamo sicuri di perderci in questa prospettiva ?

sabato 27 novembre 2010

James Hansen in Italia


Da "Climalteranti" un articolo di Stefano Caserini che annuncia la visita in Italia di James Hansen, il climatologo americano ben noto per il suo grandissimo impegno nel diffondere l'idea della necessità di ridurre le emissioni di CO2. Secondo Hansen, è vitale rientrare sotto le 350 parti per milione di CO2 altrimenti rischiamo di mandare tutto il sistema climatico fuori equilibrio causando danni incalcolabili.

Inizialmente, era stato annunciato anche l'intervento di Ugo Bardi per Milano il 2 Dicembre - purtroppo però ho dovuto dare forfait per altri impegni. Peccato, mi sarebbe piaciuto conoscere Hansen, ma sarà per un altra volta. Se voi avete modo di andarci, però, ne vale sicuramente la pena e se qualcuno ha voglia di fare un riassunto di qualcuno di questi incontri, lo pubblico volentieri su "Cassandra.



James Hansen in Italia

Il grande climatologo James Hansen sarà in Italia dall’1 al 4 dicembre, per presentare il suo libro “Tempeste, Il futuro del clima del pianeta e l’urgenza di agire”, di cui abbiamo già pubblicato qui una recensione.
In seguito sono elencati gli appuntamenti previsti.
Ho letto e curato, con Luca Mercalli, Tempeste, l’edizione italiana di “Storm of my grand children”, perché lo ritengo un libro importante, come ho scritto nell’introduzione che è riportata in seguito.
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Mercoledì 1 dicembre, dalle ore 20 alle 21, Radio Popolare Milano. Hansen intervistato da Sylvie Coyaud.
La trasmissione va in onda in diretta anche sulle altre radio del network, quindi si potrà tele-intervenire (numero telefonico 02 33.001.001, email diretta@popolarenetwork.it, SMS 331 62 14 013)
Giovedi’ 2 dicembre, ore 10.30, Politecnico di Milano. Conferenza “Il futuro del clima del pianeta e l’urgenza di agire”. Interverranno Marino Gatto e Telmo Pievani. Ci sarà un ampio spazio per il dibattito.
La locandina dell’iniziativa è disponibile qui.
Giovedi’ 2 dicembre, ore 18,30, Milano, Rotonda della Besana.
Incontro nell’ambito della mostra “2050: Il pianeta ha bisogno di te, con Telmo Pievani e Frank Raes.
Venerdi’ 3 dicembre, ore 21, Torino, Circolo dei lettori.
Conferenza: “Clima, l’urgenza di agire. La natura e le leggi della fisica non scendono a compromessi
Introduce Luca Mercalli. Intervengono Mario Salomone, Antonello Provenzale, Giovanni Paesano, Erik Balzaretti.
La locandina dell’iniziativa è disponibile qui.
Sabato 4 dicembre, Roma, ore 19, Palazzo dei Congressi, EUR.
Presentazione di “Tempeste” alla Fiera dell’editoria “Più libri più liberi“. Modera Sylvie Coyaud.