Visualizzazione post con etichetta Tainter. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Tainter. Mostra tutti i post

sabato 23 marzo 2019

Perché le società collassano? Uno studio di dinamica dei sistemi


Home / Economia / Perché le società collassano ?

Perché le società collassano ?

 

Tradotto da "Rosanna" con qualche piccolo ritocco da parte di UB:

DI UGO BARDI

cassandralegacy.blogspot.com

Secondo un nuovo studio, i rendimenti decrescenti sono un fattore chiave.

Nel 1988, Joseph Tainter pubblicò uno studio fondamentale sul collasso delle società, proponendo l’esistenza di un fattore comune, i rendimenti decrescenti, dato che tutti gli imperi e le civiltà del passato alla fine erano collassati. Recentemente con i miei colleghi Sara Falsini e Ilaria Perissi, abbiamo realizzato uno studio sulla dinamica dei sistemi che conferma le idee di Tainter e approfondisce le origini dei rendimenti decrescenti delle civiltà. È stato pubblicato da poco su “Biophysical Economics and Resource Quality “.



Perché crollano le civiltà è una questione che tormenta l’entità nebulosa che noi chiamiamo “Occidente” fin dal tempo in cui Edward Gibbon pubblicò nel 1776 il suo “Declino e caduta dell’Impero Romano”. La questione sottintesa nello studio gigantesco di Gibbon era: “Stiamo per fare la fine dei romani?” Una domanda alla quale generazioni di storici hanno cercato di rispondere, fino ad ora senza pervenire ad una risposta sulla quale possano essere d’accordo tutti. Ci sono letteralmente centinaia di spiegazioni sul declino e la caduta degli imperi, e la stessa confusione regna a proposito della caduta delle civiltà passate che hanno toccato vertici di gloria e poi morso la polvere, diventando poco più che macerie e note a piè di pagina nei libri di storia. C’è una causa unica a questi collassi? Oppure il collasso è il risultato di numerosi piccoli eventi che in un modo o nell’altro si uniscono per spingere la grande bestia verso il precipizio della “Scogliera di Seneca”?.

Una delle interpretazioni più affascinanti riguardante il collasso della civiltà è l’idea di Joseph Tainter che sia dovuta a dei “rendimenti decrescenti”. È questo un concetto ben conosciuto in economia che Tainter adatta al ciclo storico delle civiltà, concentrandosi sulle strutture di controllo ideate per mantenere in funzione tutto il sistema, per esempio la burocrazia. Tainter attribuisce a questi rendimenti decrescenti una proprietà intrinseca delle strutture di controllo che diventano meno efficaci via via che diventano più grandi. Qui sotto potete vedere un grafico molto noto ricavato dal libro di Tainter, “Il collasso delle società complesse” edito nel 1988.



L’idea di Tainter è affascinante per molte ragioni, una è che genera un certo ordine nell’incredibile confusione di ipotesi e di contro ipotesi che si fanno nella discussione circa il collasso sociale. Se Tainter ha ragione, allora i numerosi fenomeni che noi osserviamo durante il collasso non sono che il riflesso di una malattia interiore di cui è affetta la società. Le invasioni barbariche, per esempio, non sono la ragione per la quale è caduto l’Impero Romano, i barbari hanno semplicemente sfruttato l’opportunità che vedevano di invadere un impero indebolito.

Un problema con l’idea di Tainter è che è qualitativa: è basata sui dati storici disponibili come per esempio la perdita di valore della moneta romana, ma la curva dei rendimenti decrescenti è disegnata manualmente. Una domanda che potreste porre è la seguente: d’accordo i “rendimenti decrescenti” esistono, ma dov’è che questa curva precipita? Un’altra domanda potrebbe essere la seguente: se il sistema subisce dei “rendimenti decrescenti”, perché la curva non traccia semplicemente una traiettoria per tornare là dove era all’inizio?

Queste domande e altre sono esaminate nello studio della dinamica dei sistemi che io e le mie colleghe Ilaria Perissi e Sara Falsini abbiamo realizzato utilizzando la dinamica dei sistemi. L’idea è che se una civiltà è un sistema complesso, dovrebbe essere possibile descriverla con un modello che utilizzi la dinamica dei sistemi, un metodo espressamente concepito per questo scopo. Dunque ci abbiamo lavorato sopra costruendo una serie di modelli ispirati dal concetto dei modelli a “dimensione di mente” ovvero dei modelli che non pretendono di essere una descrizione dettagliata del sistema, ma che tentano di interpretare i meccanismi di base che lo fanno muovere e che a volte passano in condizioni di squilibrio e collassano. Abbiamo constatato che, sulla base di una ipotesi semplice, è possibile produrre una curva che assomiglia qualitativamente a quella di Tainter .



Nella figura 6  si confrontano i risultati del modello “two stocks” (2) riportato qui e quelli del modello di Tainter, come descritto nel suo libro del 1988. Le due curve non sono uguali ma la somiglianza è evidente.

Il modello della dinamica del sistema ci dice che l’origine della diminuzione dei rendimenti si trova nell’esaurimento graduale delle risorse che circolano nel sistema stesso. Non è tanto l’effetto di una complessità crescente in sé, il problema è assicurare il buon funzionamento di questa complessità.
Inoltre il modello ci dice anche quello che succede dall’altra parte della curva. Ovvero quello che succede se il sistema continua la sua traiettoria al di là del punto dove si ferma la curva di Tainter. La curva fa vedere chiaramente un’isteresi, ovvero non segue la traiettoria precedente, ma resta sempre su una traiettoria a scarso profitto. Questo significa che ridurre la burocrazia non rende più efficace il sistema.


Questi risultati non sono l’ultima parola sul problema del collasso della società. Ma io penso che forniscano un punto di vista fondamentale. Il fatto è che il sistema è “vivo” finché le sue risorse danno dei buoni rendimenti – in termini di risorse energetiche, questo significa che esse hanno un buon tasso di ritorno energetico. Se cade questo tasso, il sistema cade dallo “scoglio di Seneca”.
Certamente dato che la nostra società dipende dai combustibili fossili, siamo obbligati ad andare in questa direzione perché l’esaurimento delle risorse migliori fa diminuire progressivamente il tasso di ritorno energetico del sistema. Se vogliamo mantenere in vita una società complessa, non possiamo farlo grattando il fondo del barile, cercando disperatamente di bruciare tutto quello che possiamo ancora bruciare. Sfortunatamente, è esattamente questo che la maggior parte dei governanti del mondo cerca di fare. È un buon mezzo per accelerare il cammino verso il baratro.

Ciò che noi dovremmo fare piuttosto sarebbe passare il più rapidamente possibile ad una società fondata sulle energie rinnovabili. Abbiamo la fortuna di avere delle tecnologie energetiche sufficientemente efficaci in termini di ritorno energetico per sostenere una transizione verso un mondo migliore, più pulito e più prospero. Purtroppo sembra che non interessi a nessuno.
Deve esserci qualcosa nel concetto di mantenere lo status quo (“Business As Usual”) che fa sì che sia una delle attrattive più potenti che si possa introdurre in un modello della dinamica di sistema. Ci stiamo dirigendo quindi verso un avvenire incerto ma c’è una cosa di cui possiamo essere sicuri ed è che i combustibili fossili non ci accompagneranno fino a laggiù.

Ugo Bardi

Fontehttps://cassandralegacy.blogspot.com/
Linkhttps://cassandralegacy.blogspot.com/2019/01/why-do-societies-collapse-diminishing.html
21.01.2019

Scelto e tradotto dal francese per www.comedonchisciotte.org  da Giakki49

Nota del Saker Francophone l’analisi fatta dai tre autori, che conferma il lavoro di Tainter, spiega da sé l’interesse di seguire questo autore che lavora alacremente con i suoi metodi per spiegare il passato in base ai fatti reali. Potete leggere il libro di Tainter tradotto in francese nelle edizioni “Le retour aux sources”. Gli ultimi due paragrafi sono anch’essi molto interessanti soprattutto se seguite la serie di articoli di Ben Hunt su Epsilon Theory. Le fonti rinnovabili tanto sospirate da Ugo Bardi sono la sua risposta? Tuttavia ha senza dubbio ragione quando parla di un avvenire incerto, il quarto Cavaliere dell’Apocalisse

Note del Traduttore:

(1) Seneca – Lettere a Lucilio. n°91
Basta un solo giorno a disperdere e distruggere quello che è stato costruito a prezzo di dure fatiche col favore degli dèi in una lunga serie di anni. Dire un giorno è dare una scadenza troppo lunga ai mali che ci incalzano: basta un’ora, anzi, un istante per distruggere un impero. Sarebbe una consolazione per la nostra debolezza e per i nostri beni se tutto andasse in rovina con la stessa lentezza con cui si produce e, invece, l’incremento è graduale, la rovina precipitosa.
(2) – Two stocks model – Modello a due masse (di risorse)
Sebbene molto semplice, il modello a due masse fornisce una panoramica molto importante adatta alla comprensione di come una economia mondiale basata su risorse non rinnovabili (ad es. petrolio) possa funzionare. È, o dovrebbe essere, chiaro per chiunque che lo sfruttamento di una risorsa finita non può durare per sempre, ma non è chiara l’evoluzione che avrà il suo sfruttamento. Il modello fornisce una risposta ipotizzando che ciò avverrà attraverso una fase di “vacche grasse” e di “vacche magre” e che la fase delle vacche magre comincerà ben prima che siano state sfruttate tutte le risorse teoricamente disponibili – (Da un articolo di Ugo Bardi – Dipartimento di Scienze della Terra, Università di Firenze. C/o Dipartimento di Chimica, Polo Scientifico di Sesto Fiorentino, 50019, Sesto Fiorentino (Fi), Italy su Sustainability 2013)

sabato 28 maggio 2016

Termodinamica, Evoluzione, Felicità


Un post di Guido Massaro

Sono un assiduo frequentatore di questo blog da anni, che è stato per me fonte di conoscenza e ispirazione, ho studiato Scienze Naturali e mi interesso delle tematiche connesse.

Riassumo i contenuti del post: sarà una riflessione in cui espanderò un concetto a cui forse non siamo abituati, cioè che IL BENE DELLA SPECIE NON NECESSARIAMENTE COINCIDE COL BENESSERE DEGLI INDIVIDUI.

Spiegherò le basi scientifiche che ho usato e il percorso logico che ho fatto per motivare questa affermazione e analizzerò la questione dalla prospettiva particolare della specie umana, con riferimenti a meccanismi psicologici spesso inconsci.

Passerò poi alle conseguenze di questo fatto, cercherò di spiegare perchè secondo me alcuni tra i meccanismi che permettono la diffusione e il miglioramento della specie umana alla fine sono gli stessi che, se non capiti e incanalati nel giusto modo, oltre a mettere a rischio la felicità individuale compromettono il benessere e la stessa possibilità di sopravvivenza della specie umana.

Il post è il tentativo di mettere in parole una specie di intuizione personale.


Una delle formulazioni del Secondo Principio della Termodinamica recita "L'Entropia non può decrescere in un sistema isolato"; l'Universo preso nel suo complesso è un sistema isolato (e in effetti, come conseguenza di questa legge, una delle teorie più gettonate sul futuro dell'Universo - Big Freeze

- è un tendere all'immobilità, cioè alla dispersione di Energia - ovvero aumento di Entropia - fino alla impossibilità di compiere qualunque Lavoro) ma ciò non vieta che al suo interno vi siano strutture, meccanismi o eventi che causino una locale diminuzione di Entropia (per esempio per aumento di organizzazione o informazione, o per concentrazione di Energia), che può però avvenire solo a fronte di una corrispondente esternalizzazione di Entropia, perchè il Secondo Principio resti valido a livello Universale.

Vi sono per esempio le cosiddette "Strutture Dissipative", come le stelle, i cicloni e le forme di vita, che agendo come dei trasformatori utilizzano Energia per mantenere il proprio ordine interno (abbassando la propria Entropia), inevitabilmente aumentando l'Entropia dell'ambiente che le circonda, cioè rendendo all'Universo Energia in una forma diversa, meno concentrata, quindi meno atta a compiere Lavoro.

Queste strutture si auto-organizzano per massimizzare il flusso di Energia che le attraversa: captano tutta l'Energia che possono, e poichè la trasformano e in ogni trasformazione di Energia vi è un aumento netto di Entropia (aumento di Entropia nell'Universo), esse massimizzano anche il proprio tasso di produzione di Entropia.

In un Universo destinato a un progressivo "disordine", alla dispersione e all'immobilità, queste ordinate strutture accentratrici di Energia che osserviamo, compresa la Vita stessa, non sarebbero quindi miracolose eccezioni, ma ironicamente proprio dei meccanismi che accelerano tale processo, o perlomeno alcuni dei meccanismi attraverso cui tale processo si attua.

Il tifone Maysak ripreso dalla Stazione Spaziale Internazionale nell’aprile 2015 (ESA)
AU Microscopii è una giovane stella circondata da un disco protoplanetario, a 32 anni luce dalla Terra (ESO)

C'è chi, come l'astrofisico francese François Roddier, vede il principio della massima produzione di Entropia delle strutture dissipative (secondo lui addirittura un'altra possibile formulazione del Terzo Principio della termodinamica) mostrarsi in tutta la sua evidenza anche nei meccanismi evolutivi.

In altre parole, secondo Roddier l'Evoluzione Naturale sarebbe uno dei processi tramite cui nel nostro angolo di Universo si tende a dissipare Energia (nel nostro caso principalmente Energia di irraggiamento dal Sole) il più velocemente possibile, una sorta di meccanismo di affinamento delle strutture dissipative viventi a tale scopo.

In che modo questo potrebbe avvenire?

Vediamo alcuni meccanismi con cui l'Evoluzione tende a favorire quelle entità che massimizzano il flusso di Energia che le attraversa:

- a livello intraspecifico: in ogni specie gli individui che si riproducono con maggiori probabilità sono quelli più adattati alla nicchia ecologica della specie cui appartengono, cioè semplificando le piantine più abili a captare e sfruttare l'energia solare e i minerali del terreno, lo stesso principio si applica agli erbivori e ai carnivori, riguardo le rispettive risorse;

- a livello interspecifico: in ogni nicchia la specie che prevarrà sarà quella più efficace nello sfruttare le risorse di quella nicchia, che quindi si riprodurrà di più soppiantando l'altra, a meno che l'Evoluzione escogiti un modo di far adattare una delle due specie o entrambe al fine di sfruttare in maniera diversa la stessa o una ancora maggiore quantità di risorse;

L'Evoluzione si basa sul meccanismo di lottare per trasmettere il più possibile i propri geni (e la lotta tende a selezionare, come abbiamo visto, gli individui o specie più energivori), affinchè sia l'informazione in essi contenuta a sfruttare le future risorse disponibili: questo è quindi quello che la termodinamica (tramite il meccanismo dell'Evoluzione) spinge gli esseri viventi a fare, sia a livello individuale che specifico, lottare per trasmettere i propri geni.

Restringendo il campo alle dinamiche interne alla specie umana, questo "egoismo genetico", inevitabile e da un certo punto di vista positivo perchè come abbiamo visto alla base di qualsiasi evoluzione (che ci ha portato come gradevole effetto collaterale a concepire capolavori di arte ed intelletto), è tuttavia inseparabile dal suo lato oscuro e portatore di sofferenza, cioè geni che codificano per istinti di violenza e avidità (più o meno sublimati o regolamentati/repressi a livello sociale), e sentimenti di invidia, gelosia, competizione, paura, ansia, tristezza, ecc. a seconda dei propri successi o fallimenti, che si riconducono in maniera inconscia alla propria percezione di potere come individuo, e quindi alla propria capacità di riprodursi (trasmettendo i propri geni), a prescindere dalla evidenza pratica di questo nesso.

Dunque, è chiaro come il "bene della specie" in chiave evolutiva ("bene" su orizzonti temporali ristretti: infatti ogni specie, per gli stessi meccanismi (co)evolutivi, è destinata prima o poi ad estinguersi) non necessariamente coincida con il bene, o il benessere, degli individui come singoli.

Per quanto riguarda invece le dinamiche di relazione fra la specie umana e le altre specie, quello che succede è che siamo spinti, come ogni specie, alla massima espansione, coi soli limiti dati da meccanismi ecologici quali predazione, parassitismo, competizione per risorse o habitat, ecc.; evidentemente, questi meccanismi di contenimento con la nostra specie non hanno funzionato, in massima parte in conseguenza del livello tecnologico che abbiamo via via sviluppato.

In ogni caso, siamo arrivati ad essere in sempre maggior numero a discapito delle altre specie, e della salubrità degli ambienti che frequentiamo; tutto questo, a sentire il clima di incertezza e insoddisfazione che si respira in giro, mediamente non ci sta portando certo alla felicità a livello di individuo, e sta probabilmente minando anche la nostra prosperità come specie, dopo aver contribuito pesantemente all'estinzione o indebolimento di un numero incalcolabile di altre specie.

Da un punto di vista evolutivo/termodinamico, noi umani, intesi come struttura dissipativa, abbiamo aumentato a dismisura l'Energia che fluisce attraverso il nostro sistema sociale, sottraendola ad altre forme di vita, e seguendo il principio della massima produzione di Entropia abbiamo scaricato disordine nell'ambiente (per esempio diminuendo la biodiversità della biosfera a più livelli, bruciando combustibili fossili o tramite altre forme di inquinamento) come pegno termodinamico da pagare all'aumento del nostro ordine sociale.

Alla prova dei fatti, a quanto pare, da qualche millennio è l'informazione contenuta nei geni umani la più adatta a dissipare energia nel modo più efficace (anche se detta così sembra un controsenso).

Su questo blog e in vari altri ambienti si auspica o si sogna un cambiamento collettivo, e ci si interroga sulla nostra natura, il senso della nostra esistenza, se siamo diversi dagli animali e se sì in cosa; vorrei qui condividere un punto di vista personale su alcuni di questi aspetti, una personale intuizione che è il cuore del post.

Se si segue la teoria di Roddier, e il mio preambolo qui sopra, ne deriva che l'essere umano lasciato a sè stesso tende per i principi della termodinamica a sviluppare atteggiamenti egoistici a livello individuale e specifico, che causano sofferenza a se stessi, agli altri, alle altre specie.. e in un futuro non troppo lontano probabilmente anche alla nostra (vedi anche Joseph Tainter).

L'uomo come individuo è quindi costretto a sforzarsi se vuole seguire gli atteggiamenti opposti di altruismo disinteressato, magnanimità, compassione, equanimità, rispetto per l'esistenza delle altre specie, è costretto a utilizzare parte della propria energia per contrastare le forze che lo porterebbero a competere, con diversi livelli di consapevolezza e differenti modalità, con altri membri della propria specie (o al limite a collaborare con membri del proprio gruppo per sopraffare gruppi rivali), o a lasciarsi andare a sentimenti negativi verso se stesso e verso gli altri (o a reprimerli per dovere sociale).

A livello individuale e specifico, autolimitare la propria progenie per lasciare spazio e risorse alle altre specie con cui condividiamo il pianeta, è un'altra cosa che i nostri geni ci spingono a non accettare.

Se invece ci sforzassimo di percepire noi stessi in un'ottica più ampia (e quindi credo anche più coerente con quello che la realtà è) ci renderemmo conto dell'immaturità e nocività dell'obbedire inconsapevolmente a quei geni che ci programmano per competere e consumare, ci libereremmo dalla schiavitù di noi stessi, del nostro egoismo, che è forse la radice di ciò che ci tormenta come esseri umani.

Potremmo così percepirci progressivamente (in maniera sempre più spontanea mano a mano che questo modo di sentire direi più saggio trovasse modo di diffondersi a livello sociale) parte di un tutto dove il nostro benessere è indistinto dal benessere di ciò che ci circonda; non potremo certo fare a meno, come struttura vivente/dissipativa, di scaricare Entropia nell'ambiente che ci circonda, ma potremo cercare di minimizzarla, anzichè abbandonarci senza ritegno alla legge di massimizzazione.

Serve certamente uno sforzo per prendere questa direzione, ma è possibile, abbiamo fortunatamente anche geni che ci permettono di farlo; e infatti ci sono stati gruppi sociali in equilibrio stabile col proprio ecosistema, e ci sono anche tanti esempi di individui, i più famosi li chiamiamo eroi, qualcuno santi, persone speciali e libere che sembrano appartenere a un altro mondo fisico, capaci di vedere loro stesse da una prospettiva esterna, con distacco, non come un'entità insoddisfatta con un costante bisogno di aumentare il proprio ridicolo potere a spese di ciò che la circonda.

Si potrebbe compensare e in parte sostituire il bisogno compulsivo di una propria espansione, controllo e potere, che scaturisce dal meccanismo di trasmissione genetica, con la scelta di espandere e poi trasmettere, invece, la propria saggezza (intesa non come mera conoscenza, ma come una visione più coerente, ampia, armonica della realtà, del Pianeta, della Vita, dell'Universo).

Si tratterebbe di un meccanismo evolutivo privilegiato ed esclusivo della nostra specie, un meccanismo evolutivo libero e consapevole, complementare a quello rivelato da Darwin che condividiamo con le altre specie, che invece ci ha portato ai problemi attuali, e che è l'unico su cui la società e i media continuano a puntare.

Capire queste cose ci può aiutare a vedere chi si comporta in maniera poco rispettosa verso gli altri e l'ambiente semplicemente come un individuo poco libero, che si assoggetta a quello che una sequenza di nucleotidi lo costringe a fare; provare, verso questi individui, compassione anzichè sentimenti negativi va nella direzione di unire il genere umano per rendere possibile un futuro comune.

L'Universo non ha bisogno degli uomini per dissipare Energia, riguardo la pratica "Pianeta Terra" potrebbe "licenziarci" e far prendere il nostro posto ad altre forme di vita, o chiudere il capitolo Vita e "assumere" al suo posto tempeste gigantesche; io credo che possiamo scegliere di prolungare la nostra permanenza su questo pianeta perchè siamo l'unica entità conosciuta nell'Universo con la potenzialità teorica di modulare il proprio output entropico, siamo dotati della possibilità (divina?) di rifiutare leggi che paiono universali.

Credo inoltre che nella consapevolezza di questo nostro privilegio e nel perseguimento della saggezza e dei comportamenti conseguenti risieda la chiave di una progressiva (ri)scoperta di senso, armonia, empatia e felicità generalizzata.
Bimbi in Bhutan (National Geographic); il Bhutan ha adottato la FIL al posto del PIL, come indicatore degli standard di vita;
Se tutto ciò resterà appannaggio di pochi individui o gruppi, e sarà destinato a soccombere di fronte alla mancanza di libertà della maggioranza (di fronte quindi alla spietata termodinamica evolutiva a livello da specifico in su), o se si creerà un cambiamento collettivo, nessuno lo può sapere.

Comunque vada, io credo che tutto ciò possa dare senso, valore e forse anche felicità alla vita, anche se solo a livello individuale, di fronte a quello che si prospetta per il futuro.

sabato 10 settembre 2011

La legge di Tainter: dov'è la fisica?



J
L'interpretazione di Joseph A. Tainter sulla causa del crollo delle civiltà è che le strutture sociali generino rendimenti negativi quando diventano troppo complesse; come mostrato sopra (dall'articolo di Tainter del 1996 su dieoff.com). Potremmo chiamare questa correlazione come "legge di Tainter". Ma che cosa è esattamente che genera questo comportamento? In questo post, cercherò di creare un semplice modello che spieghi la legge.

Articolo apparso su "Cassandra's Legacy" il 27 Marzo 2011. Traduzione dall'inglese di Pandemica-mente.


Joseph Tainter ha scritto un’affascinante interpretazione del crollo delle civiltà umane nel suo libro "The Collapse of Complex Societies" (1988) (si veda anche il suo saggio del 1996). Il collasso è un evento comune: è quello di cui sono fatti i libri di storia. I potenti imperi del passato, dai Sumeri all'Unione Sovietica, sono tutti crollati ad un certo punto. Tuttavia, non sembriamo essere in grado di comprendere le ragioni per cui i crolli siano così comuni.

Nel suo libro, Tainter esamina studi precedenti ed elenca almeno undici cause (o "concause") dei collassi che sono state proposte dagli storici. L'esaurimento delle risorse, le catastrofi, gli invasori, il conflitto sociale ed altre ancora. Ma esiste una singola causa del collasso? O ce ne sono diverse? Tainter cerca un'unica, comune radice del problema e la trova in quello che lui chiama "i rendimenti decrescenti della complessità".

Partendo da un concetto ben noto nella teoria economica, quella dei rendimenti decrescenti, Tainter costruisce il suo caso su esempi storici. E' chiaro che numerose società hanno continuato a costruire e gestire strutture complesse e costose, anche in condizioni nelle quali era molto difficile trovare le risorse necessarie. Un esempio è quello delle fortificazioni a protezione dell'Impero Romano d'Occidente, che devono essere state un tale fardello che possiamo considerarle fattori che abbatterono l'Impero. E, in generale, effettivamente vediamo che le società, compresa la nostra, erigono burocrazie complesse ed ipertrofiche che appaiono del tutto inutili; un aumento di complessità che genera solo uno spreco di risorse.

L'idea dei rendimenti decrescenti della complessità appare coerente e ragionevole. Ma, perché le società si comportano in questo modo? Tainter non fornisce una vera spiegazione; su questo punto, sembra seguire la tradizione degli storici di descrivere, anziché interpretare. Ma, se vi capita d’avere un punto di vista più orientato verso la fisica, allora descrivere quello che accade non è più sufficiente. Volete sapere quali siano i meccanismi interni che fan sì che le civiltà evolvano verso una più elevata complessità. Qual è la fisica del collasso?

Vediamo quindi se possiamo costruire un modello di crescita e collasso delle civiltà. Il più semplice che sono riuscito a mettere insieme è il seguente. Si tratta, se volete, di un "modello giocattolo”:


Il modello si basa sulle convenzioni della dinamica dei sistemi. I rettangoli indicano gli stock di qualcosa. Si potrebbe dire che la casella a sinistra contenga i combustibili fossili, mentre il riquadro a destra contenga l’anidride carbonica. La casella centrale contiene tutte le cose di cui è fatta l'economia e che sono create dalla disponibilità di energia proveniente dai combustibili fossili: persone, macchinari, edifici, strutture, come le si chiama.

Lo stock di combustibili fossili è elaborato dall’economia ed infine trasformato in rifiuti, come indicato dalle frecce dal doppio bordo che mostrano la direzione del flusso della materia. Le frecce col bordo singolo indicano come gli importi immagazzinati negli stock influenzano il flusso; che è influenzato anche da due costanti: quanto velocemente l'economia è in grado di estrarre le risorse e quanto velocemente le risorse sono trasformate in rifiuti.

Ci sono alcune ulteriori questioni sul modello: la prima è che si presume che lo stock di risorse sia finito - che sia "non rinnovabile". Si tratta di un'approssimazione, ma è una di quelle buone e non solo per la nostra società. Antiche civiltà erano basate sull'agricoltura, che si suppone sia una risorsa rinnovabile. Ma l'agricoltura non è necessariamente rinnovabile; è più spesso un modo per trasformare terreni fertili in un deserto attraverso l’estrazione di una risorsa non rinnovabile: il terreno fertile.

Infine, si noti anche che il modello presume una relazione di feedback fra le risorse e le dimensioni dell'economia. Vale a dire, più risorse ci sono, più velocemente sono sfruttate e - anche - più grande è l'economia, più velocemente sfrutterà le risorse. Queste ipotesi implicano un "feedback positivo" tra le risorse e l'economia; che è un'ipotesi ragionevole. Una relazione simile vale per i rifiuti e l'economia.

Ora, andiamo avanti e "risolviamo" il modello. Cioè, vediamo come la dimensione degli stock cambiano col passare del tempo. Ecco i risultati (ottenuti col software Vensim per la dinamica dei sistemi):


Come si vede, lo stock di risorse viene esaurito, mentre l'economia cresce. Ad un certo punto, tuttavia, il flusso dallo stock di risorse viene ridotto così tanto che l'economia non può continuare a crescere ed inizia a declinare. Alla fine, tutto lo stock di risorse è stato trasferito allo stock dei "rifiuti".

Si noti che il modello descrive un sistema chiuso in termini di massa. Non vi è alcun flusso di materia da o verso l'esterno. E, in effetti, la massa è conservata nei risultati: la somma della massa contenuta nei tre stock è costante. Ma il sistema scambia energia con l'ambiente circostante. Bruciare combustibili fossili genera calore, che viene disperso all'esterno, così si può presumere che tutte e tre le caselle si mantengano alla stessa temperatura media.

La principale forza dietro alla trasformazione è l'energia potenziale, in questo caso il potenziale chimico dei combustibili fossili. In altre parole, la casella di sinistra (le risorse) ha un potenziale termodinamico superiore alla casella di destra (i rifiuti). Come sappiamo dal secondo principio della termodinamica, la trasformazione avviene con la creazione di entropia. L'economia è una grande macchina per la creazione di entropia - non potrebbe essere altrimenti.

Se vi piace usare il termine "exergia" (la frazione di energia in grado di fare un lavoro utile) si può dire che lo stock dei "rifiuti" contiene molta meno exergia rispetto allo stock delle "risorse"; mentre lo stock "Economia" detiene un contenuto intermedio di exergia. Non esiste una convenzione nella dinamica dei sistemi volta ad esprimere gli stock in termini di exergia. Potrebbe essere preso in considerazione nel modello, ma cerchiamo di non discutere di ciò - manteniamo questo modello un "giocattolo". La cosa importante è capire che cosa lo fa muovere.


Ora, torniamo all'interpretazione di Tainter del collasso. Cosa potremmo prendere come "complessità" nel modello? Non c'è un parametro esplicito che la descriva, ma, in prima approssimazione, la dimensione di un’economia determina la sua complessità. Questa è stata la regola per tutta la storia conosciuta e lo vediamo avvenire pure oggi. Con la crisi economica, alcune strutture che una volta potevamo permetterci - per esempio, l'istruzione di massa, la sanità pubblica - devono ridursi e scomparire. La società perde complessità in tempi di declino e ne guadagna in tempi di crescita.

Così la curva "a campana" che descrive il ciclo dell'economia dovrebbe anche descrivere la sua complessità. Ora, facciamo un ulteriore passo avanti nel quantificare l'intuizione di Tainter. Quale può essere il significato dei "benefici della complessità"? Beh, è chiaro, da ciò che Tainter dice, che il beneficio della complessità ha a che fare con la capacità della società di risolvere problemi. Nel nostro modello giocattolo, l'unico problema per l'economia è quello di produrre il più possibile in termini di risorse. Così possiamo definire i benefici della complessità come proporzionale alla produzione, ossia al tasso di sfruttamento dello stock di risorse naturali.

Ora possiamo ridelineare l’idea di Tainter dai dati del modello, cioè, tracciare la produzione (i "benefici") in funzione della dimensione dell'economia (la "complessità"). Ed il risultato è qualcosa che assomiglia molto alla legge di Tainter! Eccolo qui. (Si noti che, nel grafico completo, la curva è un ciclo intero che va di nuovo a zero alla fine del ciclo):


Per fare un confronto, ecco qui di nuovo il grafico originale di Tainter: i due grafici non sono identici, ma la somiglianza è evidente.


Ora, quello che abbiamo realizzato qui naturalmente è un "modello giocattolo" dell'economia. Quando presento questo tipo di modelli ai convegni, di solito c'è qualcuno tra il pubblico che si alza e dice: "E’ troppo semplice; non è realistico!". L'idea sembra essere che io stia modellizzando le società utilizzando un "modello mucca sferica" - un termine usato per denigrare la tendenza dei fisici a semplificare eccessivamente il loro modello.

Questa è una critica perfettamente comprensibile, ma si può rispondere osservando che i modelli più dettagliati dello stesso genere forniscono risultati simili. Per esempio, il modello "world3 " dello studio "I limiti dello sviluppo" conduce e curve che sono molto simili nella forma a quelle qui riportate.

Ma penso che non sia questo il punto, è possibile creare modelli semplici o dettagliati, dipende da quel che è il loro scopo. Il modello giocattolo qui presentato non è pensato per descrivere come si comportano le società reali. E' pensato per essere "a portata di mente", il ché ci aiuta a comprendere come fattori fisici influenzino il ciclo storico delle civiltà. Evidenzia che le civiltà devono obbedire alle leggi della termodinamica; così come devono sottostare alla legge di gravità.

Alcune conseguenze del modello sono evidenti. Ci dice che, finché basiamo la nostra esistenza su risorse non rinnovabili, saremo costretti in fine ad esaurirle. Ma ci dà anche qualche suggerimento non-ovvio sul percorso che ci accingiamo a seguire in questo ciclo. In particolare, il modello ci dice che probabilmente continueremo ad aumentare le dimensioni e la complessità della nostra società anche con una diminuzione del flusso di risorse all’interno dell’economia. In questo senso, si conferma l'intuizione di Tainter, ma ci dice qualcosa di più; cioè estende la curva di Tainter oltre il limite del grafico mostrato nel suo articolo del 1996. Dice che, dopo la fase di crescente complessità e di riduzione dei rendimenti, la curva si capovolgerà all’indietro e, infine, sia la complessità sia la produzione andranno a zero, mentre l'economia termina il suo ciclo basato su risorse non rinnovabili. Ecco il grafico completo:

 

Ma la questione fondamentale è che, alla fine, la legge di Tainter deriva dalla termodinamica. Come si sa (o si dovrebbe sapere), la termodinamica non è solo una buona idea, è la legge!

_____________________________________

Articolo di Tainter del 1996 "Complessità, Risoluzione dei Problemi e Società Sostenibili"

Un post dei miei sul punto di vista di Tainter in merito al collasso

Un mio articolo sulla modellizzazione dello sfruttamento delle risorse


Questo post è apparso in inglese su "Cassandra's Legacy" il 27 Marzo 2011.